Teatro

Ale e Franz e la ricetta della felicità

Ale e Franz
Ale e Franz

Dal teatro al cinema passando per la televisione e la scrittura. Da venticinque anni Ale e Franz raccontano i tanti lati che danno corpo a vizi, virtù e sentimenti degli esseri umani.

Prologo. Driing! Driing! Driing! Il suono del telefono è cadenzato e matematicamente perfetto, dura solo pochi secondi:«Buonasera, parlo con Alessandro?». Dall’altra parte una voce posata, dal timbro caldo, amichevole e sicuro risponde divertita: «No, sono Francesco, ma se vuoi posso essere Alessandro, capita spesso che uno parla al posto dell’altro, ormai mi sento anch’io un po’ Alessandro». Epilogo. Puoi avere il 50% di possibilità di sbagliare, ma in realtà la percentuale è sempre maggiore. 
 

Alessandro Besentini e Francesco Villa, in arte Ale e Franz, ne hanno fatta di strada da quella panchina dove raccontavano le inerzie umane e scimmiottavano luoghi comuni, vizi e virtù dell’italico popolo. Nel loro spettacolo Lati tanti - Tanti lati osservano in modo divertente e scanzonato l’intricata autostrada di emozioni e ragionamenti che siamo in grado di costruirci e costruire, mettendo a fuoco ciò che di comico e folle c’è nell’essere umano.

Ale e Franz, in Lati tanti - Tanti lati raccontate le relazioni umane attraverso la vostra vena comica e ironica: ma quanto c'è di buffo o tragico nello stare insieme agli altri?
È tutto buffo e tragico nelle relazioni umane. Noi osserviamo i tanti lati delle persone e raccontiamo, in modo divertente e scanzonato le emozioni che ognuno è capace di trasmettere, mettendo a fuoco tutto ciò che di comico e folle c’è in ogni essere umano. Ci nutriamo di relazioni umane, sono la base del nostro lavoro.

La gente ha bisogno di ridere, forse e soprattutto di se stessa: ma gli spettatori sono consapevoli di ciò? Quando ridono delle miserie umane altrui sanno che hanno di fronte uno specchio?
La gente ha bisogno di ridere, anzi, deve ridere. La risata è tipica del comportamento umano; noi osserviamo la gente, ne studiamo i tanti lati umani, i pregi e i difetti, e li portiamo nei nostri spettacoli, perché vogliamo rendere consapevoli gli spettatori che quando ridono delle disgrazie o dei difetti altrui lo stanno facendo di se stessi, appunto, come farebbero di fronte ad uno specchio.

A conoscere la gente sarebbe tutto più semplice, ma forse anche troppo scontato: non pensate che la diversità sia una ricchezza?
La domanda anticipa già la risposta. Sì, la diversità è ricchezza. Noi viviamo della diversità degli altri, osserviamo e studiamo le sfumature dei caratteri che ha la gente, perché ognuno di noi è diverso ed ha una sua ricchezza che può essere raccontata. Ecco perché è bello conoscere le persone, perché impari ad apprezzarne le diversità.

Siete una "coppia di fatto" ante litteram. Pensando alla vostra relazione artistica e umana vi sentite più attori, amici, amanti?
Siamo attori-amici, non ancora amanti: l’attrazione fisica non è ancora scattata, ma non si sa mai. Abbiamo iniziato tanti anni fa e siamo diventati, sia artisticamente sia nella vita, una coppia di fatto stabile: insieme abbiamo fatto teatro, cinema e televisione. L’amicizia è fondamentale in un rapporto di lavoro: è alla base di tutto.

Recentemente, durante un suo spettacolo al Teatro Bellini di Napoli, Toni Servillo ha rimproverato uno spettatore intento ad usare il cellulare. Al posto suo cosa avreste fatto o detto?
È capitato anche a noi diverse volte. L’uso del telefonino in sala durante lo spettacolo è una mancanza di rispetto nei confronti sia degli attori sia del pubblico. Fare delle riprese o delle foto all’inizio o alla fine dello spettacolo va anche bene, sapere che il pubblico vuole portare con sé un ricordo della serata ci fa piacere, ma bisogna capire che si viene a teatro per ascoltare e vivere lo spettacolo. (Franz) Una volta, andai a Broadway per vedere un musical e prima dello spettacolo feci delle foto al teatro: il personale di sala mi vietò di scattare altre foto perché, mi dissero, era vietato fotografare quando c’era una rappresentazione. Uno spettatore di fianco a me, una volta iniziato lo spettacolo, iniziò ad usare lo smartphone e venne subito ripreso dalla mascherina (personale di sala NdR), ma nonostante ciò continuò ugualmente. Arrivò immediatamente un poliziotto a redarguire nuovamente lo spettatore. In Italia il problema è presente in tutti i teatri, ci vuole più controllo.

Facciamo un gioco. Siete due chef e dovete realizzare la ricetta della felicità. Quali ingredienti usereste?
Un pizzico di sorriso, un litro di sincerità, 15 chilogrammi di bontà per meglio andare d’accordo con gli altri, 2 chilogrammi di sdrammatizzazione, una fettina di consapevolezza che al mondo non siamo soli, mai, e dobbiamo rapportarci con gli altri se vogliamo essere felici.

Oggi i due personaggi della panchina di cosa parlerebbero, rispetto a soli 10 anni fa? O si farebbero i fatti loro guardando gli smartphone?
Siamo di un’altra generazione, che ha imparato a usare lo smartphone ma che ha necessità di comunicare. Oggi ci sono applicazioni per il telefonino che rispondono in modo automatico a delle richieste vocali, incredibile! Noi abbiamo invece la necessità di confrontarci, di essere mandati anche a quel paese se necessario, ma di interagire con le persone. Su quella panchina probabilmente continueremmo a parlare anche con uno smartphone in mano.

Abbiamo tutti un sogno nel cassetto, il vostro qual è?
Tornare al cinema. Abbiamo un po’ tralasciato il mondo della pellicola per realizzare i progetti teatrali, ma vorremmo tornare, nuovamente, a lavorare ad un film. Ci piacerebbe anche viaggiare, che detta così sembrerebbe un controsenso, visto che siamo sempre in tournée. Intendiamo, viaggiare per conoscere, per dedicare del tempo a se stessi, per scoprire luoghi e persone e arricchirsi dentro.