Fabrizio Angelini, una vita spesa per il musical e con la Compagnia della Rancia. 44 anni, ha studiato recitazione con Alba Maria Setacciali e canto con il maestro Rufini, debuttando in Teatro con Gigi Proietti in "Cirano."
Attore (“A Chorus line”) ma anche coreografo (ha firmato lavori importanti come “Sette spose per sette fratelli”, “Hello Dolly!” “Pinocchio”, “The Producers”), è ora il regista del musical Jesus Christ Superstar, portato in scena dalla Rancia per la prima volta completamente in italiano. Come regista ha già diretto “Rent”, “Bulli e Pupe” e “Nunsense”.
8 novembre 2006 – Fabrizio mi concede una piacevole chiacchierata al termine di una matinée, durante la pausa pranzo all’autogrill accanto al Teatro della Luna.
Da quest’anno anche in Italia sono state introdotte le previews e proprio Jesus Christ Superstar ne ha testato per la prima volta l’efficacia: come hai vissuto questa innovazione? Quanto hai aggiustato il tiro grazie alle previews?
Beh, diciamo che è stato un bene che ci siano state ma è stato anche un po’ un cappio al collo, perché comunque, a un certo punto, pronti o non pronti, il pubblico c’era! Diciamo che avrei voluto arrivarci con delle prove in più. Però contemporaneamente è stato importante noi abbiamo continuato a lavorarci nel pomeriggio e mettere a punto tante cose… aggiustare luci, suoni, lavorarci su con gli attori per mettere a posto delle cose. Devo poi dire che persone e colleghi che sono tornati a vedere lo spettacolo dopo la prima preview, hanno notato non dei cambiamenti, ma comunque lo spettacolo più “stretto”, più corposo, più messo a punto.
Bilancio di questo Jesus Christ. Aspettative centrate o in parte disilluse? E l’umore del pubblico su un caposaldo del genere?
L’umore del pubblico l’abbiamo trovato molto buono. Naturalmente poi ci sono stati pareri diversi: più buoni, meno buoni, discordi, poi diventa anche una questione di gusto. In generale, c’è stato un grosso apprezzamento, soprattutto per il fatto di aver apportato un tono moderno, però con grosso rispetto per quello che era il lavoro originale, che poi era la nostra intenzione. Noi ci siamo avvicinati a questo lavoro con molta umiltà. Poi devo dire che il pubblico sta aumentando, abbiamo circe 900-1000 persone nel fine settimana, con un aumento nell’ultima settimana. Poi saremo in tournée fino a gennaio e speriamo che si sparga la voce!
Perché hai deciso di osare in un terreno così insidioso come il Jesus Christ Superstar? Per una sfida professionale o più per un gesto passionale-altruistico del tipo “Voglio che anche chi non sa l’inglese goda dell’opera”?
Beh sai, questa cosa di fare i musicals in italiano fa parte della politica della Compagnia della Rancia. Anche se non fossi stato io il regista, la Compagnia lo avrebbe fatto lo stesso in italiano, proprio nell’ottica di fornire uno spettacolo fruibile anche alla fascia, come dire, più “bassa”. Però devo dire che anch’io, quando me l’hanno detto, sono rimasto un po’ così…insomma, io ho visto il film che avevo 11 anni e lo so davvero tutto a memoria, che è una delle cose che mi ha spinto a fare questo lavoro! Però devo dire che poi il punto è sempre come una traduzione viene fatta: in questo caso è stato fatto un lavoro molto certosino, al quale in parte hanno contribuito gli stessi attori durante le prove: ad alcuni dava fastidio cantare delle note alte con delle particolari vocali e quindi si è cercato di andargli incontro. In tutto questo c’è stato anche un controllo da Londra: Travaglio e Renzullo hanno spedito periodicamente le traduzioni… con poi la traduzione inglese della versione italiana!
Il significato del Jesus Christ 30 anni fa era diverso, il mordente era diverso. C’era la guerra del Vietnam e il film la mostrava in ogni angolo. Quanto s’è perso del mordente originale secondo te?
Io penso che se avessimo ambientato il tutto negli anni ’70 avremmo visto il tutto come una fotografia un po’ sbiadita. Ci siamo anche posti anche il problema di ambientarlo in una situazione di oggi un po’ drammatica, tipo l’Iraq, però sarebbe stata una cosa un po’ lontana da noi. Noi abbiamo voluto affrontare il tema dell’emarginazione: poi se li chiamiamo immigrati, ragazzi di borgata, prostitute, questo è indifferente, non ci siamo soffermati sul particolare. Abbiamo cercato di rappresentare una società molto vicina alla nostra ed è per questo che i ragazzi sono vestiti in un certo modo, come sono vestiti i giovani d’oggi. Credo che sia molto importante, perché permette al pubblico di identificarsi in quello che vede sul palcoscenico. La Maddalena per esempio: noi alle audizioni la cercavamo o slava o nigeriana, proprio perché simbolicamente sono i due popoli che più rappresentano la prostituzione di chi viene dall’Estero e viene da noi a cercare fortuna e poi si trova in questo giro.
Ecco, parliamo di audizioni. C’è un po’ un trend, dei giovani d’oggi aspiranti cantanti, ballerini, etc., di “volerci provare a ogni costo”, anche magari senza un’adeguata preparazione. Alle tue audizioni che tipo di candidati si sono presentati?
Noi abbiamo visto 533 persone per un cast di 20. Devo dire che la percentuale era bassissima, direi solo 4 o 5 che erano veramente stonati e negati. La maggior parte, però, aveva già avuto contatti con Jesus Christ Superstar, perché viene fatto da tantissimi gruppi e compagnie amatoriali. Quasi tutti nel Curriculum avevano questo spettacolo! Poi, certo, da qui ad avere un candidato giusto, a tutto tondo, come lo ricerchiamo noi, ovvero che abbia non solo il canto ma anche la recitazione e il ballo….ce ne passa!
Il tuo Giuda è un Giuda che mantiene il tratto della rabbia e Luttazzi è bravissimo a renderne le caratteristiche: la rabbia che deriva dalla lotta contro questo destino inevitabile che gli viene ordinato e imposto dall’alto. E’ Giuda, secondo te, un esempio dell’Eroe Tragico (inappagato)? A me vengono in mente Adelchi e Amleto, per esempio. Io intendo l’essere umano che si dibatte tra il suo animo e il suo dovere, la cui morte è liberazione. Che ne pensi?
Assolutamente si! Perché, tra l’altro, solo a un certo punto si rende conto di quanto tutto quanto sia stato tramato contro di lui… proprio perché lui all’inizio va contro Jesus, perché non capisce il motivo per cui non tiene fede al discorso che avevano avviato insieme…questo secondo l’ottica di Webber e Rice. E poi, si, in effetti la morte è liberazione, soprattutto il sacrificio di Cristo, che si immola per l’umanità, viene reso possibile grazie a lui, che lo tradisce. In fondo non viene visto come traditore, ma come liberatore, attivatore di un disegno. E anche la sua morte è una sorta di liberazione.
In questa crisi del settore dai budget mini e super-tagliati, come si fa a risparmiare? Dove si taglia per poter comunque garantire un prodotto di livello?
Bisogna ingegnarsi in tremila modi. I ragazzi innanzitutto hanno della paghe molto basse, soprattutto rispetto a qualche anno fa, nonostante abbiano una media di 30 anni. Difficoltà tantissime, ma io sono contento perché molti mi hanno fatto capire ai provini che, nonostante fossero consapevoli del tipo di paga, gli andava bene ugualmente… Sembrerà immodestia, ma volevano lavorare con me. Credo di aver seminato bene in questi anni, anche l’atmosfera che si è creata è molto bella: noi tutti i pomeriggi lavoriamo insieme, facciamo prove, correzioni, pulizia, proviamo i sostituti. Vedi, adesso siamo qui, all’autogrill accanto al Forum, abbiamo fatto una matinée con due sostituti, siamo stanchi, ovvio, ma siamo qui, tutti sorridenti, anche se assonnati. Per tagliare…eh, bel problema… beh, si cerca, con le scelte, di andare incontro a questa necessità! Per esempio, ho evitato una scenografia con dei cambi scena che rappresentassero gli ambienti distinti. Questo è stato funzionale dal punto di vista economico ma anche stimolante dal punto di vista delle luci, perché il dover rappresentare i vari ambienti usando solo le luci, in effetti mi ha stimolato moltissimo! Poi con la costumista, nell’ottica di fare costumi per un gruppo di emarginati, abbiamo evitato le sartorie teatrali…e quindi lei è andata per mercatini, negozietti dell’usato… e ha speso pochissimo!!Gli attori tra l’altro sono tanti, ognuno ha un cambio, i sostituti hanno tutti un loro costume, eppure siamo stati bravi a tagliare sui costumi. E poi, tutti ci accontentiamo, anche con le paghe, io stesso.
Noi siamo lontani anni luce dal modello del musical di Broadway e di Londra. Al di là dei soldi, cosa ci manca davvero per fare il grande salto? Pensi che sia il mood del nostro pubblico che è diverso o è solo una questione di tradizione e cultura?
E’ questo certamente, unito anche a un diverso sistema sociale, politico ed economico. Loro stanno fermi a lungo e il pubblico va, il pubblico si sposta da altre città per andare a vedere il musical. E’ un pò l’evento, l’attrazione, che attrae anche i turisti. Qui da noi, se vengono a Roma, vanno a vedere il Colosseo, non lo spettacolo! Poi c’è il problema della lingua. Oltre a questo c’è un discorso culturale che però piano piano sta cambiando, anche gli interpreti stanno cambiando. All’inizio, nessuno credeva che in Italia ci fossero persone in grado di cantare, ballare e recitare. E poi anche il pubblico che, devo dire, sta accorrendo sempre più numeroso. E’ chiaro che essendo spettacoli con apparati scenici di un certo livello, richiedono biglietti dal prezzo un po’ più alto. A noi questa cosa del biglietto costoso ci spaventa… io quando vado a Londra o Broadway spendo tantissimo. Lì si spende, qui invece il pubblico è restio…ma sai perché? Perché poi non si trova la cosa all’altezza, di qualità, ma la trova magari raffazzonata, che poi è quella che rovina il mercato. Noi cerchiamo di fare un prodotto di qualità, anche senza portare in scena grandi nomi. Anche se a volte devi andare incontro alle esigenze di botteghino e il “nome” lo devi portare.
Attore (“A Chorus line”) ma anche coreografo (ha firmato lavori importanti come “Sette spose per sette fratelli”, “Hello Dolly!” “Pinocchio”, “The Producers”), è ora il regista del musical Jesus Christ Superstar, portato in scena dalla Rancia per la prima volta completamente in italiano. Come regista ha già diretto “Rent”, “Bulli e Pupe” e “Nunsense”.
8 novembre 2006 – Fabrizio mi concede una piacevole chiacchierata al termine di una matinée, durante la pausa pranzo all’autogrill accanto al Teatro della Luna.
Da quest’anno anche in Italia sono state introdotte le previews e proprio Jesus Christ Superstar ne ha testato per la prima volta l’efficacia: come hai vissuto questa innovazione? Quanto hai aggiustato il tiro grazie alle previews?
Beh, diciamo che è stato un bene che ci siano state ma è stato anche un po’ un cappio al collo, perché comunque, a un certo punto, pronti o non pronti, il pubblico c’era! Diciamo che avrei voluto arrivarci con delle prove in più. Però contemporaneamente è stato importante noi abbiamo continuato a lavorarci nel pomeriggio e mettere a punto tante cose… aggiustare luci, suoni, lavorarci su con gli attori per mettere a posto delle cose. Devo poi dire che persone e colleghi che sono tornati a vedere lo spettacolo dopo la prima preview, hanno notato non dei cambiamenti, ma comunque lo spettacolo più “stretto”, più corposo, più messo a punto.
Bilancio di questo Jesus Christ. Aspettative centrate o in parte disilluse? E l’umore del pubblico su un caposaldo del genere?
L’umore del pubblico l’abbiamo trovato molto buono. Naturalmente poi ci sono stati pareri diversi: più buoni, meno buoni, discordi, poi diventa anche una questione di gusto. In generale, c’è stato un grosso apprezzamento, soprattutto per il fatto di aver apportato un tono moderno, però con grosso rispetto per quello che era il lavoro originale, che poi era la nostra intenzione. Noi ci siamo avvicinati a questo lavoro con molta umiltà. Poi devo dire che il pubblico sta aumentando, abbiamo circe 900-1000 persone nel fine settimana, con un aumento nell’ultima settimana. Poi saremo in tournée fino a gennaio e speriamo che si sparga la voce!
Perché hai deciso di osare in un terreno così insidioso come il Jesus Christ Superstar? Per una sfida professionale o più per un gesto passionale-altruistico del tipo “Voglio che anche chi non sa l’inglese goda dell’opera”?
Beh sai, questa cosa di fare i musicals in italiano fa parte della politica della Compagnia della Rancia. Anche se non fossi stato io il regista, la Compagnia lo avrebbe fatto lo stesso in italiano, proprio nell’ottica di fornire uno spettacolo fruibile anche alla fascia, come dire, più “bassa”. Però devo dire che anch’io, quando me l’hanno detto, sono rimasto un po’ così…insomma, io ho visto il film che avevo 11 anni e lo so davvero tutto a memoria, che è una delle cose che mi ha spinto a fare questo lavoro! Però devo dire che poi il punto è sempre come una traduzione viene fatta: in questo caso è stato fatto un lavoro molto certosino, al quale in parte hanno contribuito gli stessi attori durante le prove: ad alcuni dava fastidio cantare delle note alte con delle particolari vocali e quindi si è cercato di andargli incontro. In tutto questo c’è stato anche un controllo da Londra: Travaglio e Renzullo hanno spedito periodicamente le traduzioni… con poi la traduzione inglese della versione italiana!
Il significato del Jesus Christ 30 anni fa era diverso, il mordente era diverso. C’era la guerra del Vietnam e il film la mostrava in ogni angolo. Quanto s’è perso del mordente originale secondo te?
Io penso che se avessimo ambientato il tutto negli anni ’70 avremmo visto il tutto come una fotografia un po’ sbiadita. Ci siamo anche posti anche il problema di ambientarlo in una situazione di oggi un po’ drammatica, tipo l’Iraq, però sarebbe stata una cosa un po’ lontana da noi. Noi abbiamo voluto affrontare il tema dell’emarginazione: poi se li chiamiamo immigrati, ragazzi di borgata, prostitute, questo è indifferente, non ci siamo soffermati sul particolare. Abbiamo cercato di rappresentare una società molto vicina alla nostra ed è per questo che i ragazzi sono vestiti in un certo modo, come sono vestiti i giovani d’oggi. Credo che sia molto importante, perché permette al pubblico di identificarsi in quello che vede sul palcoscenico. La Maddalena per esempio: noi alle audizioni la cercavamo o slava o nigeriana, proprio perché simbolicamente sono i due popoli che più rappresentano la prostituzione di chi viene dall’Estero e viene da noi a cercare fortuna e poi si trova in questo giro.
Ecco, parliamo di audizioni. C’è un po’ un trend, dei giovani d’oggi aspiranti cantanti, ballerini, etc., di “volerci provare a ogni costo”, anche magari senza un’adeguata preparazione. Alle tue audizioni che tipo di candidati si sono presentati?
Noi abbiamo visto 533 persone per un cast di 20. Devo dire che la percentuale era bassissima, direi solo 4 o 5 che erano veramente stonati e negati. La maggior parte, però, aveva già avuto contatti con Jesus Christ Superstar, perché viene fatto da tantissimi gruppi e compagnie amatoriali. Quasi tutti nel Curriculum avevano questo spettacolo! Poi, certo, da qui ad avere un candidato giusto, a tutto tondo, come lo ricerchiamo noi, ovvero che abbia non solo il canto ma anche la recitazione e il ballo….ce ne passa!
Il tuo Giuda è un Giuda che mantiene il tratto della rabbia e Luttazzi è bravissimo a renderne le caratteristiche: la rabbia che deriva dalla lotta contro questo destino inevitabile che gli viene ordinato e imposto dall’alto. E’ Giuda, secondo te, un esempio dell’Eroe Tragico (inappagato)? A me vengono in mente Adelchi e Amleto, per esempio. Io intendo l’essere umano che si dibatte tra il suo animo e il suo dovere, la cui morte è liberazione. Che ne pensi?
Assolutamente si! Perché, tra l’altro, solo a un certo punto si rende conto di quanto tutto quanto sia stato tramato contro di lui… proprio perché lui all’inizio va contro Jesus, perché non capisce il motivo per cui non tiene fede al discorso che avevano avviato insieme…questo secondo l’ottica di Webber e Rice. E poi, si, in effetti la morte è liberazione, soprattutto il sacrificio di Cristo, che si immola per l’umanità, viene reso possibile grazie a lui, che lo tradisce. In fondo non viene visto come traditore, ma come liberatore, attivatore di un disegno. E anche la sua morte è una sorta di liberazione.
In questa crisi del settore dai budget mini e super-tagliati, come si fa a risparmiare? Dove si taglia per poter comunque garantire un prodotto di livello?
Bisogna ingegnarsi in tremila modi. I ragazzi innanzitutto hanno della paghe molto basse, soprattutto rispetto a qualche anno fa, nonostante abbiano una media di 30 anni. Difficoltà tantissime, ma io sono contento perché molti mi hanno fatto capire ai provini che, nonostante fossero consapevoli del tipo di paga, gli andava bene ugualmente… Sembrerà immodestia, ma volevano lavorare con me. Credo di aver seminato bene in questi anni, anche l’atmosfera che si è creata è molto bella: noi tutti i pomeriggi lavoriamo insieme, facciamo prove, correzioni, pulizia, proviamo i sostituti. Vedi, adesso siamo qui, all’autogrill accanto al Forum, abbiamo fatto una matinée con due sostituti, siamo stanchi, ovvio, ma siamo qui, tutti sorridenti, anche se assonnati. Per tagliare…eh, bel problema… beh, si cerca, con le scelte, di andare incontro a questa necessità! Per esempio, ho evitato una scenografia con dei cambi scena che rappresentassero gli ambienti distinti. Questo è stato funzionale dal punto di vista economico ma anche stimolante dal punto di vista delle luci, perché il dover rappresentare i vari ambienti usando solo le luci, in effetti mi ha stimolato moltissimo! Poi con la costumista, nell’ottica di fare costumi per un gruppo di emarginati, abbiamo evitato le sartorie teatrali…e quindi lei è andata per mercatini, negozietti dell’usato… e ha speso pochissimo!!Gli attori tra l’altro sono tanti, ognuno ha un cambio, i sostituti hanno tutti un loro costume, eppure siamo stati bravi a tagliare sui costumi. E poi, tutti ci accontentiamo, anche con le paghe, io stesso.
Noi siamo lontani anni luce dal modello del musical di Broadway e di Londra. Al di là dei soldi, cosa ci manca davvero per fare il grande salto? Pensi che sia il mood del nostro pubblico che è diverso o è solo una questione di tradizione e cultura?
E’ questo certamente, unito anche a un diverso sistema sociale, politico ed economico. Loro stanno fermi a lungo e il pubblico va, il pubblico si sposta da altre città per andare a vedere il musical. E’ un pò l’evento, l’attrazione, che attrae anche i turisti. Qui da noi, se vengono a Roma, vanno a vedere il Colosseo, non lo spettacolo! Poi c’è il problema della lingua. Oltre a questo c’è un discorso culturale che però piano piano sta cambiando, anche gli interpreti stanno cambiando. All’inizio, nessuno credeva che in Italia ci fossero persone in grado di cantare, ballare e recitare. E poi anche il pubblico che, devo dire, sta accorrendo sempre più numeroso. E’ chiaro che essendo spettacoli con apparati scenici di un certo livello, richiedono biglietti dal prezzo un po’ più alto. A noi questa cosa del biglietto costoso ci spaventa… io quando vado a Londra o Broadway spendo tantissimo. Lì si spende, qui invece il pubblico è restio…ma sai perché? Perché poi non si trova la cosa all’altezza, di qualità, ma la trova magari raffazzonata, che poi è quella che rovina il mercato. Noi cerchiamo di fare un prodotto di qualità, anche senza portare in scena grandi nomi. Anche se a volte devi andare incontro alle esigenze di botteghino e il “nome” lo devi portare.