INTERVISTA a Debora Caprioglio. L'attrice veneziana si racconta mentre sta terminando una tournée che la vede al fianco di Corrado Tedeschi. "Questo è il terzo spettacolo che facciamo insieme: ormai siamo una coppia di fatto".
Distrarre Debora Caprioglio dalle calorose dimostrazioni di affetto del pubblico che l’attende fuori dal Teatro Gioiello di Torino – ultima tappa del tour di Notte di follia, un testo della poliedrica artista francese Josiane Balasko - si rivela subito una vana impresa.
Ci vuole pazienza, ma alla fine l’attrice – con piglio sportivo e quello stesso sorriso smagliante che regala a un gruppo di fan, cui concede di farsi immortalare in una serie infinita di selfie – concede volentieri qualche minuto del suo tempo a Teatro.it per un’intervista nella quale racconta il suo rapporto con il teatro e soprattutto anticipa il suo prossimo impegno sul palcoscenico.
Nella sua vita ha mai vissuto una situazione da “Notte di follia”?
Forse, da ragazzina, può essere capitato di prendere una “sbornia”, come si dice da noi in Veneto. Però non come questa, che è veramente una notte di follia molto particolare. In realtà è l’incontro di tre solitudini: sono tre personaggi, accomunati da un segreto, ognuno ha alle spalle una vita abbastanza travagliata, soprattutto il mio personaggio, che è appena uscito di prigione.
Nuit d’ivresse, tradotto letteralmente dal francese, sarebbe “notte di ubriachezza” e in italiano è stato scelto di tradurla in “follia”, perché molto spesso quando non si è lucidi è probabile commettere delle follie. In questo caso, diciamo che l’ubriachezza, unita allo stato di depressione che affligge i tre protagonisti, ha prodotto un effetto positivo.
Il personaggio interpretato da Corrado Tedeschi sostiene che “gli artisti sono diversi e hanno un rapporto particolare con le persone che incontrano”: la pensa così anche Debora Caprioglio?
A noi artisti fa molto piacere sentire l’amore del pubblico, durante e dopo lo spettacolo, ma anche quando le persone si incontrano, a teatro o per la strada. Adesso, con i nuovi media, l’affetto del pubblico spesso si esprime solo con una modalità virtuale, attraverso i “like”. Facendo teatro, però, si ha la possibilità di instaurare un rapporto quasi familiare con le persone, che ti considerano come qualcuno “di casa”. A volte, può succedere che ci sia magari qualcuno un po’ invadente e allora ci si comporta di conseguenza, ma solo per tutelarsi.
Il suo prossimo impegno teatrale sarà "Otto donne e un mistero", commedia noir di Robert Thomas. Può anticiparci qualcosa sul suo personaggio?
Le prove inizieranno a breve e ancora non sappiamo come verrà la torta! Posso dirle che il mio personaggio è la sorella dell’unico uomo della pièce… il quale, però, non si vede! Lei è una zitella inacidita, furiosa con la vita, perché non ha trovato un uomo. All'inizio mortifica la propria femminilità, convinta di non interessare a nessuno, ma nel corso dello spettacolo intraprende un percorso di solidarietà femminile, che la conduce a scegliere di rendersi più appetibile come donna.
A proposito di femminilità, nel 2018 lei ha raggiunto un traguardo anagrafico importante: che significato ha questo termine, per una donna che ha debuttato giovanissima nel mondo dello spettacolo?
Io sono molto contenta di essere nata donna, anche se conservo un carattere molto forte, non dico maschile, ma ho un’indole molto pratica. Arrivare a 50 anni è bellissimo, soprattutto quando hai 50 spettacoli teatrali all'attivo… li ho proprio contati! Negli anni ho scoperto che per me questo lavoro è la linfa vitale di cui mi nutro quotidianamente.
Dal cinema al palcoscenico, ci parli del suo percorso accanto a Maestri come Tinto Brass e Mario Scaccia.
Io ho esordito al cinema con Klaus Kinski, poi ho fatto un film con Lamberto Bava, La maschera del demonio, e a quel punto è arrivato Tinto Brass, che con Paprika mi ha fatto conoscere al pubblico. Ho lavorato anche con Francesca Archibugi, Ugo Chiti e Pino Quartullo. Poi c’è stato il periodo delle fiction, che hanno accresciuto la mia popolarità, ma allora si chiamavano ancora sceneggiati.
Il mio incontro con il teatro è avvenuto nel 1997, grazie a Mario Monicelli, che mi ha voluto per uno spettacolo intitolato Una bomba in ambasciata, dove io interpretavo l’attrice giovane in una compagnia composta da Geppy Gleijeses, Isa Barzizza e Carlo Croccolo.
Mario Scaccia l’ho incontrato nel 2005 e con lui ho fatto quattro spettacoli: se non fosse passato a miglior vita, probabilmente avremmo ancora lavorato insieme, perché per me, oltre a essere stato un grande maestro, era proprio come un papà.
Che rapporto ha, invece, con gli aspetti più logistici legati al teatro?
Ho un rapporto meraviglioso con i miei colleghi. Notte di follia è il terzo spettacolo che io e Corrado Tedeschi facciamo insieme: ormai siamo una coppia di fatto. Per me questo mestiere è un gioco di squadra e l'ho imparato soprattutto lavorando nella compagnia di Geppy Gleijeses, anche se devo dire di averla sentita da subito questa aderenza al teatro inteso come famiglia.
Ha citato Geppy Gleijeses, che è stata una figura ricorrente nella sua vita professionale, ma anche privata…
Abbiamo avuto una storia che è durata cinque anni, e contemporaneamente abbiamo fatto ditta, portando in scena titoli come L’importanza di chiamarsi Ernesto, Un coperto in più, Un marito ideale. Ne abbiamo fatte di cose insieme, e per me è stato anche un periodo di formazione: da quel momento non ho più lasciato il teatro.
Dal 23 febbraio Debora Caprioglio sarà di nuovo in scena nei teatri italiani con lo spettacolo Otto donne e un mistero, per la regia di Guglielmo Ferro.