Dopo 30 anni, l’attore romano torna a vestire i panni del timido e impacciato commesso protagonista de "La piccola bottega degli orrori”. E si mostra ottimista sullo stato di salute del teatro italiano.
Vederlo 30 anni dopo di nuovo nei panni di Seymour Krelborn, il timido e impacciato commesso, protagonista de La piccola bottega degli orrori, rende lecito chiedersi se sia possibile ripetere l’esperienza con Grease…
“Un Danny Zuko di qualche anno dopo, dai. Tutto è possibile”. Giampiero Ingrassia esprime soddisfazione ai microfoni di Teatro.it, dopo aver terminato alla Sala Umberto di Roma le repliche della nuova edizione italiana del musical di Howard Ashman e Alan Menken, con la regia di Piero Di Blasio.
Come hai lasciato questo personaggio e come lo hai ritrovato dopo 30 anni?
La piccola bottega degli orrori è stato il mio primo musical e la prima produzione della Rancia: 30 anni fa il mio approccio al personaggio si è basato solo sull'interpretazione cinematografica di Rick Moranis e sulle indicazioni di Saverio Marconi. Inoltre, avevo 30 anni in meno di esperienza; adesso che l’esperienza non mi manca, ho una consapevolezza maggiore e affronto il personaggio in una modalità più matura e molte persone che hanno visto anche la prima edizione me lo confermano.
Come hai reagito quando ti è stato riproposto questo ruolo?
Veramente la proposta l’ho fatta io! Lo spettacolo Non mi hai più detto ti amo, con Lorella Cuccarini, non si sarebbe più fatto, perché lei nel frattempo aveva preso un impegno televisivo con La vita in diretta; dunque, un pomeriggio, al termine della conferenza stampa per la nuova stagione del Teatro Brancaccio, si parlava con il regista Piero Di Blasio e con la Produzione e io ho detto: 'Scusate, se a voi sta bene, io Seymour lo faccio volentieri’. Loro pensavano che stessi scherzando, ma il giorno dopo mi hanno richiamato entusiasti.
Anche il vostro, come altri spettacoli con debutto previsto in autunno, era in fase di allestimento quando è successo che Manuel Frattini ci ha lasciato: te la senti di ricordarlo?
Certamente! Noi stavamo provando ed è stato scioccante per tutti, perché è successo tutto in maniera repentina. Io ho detto “Devo andare a Milano a salutarlo, spostiamo la giornata di pausa”; così una piccola delegazione della nostra compagnia ha partecipato al funerale.
Devo dire che, a parte la grande dimostrazione di affetto per Manuel, per la prima volta io ho sentito un senso di profonda unione tra i professionisti del musical: ci si consolava a vicenda, anche tra gente che normalmente non si sopporta, ed è stato un momento taumaturgico. Poi, per qualche giorno, il clima durante le prove non era più lo stesso: non ci andava più di scherzare. Ma Manuel è rimasto sempre con noi, infatti nella scenografia dello spettacolo, su una mensola del negozio di Mushnik, è presente un Pinocchio di legno.
Quale può essere il messaggio della ‘Piccola bottega degli orrori’ oggi, in un momento in cui cantare ‘Non nutrire le piante’ può essere considerato impopolare?
Dipende da cosa rappresenta la pianta e, in questo caso, incarna il potere nel senso più becero del termine, quindi il significato della canzone diventa ‘Non alimentate le cose brutte’; non fidatevi della gente che fa promesse e poi non le mantiene oppure le soddisfa a caro prezzo. Seymour non è neanche colpevole, è una sorta di ignavo: in realtà, lui non uccide nessuno, ma permette che la pianta uccida.
La piccola bottega tornerà nella stagione 20/21, ma nel frattempo, tu tornerai sul palcoscenico con un nuovo progetto, ancora in coppia con il tuo sodale Gianluca Guidi: cosa puoi anticipare?
Lo spettacolo si intitola Maurizio IV ed è nato da un’esigenza mia e di Gianluca Guidi di tornare a lavorare insieme dopo Taxi a due piazze e Serial killer per signora. Cercavamo un testo, ne abbiamo letti alcuni, finché abbiamo chiesto al drammaturgo Edoardo Erba di scriverne uno “cucito” su di noi. E così lui ha fatto. Sarebbe stato più facile portare a teatro una farsa per far ridere il pubblico, ma questo in realtà è uno spettacolo agrodolce, con alcuni risvolti brillanti: è la storia di un regista che deve portare in scena una pièce di Pirandello e sta aspettando il tecnico – interpretato dal sottoscritto – per cominciare l’allestimento. Il datore luci scombussolerà le idee del regista, fino a un rovesciamento dei ruoli.
Viaggiando in tournée quasi tutto l’anno, secondo te, qual è lo stato di salute del teatro in Italia?
Io dico sempre che il teatro è vivo e vegeto, nonostante la crisi. Io giro i teatri di tutta Italia (grandi, piccoli, moderni, di tradizione) e percepisco tanta voglia di frequentare il teatro da parte del pubblico. Ci sono tantissimi attori, registi e molti autori che scrivono per il teatro e questo è fondamentale: finché c’è una storia da raccontare e qualcuno che la vuole ascoltare, il teatro esisterà.