Per il suo terzo Shakespeare, dopo aver diretto “Le allegre comari di Windsor” e, per il Teatro Globe di Roma, “La Commedia degli errori”, il regista Fabio Grossi affronta uno dei testi più popolari ma anche più complessi tra quelli usciti dalla penna del Bardo: “Sogno di una notte di mezza Estate”. Alla vigilia del debutto dello spettacolo al Teatro Eliseo di Roma gli chiediamo com’è stato affrontare i vari aspetti di questo capolavoro di scrittura teatale
Ho basato la mia lettura strizzando l’occhio all’oggi; in scena ho evidenziato differenze sociali tra i vari personaggi rappresentati: il potere dei principi Teseo e Ippolita, l’immaginifico dei personaggi magici della notte, che rappresentano il desiderio di trasgredire, e la forza lavoro dei clown. Ho cercato di mettere in scena il testo così come è stato scritto, effettuando naturalmente dei tagli per contenerne la durata, ma mantenendo, ad esempio, la struttura in 5 atti, che saranno separati da dei brevi intermezzi, come già ho fatto nei miei Pirandello, che in questo caso saranno dei momenti di danza eseguita dai cinque ballerini che fanno parte di questa grandissima compagnia composta di 18 artisti in scena.
"Sogno di una notte di Mezza Estate” è uno di quei testi di Shakespeare in cui la coralità fa difficilmente identificare il personaggio protagonista.
Sì è vero, e per noi, naturalmente, il protagonista, grazie al grande valore interpretativo, si identifica col personaggio di Bottom, che viene interpretato da un grande attore quale Leo Gullotta. Anzi a lui ho affidato, con Simonetta Traversetti che firma con me l’adattamento, i versi che concludono la commedia, che dividerà con il personaggio di Puck. Un’operazione che avevamo già utilizzato ne “Le allegre comari di Windsor” : anche quella era una commedia corale, ma avevamo reso centrale la figura di Falstaff, interpretata sempre da Gullotta. “Le allegre comari…” era una commedia incentrata sulla diversità, dove Falstaff era vilipeso e beffeggiato,ma aveva un suo riscatto finale, quando, lasciato solo e deriso da tutti, recitava il sonetto 21 di Shakespeare.
Con quale spirito registico si pone di fronte a due mostri sacri come Shakespeare e Pirandello, i suoi due autori di riferimento
Con grande rispetto. Io credo che colui che fa la regia di uno spettacolo debba soprattutto esercitare con umiltà, ritenersi un mezzo per portare la vicenda dell’autore al pubblico, farla comprendere. Io non faccio riletture: rilegge chi ha già letto. Le mie sono infatti letture con le quali cerco io per primo di capire e far capire l’autore
Ci son altre opere del Bardo che le piacerebbe mettere in scena?
Certo, ce ne sono tante, mi viene in mente “Riccardo III” che fotografa un' ancora attuale realtà sul potere e, naturalmente, Amleto, capolavoro assoluto.