Teatro

Emanuele Aldrovandi: 'Scrivere il teatro come fosse letteratura'

Emanuele Aldrovandi: 'Scrivere il teatro come fosse letteratura'

Dal 10 al 12 febbraio, dopo il successo delle repliche milanesi al Teatro Filodrammatici, arriva al Cineteatro Baretti di Torino "Homicide House", il thriller teatrale di Emanuele Aldrovandi, premiato con il premio Tondelli 2013, per un testo ad alta tensione che lascia lo spettatore senza fiato.

Un uomo (Marco Maccieri) si trova nella difficile situazione di dover ripagare, senza il giusto preavviso, un debito ingente. Mentre la moglie (Cecilia Di Donato) ignara degli affanni economici del marito organizza una vacanza, il diabolico strozzino (Luca Cattani) propone uno scambio al malcapitato: entrare nella Homicide House.

È un servizio che ho inventato io, l’ho chiamato Homicide House. Chi vuole torturare, seviziare, uccidere e ha abbastanza soldi per permetterselo, paga una vittima. E chi vuole suicidarsi riesce a capitalizzare la sua morte. È un incontro fra esigenze complementari che finora il mercato non soddisfaceva. Dovrebbero darmi il Nobel per l’economia.

Questa è la descrizione del non-luogo al centro dello spettacolo Homicide House (una coproduzione Compagnia MaMiMò/BAM Teatro) in scena al Cineteatro Baretti di Torino dal 10 al 12 febbraio. Teatro. it ha intervistato l'autore della pièce.

Nato a Reggio Emilia nel 1985, Emanuele Aldrovandi ha studiato alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Collabora stabilmente con il Centro Teatrale MaMiMò come drammaturgo di compagnia. Ha vinto numerosi premi, tra cui l’Hystrio 2015.il Tondelli 2013 e il Pirandello 2012.

Come  nasce la tua passione per la scrittura e qual è stato il tuo percorso formativo prima e, in seguito, professionale?
La passione nasce facendo dei corsi di teatro durante il periodo universitario e mettendo in scena brevi copioni con alcuni amici attori a Reggio Emilia. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia a Bologna, mi sono iscritto alla Scuola “Paolo Grassi” di Milano, dove ho studiato per trasformare questa passione in un lavoro. Ho avuto la fortuna, appena prima di terminare il mio percorso formativo, sia di iniziare a lavorare con la Compagnia MaMiMò, sia di cominciare a ricevere importanti riconoscimenti a livello nazionale. Per ora ho compiuto un percorso piuttosto virtuoso, poi è chiaro che non si può mai sapere cosa riserva il futuro…

Quindi tu ti sei avvicinato al teatro già con l’idea di scrivere…
Io ho sempre considerato il mio lavoro nel teatro come scrittore, ho scritto anche racconti. Non ho mai recitato. Ho sempre trattato il teatro come un genere letterario e, confrontandomi anche con altri autori, mi accorgo che il mio intento è quello di scrivere letteratura. Un copione teatrale non è molto diverso da un romanzo. Semplicemente, oltre a essere letto, ha il vantaggio di poter prendere vita attraverso degli interpreti, che sono un valore aggiunto, a volte anche inaspettato.

Puoi spiegarci in quali termini lo spettacolo può essere definito un “thriller filosofico”?
La prima idea di questo testo l’ho avuta sentendo al telegiornale la notizia di un imprenditore suicidatosi per debiti e, immediatamente dopo, quella di un killer che uccideva persone per la strada. Ho pensato, dunque, che non sarebbe stato strano immaginare di creare un sistema in cui chi ha abbastanza soldi per poterselo permettere paghi una vittima che abbia già deciso di farla finita, per risanare i propri debiti. L’ingresso nell’Homicide House funge da acceleratore nella direzione di una riflessione che tutti i personaggi compiono sul rapporto tra verità e menzogna, in diversi ambiti: nel rapporto di coppia oppure in quello che il protagonista crea con colei che lo tortura (l'attrice Valeria Perdonò, n.d.r.) La scelta dei nomi impersonali  dei personaggi (Uomo, Donna, Tacchi a Spillo e Camicia a Pois), li rende in qualche modo degli archetipi, con caratteristiche evidentemente estremizzate, che raccontano il crollo degli universi di riferimento dell’uomo post-novecentesco.

Il protagonista uscirà da questo non-luogo?

La regia di Marco Maccieri – che è anche l’Uomo protagonista - cavalca l’ipotesi che lo scontro tra quest’entità avvenga in un unico individuo, che alla fine rimane solo e “spoglio” di tutti i suoi conflitti. Un’idea che si ritrova anche nella scenografia di Antonio Panzuto: una grande parete gialla, con un piccolo ingresso bianco, attraverso il quale si muovono i personaggi.

Lo spettacolo ha debuttato nel 2014 al Festival Castel de’ Mondi di Andria, la tournée nazionale vera e propria è iniziata quest’anno con le date milanesi. Ora fa tappa a Torino e ad aprile sarà in scena a Mantova, Reggio Emilia e a Roma, al Teatro dell’Orologio.