Il Teatro Arsenale sta viziando il suo pubblico con proposte accattivanti e ben azzeccate. Incuriosisce molto il nuovo titolo, “Lampedusa è uno spiffero” che dal 13 al 17 febbraio si accompagna a “Buttitta, canto per il poeta più grande del mondo”. Il secondo pezzo è dedicato alla poesia dialettale di Ignazio Buttitta ma insieme mostrano un doppio spettacolo-concerto, capace di esprimere con forza un ritratto personalissimo della Sicilia. L’idea l’ha sviluppata Fabio Monti, che sceneggia con sensibilità, dirige e si ritaglia una parte recitante. Le musiche sono di Antonio Catalfamo, le invenzioni sceniche di Norma Angelini e oltre a Monti, sono in scena Marcella Parito, Daniele Lo Re ed Ence Fedele. Con Fabio instauro un dialogo interessante.
Come hai avuto questa idea?
E’ successo che 2 anni fa, riunite persone di fiducia, ho chiesto loro cosa avrebbero voluto vedere a teatro. E uno mi chiese “Perché non racconti che succede a Lampedusa, tu che sei siciliano?”. Ho cercato finanziamenti per un ano e mezzo e abbiamo partecipato al Premio Extra Candoni, che promuove la nuova drammaturgia con l’aiuto di 6 teatri italiani innovativi, tra cui il Litta di Milano, il Kismet di Bari e l’Eliseo di Roma. Tutti dicevano che fosse una follia usare 18 persone, come avevo preventivato io nella stesura del mio progetto. Allora, ho seguito il consiglio e ho creato un monologo un monologo.
Conoscevi Lampedusa?
A Lampedusa ci sono andato e sembrava un’isola deserta. Dopo le bombe di Gheddafi dell’86, il boom turistico e gli arrivi degli immigrati, era di nuovo deserta. Ho voluto costruire un progetto con laboratori diversi in luoghi differenti. Dovunque ora si organizza un Carnevale c’è chi prende in giro gli immigrati, ma in altri ci sono quelli che prendono in giro gli italiani. Ovvero, cambia lo spettacolo a seconda di dove si svolge.
Puoi spiegare meglio?
Catania e Milano sono troppo diverse, l’impatto dell’immigrato su Milano è molto peggiore, è una questione di umori. Milano è una città con persone provenienti da tutte le parti del mondo. Io ci ho vissuto 7 anni e ricordo che a guardarmi male erano principalmente quelli che una volta vivevano al sud. Gli ex terroni erano i più duri, in una città che è la meno razzista che abbia mai visto. Ma di notte salivo sulla 90 e ho visto l’altra faccia della città, quando c’è da aver paura a girare in situazioni tipo film americano.
Cosa pensi di dire?
Noi cerchiamo di esprimere l’innegabile: cerchiamo di risalire alle cause e lo spettacolo è comico, vuole essere un po’ ghignante. La trama è sempre quella: diciamo che cambio di almeno il 10% il soggetto a seconda della piazza in cui siamo in scena. Evidenziamo le atrocità, con un’ottica improntata alla situazione di Lampedusa, la cui storia è curiosa. Su quell’isola il telefono è arrivato nei primi anni ’60, con la luce. Prima c’erano solo generatori elettrici. Solo quando gli si è chiesto di agire a protezione del Paese, i lampedusani hanno chiesto cose in cambio. All’inizio, prima del turismo di massa e della presenza dello Stato, la militarizzazione sembrava poter risolvere problemi.
Vuoi dire che le cose non stanno come sembrano?
Ora c’è indignazione verso le descrizioni mediatiche, assolutamente false. Le parole ‘Il Centro di Permanenza non regge, 5 sbarchi’ non corrisponde ai fatti reali: in realtà le motonavi di sorveglianza hanno già recuperato e portato tutti a terra, senza che nessuno si accorga di nulla. Il CP è un luogo non condonato, che non paga. Lampedusa e i suoi abitanti sono ‘in Italia’ solo da 15 anni e questo è surreale. Ci sono torti e ragioni da molte parti. Molti lampedusani pensano che ‘prima’ stavano meglio, c’era più solidarietà fra loro. Ora, coi turisti che portano soldi, le cose sono cambiate. Non sono gli immigrati ad aver peggiorato la loro esistenza, ma i soldi del turismo di massa.
Davvero? Lo dicono loro?
Mi è stato detto da un maestro d’ascia, in lampedusano: “Gli uomini hanno in assoluto la tendenza a rovinare quanto di bello hanno tra le mani e solo dopo che si sono spinti fino al burrone, anche se qualcuno cerca inutilmente di fermarli, vanno oltre e cadono in mare. Mentre annegano, ammettono che oh, c’era il burrone!”. Qui, poi, c’è una tratta umana, gente trattata malissimo… Ma nell’ultimo anno le cose sono cambiate moltissimo grazie alla ragionevolezza dei ministri Amato e Ferrero. Guardie di Finanza e Carabinieri definiscono questo esodo ‘biblico’ e quindi impossibile da fermare con le bombe. Per 4.000 abitanti su uno scoglio in mezzo al mare… I lampedusani sono pochi e Lampedusa è piccola, ‘una pietra in mezzo al mare’ dicono loro. Delle due isole Pelaghe, Lampedusa geologicamente è africana, l’altra è europea. E’ affascinante, esposta a mille venti.
Ma come risolvere almeno il problema dell’immigrazione?
Finché ci sarà il divario fra Paesi ricchi e poveri, tutto questo continuerà. Nemmeno nei prossimi 10 anni si fermeranno gli immigrati dalla fuga, ma almeno si potrebbero eliminare i colonizzatori, per quanto da qualunque parte ci sono buoni e cattivi. Ci vuole tanto buon senso per capire che il burrone è lì, ci siamo. E’ prevedibile che le cose andranno avanti così, è il caso di cambiare testa. Così dice il maestro d’ascia, uno di quelli che costruiscono le barche e conoscono il mare e gli uomini. A Lampedusa non c’è un cinema, ma ci sono mille ragazzi, un liceo… E c’è solo la corsa al soldo.
Dunque, che rispondi?
Il mio spettacolo non arriva a un punto esclamativo, si ferma al punto interrogativo. Riuscire a porre la domanda è già tanto. In futuro, intendo fare un altro spettacolo che riguardi la Sicilia.
Teatro