Esperienze, passato e spunti di riflessioni sul ruolo del teatro: la scrittrice, poetessa e drammaturga Dacia Maraini si racconta a Teatro.it
Dacia Maraini. Una vita dedita alla scrittura. Tante sono le sfumature della sua penna: scrittrice, poetessa, saggista, drammaturga e sceneggiatrice. A questo si aggiunge la sua attività di Direttrice Artistica, ruolo che ricopre da un decennio per il Festival Teatro sull'Acqua ad Arona, sul Lago Maggiore, e che va a completare la sua inclinazione.
Perché anche se ricopre un ruolo ‘tecnico’, non manca di aggiungere la sua ‘impronta narrativa’ presentando una drammaturgia. Così a Teatro.it racconta la sua esperienza, le speranze e la visione semplice e lucida di un tempo dal quale c’è ancora da imparare.
Cosa vuol dire organizzare un festival al tempo del Covid-19?
Vuol dire mantenersi rispettosi delle regole e quindi adeguare il programma alla prevenzione nazionale. Per esempio, avendo meno posti per lo spettacolo, ripeterlo due volte per accontentare tutti.
Direttrice Artistica del festival da 10 anni. Quali cambiamenti sostanziali ha affrontato e come?
I cambiamenti sono stati tutti in senso positivo: l’allargamento del consenso e della partecipazione locale, compresa l’amministrazione cittadina con a capo un sindaco aperto e collaborativo; la maggiore risposta della stampa, la buona risposta degli artisti e degli scrittori.
Come ha realizzato il programma di questa stagione del festival, di quali elementi e tipologia di artisti ha tenuto conto?
All'inizio pensavamo di proporre ogni anno un tema, ma poi abbiamo trovato molte difficoltà nell'adeguare il tema alle proposte che venivano fatte e quindi abbiamo lasciato libertà di tematica.
“Un tagliatore di teste sul Lago Maggiore” fu presentato a Roma nel 2003. Come è stato riadattato per questa edizione?
Il personaggio: un boia dell’Ottocento che ha smesso di tagliare teste e si trova a confrontarsi poeticamente con le persone che ha ucciso per conto terzi. Niente di macabro comunque: sono personaggi saggi e vitali per la cui presenza poetica mi sono ispirata al teatro Noh giapponese che è tutto fatto di dialoghi fra vivi e morti. Ho cambiato alcuni personaggi di contorno, ho modificato alcuni caratteri del protagonista e ho adattato il tutto al meraviglioso e mutevole lago Maggiore che ho imparato ad amare.
Teatro sull'Acqua. L’acqua è l’elemento che prevale. Metafora di viaggio nell'inconscio, di incontri col femminile o semplice suggestione visiva?
L’acqua per me simboleggia la memoria. In quel lago possiamo trovare le più crudeli ma anche le più suggestive memorie storiche del Piemonte, della Svizzera, della Lombardia. E’ quello che mi affascina in quelle acque cariche di memorie e di ricordi profondi. Poi naturalmente conta il fatto che si tratta di uno scenario naturale affascinante e unico e il teatro ha bisogno di scenari suggestivi.
Quale significato ha per lei il Teatro?
Il teatro per me è il luogo della riflessione sociale e storica. Mentre il romanzo tratta del mistero del tempo, il teatro tratta soprattutto i problemi della convivenza sociale.
Ha avuto al suo fianco, per un periodo, Alberto Moravia. Quale eredità le ha lasciato e quale eredità lui vorrebbe che lei lasciasse alle nuove generazioni?
Moravia era uno scrittore attento al suo tempo, critico della società in cui viveva, profetico nella sua analisi del futuro. Il suo saggio più importante da questo punto di vista e anche il più moderno è L'UOMO COME FINE. Consiglierei ai giovani di leggerlo per capire meglio i problemi di una società basata sul consumo .
Ci sono artisti di cui sente la mancanza? Chi in particolare e perché?
Certo mancano i Pasolini, i Parise, i Fortini, i Dario Fo che parlavano con franchezza sfidando l’ipocrisia del proprio tempo. Ma bisogna dire che spesso gli scrittori più significativi del proprio tempo li scopriamo dopo una o due generazioni, quando sono entrati nella memoria collettiva. E comunque mancano le voci femminili, sia nel teatro che nella narrativa. Anche se hanno successo in vita, vengono poi obliterate dopo la morte e cacciate fuori dalla memoria storica.
Tornando al teatro, crede che le istituzioni siano gestendo bene la situazione in termini di regole e aiuti economici?
Penso di no. Il teatro è costoso e ha bisogno di finanziamenti. Ma anziché affidarsi all'arbitrio dei burocrati, direi che sarebbe meglio detassarlo e dare più libertà alle iniziative sperimentali. Invece il teatro sottostà a una serie di regole asfissianti. Sembra incredibile, ma ai tempi del teatro della Maddalena che io dirigevo c’era più libertà per i piccoli teatri e le compagnie giovanili che cominciavano la loro carriera professionale.
Esiste un approccio culturale che possa in qualche modo regalare nuovi scenari in questo presente?
Limpidezza nei progetti, trasparenza nei rapporti, anche economici, meritocrazia.
Quali speranze e proposte ha per lo spettacolo nei mesi a venire?
Il teatro ha bisogno degli spettatori dal vivo, non si può fare in remoto come il cinema e la televisione. Per questo non posso che augurarmi la rapida fine di questo maledetto virus che impedisce la vicinanza giusta e naturale fra gli esseri umani.