Il direttore organizzativo del Teatro Stabile di Torino traccia un identikit dello Stabile di Torino, alla sua seconda stagione come Teatro Nazionale.
Trascorse poche settimane dalla nomina a presidente della neonata Federazione dello Spettacolo dal Vivo e dopo aver presentato la stagione 2016/2017 del Teatro Stabile di Torino, Filippo Fonsatti illustra a Teatro.it tutte le funzioni che un Teatro Nazionale è chiamato a svolgere, facendo riferimento, con piena soddisfazione, agli obiettivi raggiunti nel corso della stagione appena conclusa e all’importanza del rapporto tra il teatro, il pubblico e gli artisti.
In veste di direttore organizzativo, secondo lei quest’anno il pubblico come ha recepito l’offerta della stagione appena trascorsa, con particolare riferimento alle novità introdotte dal Ministero?
Per quanto ci riguarda, non è stata una “rivoluzione copernicana”, perché il Teatro Stabile di Torino possedeva già tutti i requisiti. Il pubblico ha reagito benissimo. Io posso solo dire che due allestimenti importanti dal punto di vista dell’investimento produttivo e della tenitura – Amleto a Gerusalemme e La morte di Danton – non si possono definire “spettacoli di repertorio”, ma hanno registrato un’adesione del pubblico straordinaria, segnando il fatto che gli spettatori ci seguono e riescono a interpretare le nostre proposte.
Cosa si può ancora fare per venire incontro alle istanze del pubblico?
Cerchiamo di adempiere a tutte le funzioni che un Teatro Nazionale svolge, al di là di quella più evidente, ossia proporre spettacoli. Il nostro è un teatro che cresce, su tutti i fronti; a livello internazionale, ad esempio, grazie alle ambizioni del Festival Torinodanza; la Scuola per attori è finanziata dal Fondo sociale europeo; per quanto riguarda la partecipazione, in un anno il pubblico del Teatro Stabile di Torino è cresciuto del 19%, percentuale che raggiunge il 24% se si considerano gli incassi e la bigliettazione. Un elemento che ci legittima e che, tutto sommato, giustifica un intervento pubblico molto forte.
Lei è stato nominato presidente della nuova Federazione Spettacolo dal Vivo, che raggruppa tutti gli enti e le associazioni del settore a livello nazionale, e opererà in accordo con l’Agis. Come si inserisce nel panorama artistico-istituzionale attuale questo nuovo organismo?
C’è una sfida all’orizzonte che è quella di scrivere il codice dello spettacolo dal vivo. La penna l’avrà in mano, metaforicamente, il ministro, il quale è giusto che abbia un contatto diretto con una rappresentanza qualificata, ristretta e proattiva del mondo dello spettacolo dal vivo. La Federazione cercherà di interpretare le esigenze e i fabbisogni della base associativa (teatri di tradizione, orchestre sinfoniche, compagnie di prosa e danza) per contribuire a disegnare il panorama normativo, contrattuale e finanziario che dovrà regolare lo spettacolo dal vivo nei prossimi anni, garantendone il rilancio.
“Storie su misura” è il claim della stagione 2016/2017 dello Stabile di Torino. Perché questa scelta?
Un teatro non deve essere autoreferenziale, ma mettersi a disposizione, guardando agli spettatori, agli autori e agli artisti, e quindi su misura per loro.
Nel frattempo, è stata presentata l’edizione 2016 del Festival Torinodanza, in scena dal 6 settembre al 3 novembre, sotto la direzione di Gigi Cristoforetti, ed è ancora Fonsatti a ricordare che "oggi lo Stabile è il secondo Teatro Nazionale nelle assegnazioni ministeriali, grazie anche a questa eccellenza, il primo tra i festival disciplinari sostenuti dal Fondo Unico per lo Spettacolo: un risultato significativo che testimonia la sua centralità nel panorama italiano e internazionale".