Teatro

Copi all'Elfo diretto da Lorenzo Fontana

Copi all'Elfo diretto da Lorenzo Fontana

Si inaugura la stagione al Teatro dell’Elfo con un lavoro che partecipa al progetto Prime Opere, dedicato a giovani artisti. Da mercoledì 18 fino al 29 ottobre, Les éscaliers du Sacré-Coeur, un testo del dissacrante autore francese Copi, autore di scritti e vignette dall’umorismo caustico, è messo in scena dal giovane Lorenzo Fontana, che ha pure crearto lo spazio scenico.

Come hai conosciuto quelli dell’Elfo di Milano?
“Il mio rapporto con la compagnia dei Teatridithalia è nato proprio con un testo di Copi, circa 10 anni fa, con ‘La Tour de la Défance’. C’era Ferdinando Bruni alla regia e gli attori erano Ida Marinelli e Fausto Caroli, che ho voluto con me anche in questa nuova impresa. Eravamo al Teatro di Porta Romana e io avevo il ruolo di un travestito mitomane; c’erano anche Antonio Latella, Andrea Occhipinti e Alessandro Mor. Era stato bellissimo, il mio era un personaggio davvero commovente. L’ho conosciuto così Copi, mi è tanto piaciuto e ho cominciato a leggere ogni suo scritto”.

Cosa pensa di Copi autore teatrale?
“Il tipo di scrittura di Copi è un po’ ostico, all’inizio. Eppure credo che averlo riscoperto Copi oggi. Riproporlo come drammaturgo è un passo importante, perché ha un tratto unico, preciso, come le sue celebri vignette. Ci rendiamo conto che i suoi testi sfiorano la pornografia ma il pubblico ci sta, si commuove e si diverte. Copi è grottesco, surreale, paradossale e, quando stavamo a tavolino, trovavamo che la sua scrittura spaventa, mentre sul palco tutto diventa naturale, automatico. Lo trovo quasi Shakespeariano, non devi fare niente”.

E’ stato difficile dirigere, anziché recitare?
“Non è la mia prima regia, ma è la prima volta che lavoro con tanti attori. Voglio sottolineare che nulla sarebbe accaduto senza lo sforzo enorme della produzione, l’associazione Baretti che, qui a Torino, nel quartiere di San Salvario, è un piccolo teatro e sala cinematografica. Il suo direttore artistico, Davide Livermore, cerca di mantenere l’occupazione di un territorio per dare al quartiere uno spazio di interculturalità. Qui vivono moltissimi cinesi, arabi, africani ma è un luogo tranquillissimo e la mia proposta del testo di Copi si è inserita nel tentativo di comprendere le minoranze. Nel testo infatti c’è un arabo, un negro… Personaggi al margine, con problematiche simili alle nostre. E noi abbiamo veramente lavorato assieme per identificarci, rapportandoci fra noi”

Sei contento che Teatridithalia ti abbia invitato a Milano?
“Molto, e spero che questo ci serva per andare altrove. Gli attori che dirigo sono straordinari, direi che solo per questo vale la pena vederli. Spero che la comunicazione tra quello che accade in scena e le gradinate sia fondamentale. Sono state tolte le poltrone del Teatro dell’Elfo e noi lavoriamo nello spazio, circondato da gradinate, col pubblico che ci guarda faccia a faccia. E’ un tipo di ambiente o di realtà che potrebbe anche spaventare, ma non è invasivo. Copi è straordinario, non c’è violenza contro il pubblico, anche se il testo è forte e traumatico. C’è un’umanità pazzesca e spero che il messaggio di questo testo possa essere raccolto”.

Cosa pensi del lavoro che presenti?
“A Torino ho verificato che, attraverso il mondo di Copi, passa una speranza. Anche se i personaggi vivono in un orinatoio, il che può turbare o apparire fastidioso, si tratta di un aspetto che scompare, grazie alla scrittura di Copi e alla bravura degli attori. E resta una grande tenerezza umana, molto forte. Io ne ho visti, qui a Torino e un po’ dovunque, personaggi simili. Magari non per strada, ma in luoghi dove questa umanità si incontra. Sì, li chiamo umanità”.