“Voglio vedere cosa succede se vado ad interpretarlo in una maniera che non mi è facile, che non mi appartiene e che mi costa anche fatica”.
Dario Fo. Non potrebbe esserci miglior presentazione che questa. Pur non avendo ancora guadagnato un aggettivo dal proprio cognome, come Fellini (e non sarebbe comunque cosa facile, con un cognome come Fo), la “riconoscibilità” di Dario è universale, così come universale è il suo linguaggio artistico. Attraverso il suo sguardo ed i testi portati in scena con il supporto dell' indimenticabile Franca Rame si può, a volerlo fare, ricostruire la storia d' Italia dal Medioevo ai giorni nostri, passando attraverso quelle miserie e quelle nobiltà che non tutti, per comodo, pigrizia o ignoranza, si prendono la briga di voler ricordare.
Nonostante non si neghi ad interviste, incontri o a chiacchierate prima o dopo gli spettacoli, aver la possibilità di poter fare qualche domanda a Dario è comunque un' emozionante opportunità perchè poter parlare con un artista che ha fatto della ricerca culturale e della divulgazione dell' arte (non soltanto) teatrale la base della propria esistenza, è sempre e comunque occasione di arricchimento personale.
Dario non è persona che si contenga: da una risposta ad una ben precisa domanda, apre un ventaglio di divagazioni talmente stimolanti da far quasi dimenticare l' argomento iniziale al quale poi, comunque, torna sempre. E l'argomento principale questa volta è la riproposizione, dopo 15 anni, dello spettacolo Lu Santo Jullare Francesco in una nuova versione riscritta ed aggiornata in scena lunedì 14 aprile al Teatro degli Arcimboldi di Milano L’intero incasso della serata sarà devoluto al progetto di Slow Food volto a realizzare 10.000 orti in Africa al fine di promuovere il diritto alla sovranità alimentare delle comunità locali.
Il suo teatro ed i suoi testi sono sempre stati in evoluzione, anche sera per sera, legando questa evoluzione al momento storico od ai fatti quotidiani. Come mai proprio in questo momento una riscrittura ed una riproposizione de Lu Santo Jullare Francesco ?
L’idea di base è stata quella di poter raccontare San Francesco non più attraverso il linguaggio giullaresco, come avevo sempre fatto prima d'ora. Da lì la riscrittura e l’ interpretazione in quello che era il parlato proprio di Francesco e delle sue terre ovvero il dialetto umbro. Dialetto molto difficile perchè pieno di forme che arrivano direttamente da altri dialetti, tra cui il napoletano. Mi sono detto: “Voglio vedere cosa succede se vado ad interpretarlo in una maniera che non mi è facile, che non mi appartiene e che mi costa anche fatica”.
Immagino che una riproposizione del genere abbia richiesto ricerche storiche molto complesse...
Cercando degli scritti in volgare dell' epoca, ho avuto la fortuna di imbattermi nel lavoro di Chiara Frugoni che ha ritrovato dei testi censurati per secoli con lo scopo di giudicare e ricostruire a proprio piacere l' immagine del santo. In poche parole, Francesco non era abbastanza santo e quindi, attraverso un tribunale appositamente costituito, fu necessario “ricostruirne” la figura. Tutta la vera storia e tutti quegli aneddoti profondamente umani degli anni della formazione, pressappoco fino ai vent'anni, di Francesco, vennero cancellati in blocco. Un massacro completo di verità storiche per poi inventarsi fatti che non erano mai avvenuti. Francesco diceva: “Non chiamatemi santo perchè non ho mai fatto miracoli”...e invece loro gli davano i miracoli! E non solo: per potergli attribuire questi miracoli, rubavano anche dalle vite di altri santi! Il tutto per dare a San Francesco un “corpo”, una sostanza che secondo loro non aveva. Sono stati però proprio questi particolari dimenticati e rimossi che, con il tempo e paradossalmente, sono tornati in superficie ed hanno contribuito a creare il personaggio di San Francesco.
Quindi il tema dello spettacolo è riportare San Francesco alla propria vera dimensione...
Dopo che è stato costruita una figura inesistente e non corrispondente alla realtà , una specie di favola tremebonda su di un personaggio che ha ben tutt'altra storia, con la riscrittura de Lu Santo Jullare Francesco vado invece a raccontare quello vero, ricostruendone le vicende attraverso quei testi, ritrovati addirittura in raccolte riconducibili ad altri ordini religiosi che non erano quelli soliti francescani ma addirittura domenicani, tornati alla luce grazie al lavoro di studiosi e ricercatori.
Come è accostabile la figura del giullare a quella del santo ?
Il giullare oggi è quello che fa ridere ma, per i sant' uomini, i ricercatori ed i monaci dei tempi di Francesco, l'idea che una figura religiosa si preoccupasse di far ridere la gente era un atto di oscena inciviltà. I giullari erano ritenute orrende persone, ci sono volumi e volumi scritti contro l'atto di far ridere. Ridere era ritenuto sintomo di idiozia e di mancanza di superiorità e di santità. Il “successo” di Francesco invece era determinato dal riuscire, attraverso lo sghignazzo, a convincere gli uomini che la vita andava compiuta con festosità, con gioia e con intelligenza.
Nei suoi testi teatrali ha descritto papi spaventosi o di una crudeltà inaudita, come Bonifacio VIII nel “Mistero Buffo”. Come si trova ora il laico Dario Fo con un Papa che sembrerebbe l'antitesi di tutto quello che è stato il clero per secoli ? Presumo che l' accostamento giullare Francesco / Papa Francesco non sia del tutto casuale...
Papa Francesco parla come il Francesco “vero” perchè conosce la storia autentica del santo, ne conosce il linguaggio e non ha paura del riso. Ha ripreso una posizione “francescana” non soltanto attraverso il linguaggio ma soprattutto attraverso il pensiero: il pensiero che Francesco aveva sulla moneta e sui soldi, sull' accoglienza, sul rifiuto dell' opulenza della Chiesa. Il discorso che San Francesco fa agli uccelli è un discorso di rifiuto e di condanna totale della Chiesa del proprio tempo. Ora, quando Bergoglio prende le parole francescane e le mette in un discorso comune, compie verso la Chiesa che abbiamo oggi lo stesso atto di coraggio e di disprezzo. Nonostante questi atti innovatori di Bergoglio, non ritengo però comunque che la cosa sia risolta.
Fra pochi giorni uscirà anche un suo nuovo libro, La Figlia Del Papa, sulla figura di Lucrezia Borgia. Come mai questa scelta ?
Ho pensato di raccontare Lucrezia Borgia, come già ho raccontato la storia di uomini importanti quali Raffaello o Leonardo, seguendo dei testi di ricercatori e di studiosi importanti, ed ho capito che la storia che dovevo raccontare non era quella - solita - della “mangiatrice d'uomini” delittuosa e dai mille amanti, ma di una donna dalla grande dignità, di gran coraggio e di correttezza. Tutte doti queste che, ad esempio, non appartenevano né al proprio padre né al Valentino Cesare Borgia.
Milano è sempre stata vicina ed attenta, seppur con crisi ed incomprensioni, al suo lavoro sia teatrale sia artistico. Come vede oggi la città ?
Per anni ho dovuto accettare una conduzione orribile della città, che è quella che poi ha invaso tutta l' Italia: la connivenza, gli inciuci, le ammucchiate, anche da parte del PCI, che da lì ha cominciato ad accettare ed a volte condividere certe situazioni. Oggi vedo la città in una situazione di transito. Milano non si è ancora cavata di dosso la logica del tempo di Berlusconi e della Lega nonostante qualche segnale positivo ogni tanto salti fuori.
Dopo “Fuga Dal Senato” questo è il primo testo che porta a teatro senza l'apporto ed il sostegno insostituibile di Franca…
Lavorare con Franca era per me come respirare. Era un appoggio ed una sicurezza oltre ad essere un esempio straordinario del significato dell' amare il proprio lavoro ed il risultato che da questo amore nasce.