Teatro

Alessia Pagliaro, 'psicologa di scena', e la scommessa dell’O.P.G. di Aversa

Alessia Pagliaro, 'psicologa di scena', e la scommessa dell’O.P.G. di Aversa

Dopo aver applaudito gli attori dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa che, nel’ambito della rassegna “Il carcere possibile”, hanno presentato il loro ultimo lavoro “L’eccezione è la regola”, libero adattamento della pièce brechtiana, abbiamo incontrato Alessia Pagliaro, dinamica ed appassionata psicologa che segue, all’interno dell’O.P.G., l’esperienza di teatroterapia avviata già da qualche anno. Allora Alessia, spiegaci come è nato questo meraviglioso progetto teatrale all’interno dell’O.P.G. L’esperienza è stata avviata grazie all’impegno dei due registi, cioè Anna Gesualdi e Giovanni Trono, che hanno felicemente pensato di veicolare le infinite potenzialità catartico-terapeutiche della drammatizzazione all’interno dell’O.P.G. Il loro è nato come un progetto dalle grandi ambizioni, un progetto che mira non solo a creare un circolo virtuoso tra teatro e terapia, ma che intende istituire una vera e propria compagnia stabile all’interno dell’O.P.G. e bisogna sottolinare che questa è davvero un’idea molto stimolante perché vuole riconoscere all’esperienza teatrale non soltanto potenzialità terapeutiche ma anche la forza di riqualificare umanamente e professionalmente l’individuo: i ragazzi che vanno in scena, infatti, non sono ricoverati dell’O.P.G. che si misurano con un progetto teatrale ma veri e propri attori che vivono, nel loro privato, il dramma personale della detenzione e del disagio psichico. Che tipo di lavoro affrontano i ragazzi dell’O.P.G. coinvolti nell’esperienza teatrale? Anna Gesualdi e Giovanni Trono propongono percorsi di training e studio che sono al tempo stesso estremamente rigorosi ma anche molto aperti alla soggettività ed al vissuto di ogni singolo membro del gruppo. Il loro lavoro, che naturalmente passa anche attraverso l’improvvisazione, è lavoro di squadra, nella misura in cui è finalizzato a creare una positiva e costruttiva dinamica relazionale, ma è anche lavoro centrato sulla singola persona, sulla memoria e sull’urgenza comunicativa di ciascun detenuto. All’interno di un simile percorso, che ruolo ricopre la figura dello psicologo? La presenza dello psicologo è legata all’istanza più marcatamente terapeutica dell’operazione, per esempio dopo aver messo in scena “Aspettando Godot” di Beckett, ogni attore ha avuto reazioni differenti ed allora è stata importante la presenza di uno specialista in grado di leggere e decodificare le reazioni emerse alla luce di un iter terapeutico più lungo e complesso. Quanto incide, secondo te, l’esperienza teatrale sulla condizione psicofisica generale del ricoverato-detenuto? Io credo abbia una forza d’impatto notevole. Chi conosce la realtà dell’O.P.G., sa bene che parliamo di una sorta di buco nero, all’interno del quale l’individuo entra senza sapere più se, come e quando ne potrà uscire. Infatti entrano in O.P.G. tutti coloro che, giudicati colpevoli, vengono ritenuti incapaci di intendere e di volere e la loro detenzione non cessa, come per tutti gli altri detenuti, al temine della pena, bensì quando non sono più reputati pericolosi per la società. Ma occorre riflettere sull’ardua definibilità del concetto di pericolosità sociale, circostanza da cui deriva che, per molti ricoverati, l’O.P.G. si trasforma in una sorta di trappola che li sospende in un limbo sinistro e senza speranza in cui possono restare reclusi, tragicamente, ben oltre il tempo previsto dalla relativa pena. Insomma in O.P.G. tutte le certezze, benché tristi, di un carcere normale si sbriciolano e vengono meno, rimane solo la paura, la solitudine e l’esclusione dal mondo esterno. Su quale aspetto dell’esperienza teatrale ti capita di lavorare più frequentemente? Dopo ciascuna messinscena, il lavoro terapeutico continua e si focalizza essenzialmente sul fatto di essere usciti fuori, sull’opportunità di aver visto ed aver interagito con la società dopo tanto tempo; analizziamo, infatti, la conseguente e immaginabile sensazione di disorientamento e spiazzamento che ne deriva. Lavoriamo molto sull’uscire, su cosa rappresenti per loro raccontare e raccontarsi, su che valore attribuiscano alla possibilità di portare all’esterno dell’O.P.G. la propria voce e la propria testimonianza. In che senso gli attori dell’O.P.G. di Aversa, attraverso il teatro, pensano di portare all’esterno una propria testimonianza? Durante lo studio del copione e durante gli esercizi di training ed improvvisazione, i ragazzi della compagnia, partendo dal plot del testo selezionato, nella fattispecie “L’eccezione e la regola” di Brecht, hanno portato a termine una sorta di ristrutturazione corale del testo e, seguendo ciascuno la propria naturale inclinazione, il testo è diventato il canale perfetto per comunicare a chi è fuori qualcosa che ci riguarda tutti indistintamente e, nello specifico, di come la loro condizione, ritenuta asistematica rispetto alla regola, li ponga in una situazione di scacco senza rimedio. Ma in realtà, come ci è chiaro già dal titolo della peformance dei ragazzi dell’O.P.G., l’eccezione è la regola, perché noi, per fortuna, siamo tutti delle eccezioni, tutti caratterizzati da una cifra umana ed esistenziale che, per natura, non può definirsi conforme né ad alcuna regola né ad alcuna legge di omologazione. A tale proposito, ritengo significative alcune dichiarazioni che ho raccolto dagli attori subito dopo lo spettacolo: Fabio, che interpreta con grande personalità il ruolo del Portatore, mi ha detto che questa esperienza, secondo lui, è fondamentale perché, grazie allo spettacolo, i ragazzi della Compagnia dell’O.P.G. hanno la possibilità di esprimersi liberamente in quanto l’intento di tutto il gruppo è quello di comunicare un messaggio, di dire qualcosa che appartiene alla quotidianità della loro vita ma che può essere utile anche agli spettatori. Fabio, inoltre, ha giustamente messo in evidenza che la forza di questo messaggio sta anche nel modo inconsueto con cui si è scelto di comunicarlo e crede che, proprio per questo, il pubblico è stato più disponibile a receprilo. Così anche Ezio, che in O.P.G. è entrato da poco e che interpreta con straordinaria vivacità il ruolo della guida, ci ha tenuto a sottolineare che, quando va in scena con “L’eccezione è la regola”, si sente interprete di qualcosa che lo riguarda davvero da vicino, insomma Ezio più che recitare ci parla di sé. Tutto ciò, come è facile intuire, rappresenta un risultato incredibile sia in termini artistici che terapeutici. Infine, mi spieghi come viene accolta questo tipo di iniziativa dalla Direzione Sanitaria dell’O.P.G. e dall’Amministrazione penitenziaria? Nel complesso il progetto è accolto con grande collaborazione; la Direzione Sanitaria dell’O.P.G. si è sempre dimostrata molto partecipe e sostiene il progetto con grande impegno ed entusiasmo. Talora qualche piccola difficoltà riguarda il rapporto con l’Amministrazione penitenziaria che però, sebbene forse relativizzi la portata dell’operazione, manifesta costantemente una grandissima disponibilià nel facilitarci l’attvità e consentirci di operare quanto meglio possibile.