Torna sui nostri palcoscenici con una commedia brillante e riprende un film straordinario, Prima Pagina, interpretato dalla mitica coppia Jack Lemmon-Walter Matthau. Sarà al Teatro Ciak di Milano dal 20 febbraio al 4 marzo, ma il tour continua per l’Italia. L’ottimo adattamento di Edoardo Erba si unisce alla regia di Francesco Tavassi, le scenografie di Alessandro Chiti e, sul palco, il partner Bruno Armando e gli altri compagni di ventura: Roberto Tesconi, Corinna Lo Castro, Fausto Scialappa, Jean Marie Ferry e Mimmo Mignemi. GianMarco Tognazzi ha una faccia da simpatico strafottente, gli occhi che trafiggono e un aspetto inquietante.
Quale personaggio ti sei ritagliato?
Sono sempre Lennon, come in “A qualcuno piace caldo”. E’ casuale, però. Nell’equilibrio di logica non si poteva fare diversamente: essendo Bruno Armando più grande di me, è più logico che lui faccia il reporter. Inutile forzare la mano. Uno, un pezzo così, lo fa indipendentemente dalla grande interpretazione precedente. Il testo è talmente bello e preciso che si interpreta con poche caratterizazioni, anche se l’abbiamo ambientato una diecina d’anni dopo, nel ’35-’38, mentre l’originale è del ’28. Ma la nevrosi è simile a quella dei giorni nostri, senza discostarsi troppo dall’obiettivo e calcare la mano sul grottesco e sulle situazioni della commedia. Perché, a differenza del cinema che può giocare sui primi piani, sulla misura, in teatro devi pensare a farti vedere e capire fino alle ultime file. Il modo di recitare è ben diverso.
Vorresti proporti per il cinema, con questo testo?
No, non farei un remake cinematografico, il confronto non mi piacerebbe. Già a me non piacciono i remake al cinema, poi voglio dire… Stiamo parlando di un film di Billy Wilder! Non ci sarebbe solo da ripetere le recitazioni di Jack Lemmon e Walther Matthau, ma anche QUELLA regia. Comunque, per ora la commedia teatrale ha dimostrato di piacere moltissimo e francamente riprendere un bel testo, mai allestito da anni, è stato un vero piacere. A sorpresa, forse, si scopre che ci ha permesso di riprendere argomenti come la pena di morte e il sensazionalismo dello scoop, per dirne un paio.
Come l’avete messo in scena?
La commedia originale era in 3 atti ed era una critica contemporanea al giornalismo dell’epoca, negli Stati Uniti. Noi abbiamo fatto una versione usando il testo originale, ma ci siamo ispirati al film di Wilder per rendere la commedia teatrale appassionante e divertente.
Non ti piace proprio recitare testi classici?
E’ vero, non mi sbilancio recitando in ruoli classici. Non mi sentirei di fare un bel servizio né al teatro né agli spettatori né a me stesso. Non interpreto i personaggi di Shakespeare o la tragedia greca ma posso offrire una buona rappresentazione. Comunque, se avessi un pubblico della mia generazione che apprezzasse la mia volontà di fare il genere classico senza cadere nel vuoto, potrei farlo. Ma i miei coetanei ignorano il classico.
Sei sicuro?
Succede che molti giovani ritengano che una battuta sia prosa e che le cose culturali siano rotture di scatole. Credo che tramandare la cultura del cinema, del teatro, della letteratura sia un dovere dello Stato, per fare in modo che esista una formazione. Bisognerebbe rinforzare la conoscenza delle nostre arti in generale, fare in modo che rimanga un tramando generazionale. Le arti non dovrebbero essere ignorate dal mercato, che rende i gusti della gente sempre più beceri. Ma questa è un’analisi ovvia. La cultura e l’arte sono un nostro patrimonio. E’ logico che anche il mercato abbia i suoi spazi, ma a livello di formazione non si dovrebbe far prevalere la moda del momento. La gente, con la tv, è abituata alle battute ad effetto e non capisce la prosa. Poi, oggi, il teatro è teatro, cabaret, one-man-show o televisione portata a teatro? Smuovere la gente da casa non è facile… E a Milano arrivo durante il carnevale e il Festival di Sanremo! Una follia.
Ma restano le tue commedie piacevolissime. Ti diverti?
E’ stato bello fare “A qualcuno piace caldo”, ci siamo messi alla prova per verificare se potevamo confrontarci col canto e il ballo in una commedia musicale che, però, è stata una delle più famose d’America. Dopo aver recitato in “Closer”, invece, ci sono teatri dove non posso più entrare perché il linguaggio, molto forte, ha fatto credere a della gente che il testo fosse mio. Se lo pronunciavo, secondo loro, ne ero l’autore, non so bene. Ma sono contento di essere stato tanto credibile da farlo credere. Mi inorgoglisce.
Ti senti di fare un bilancio?
Io sono onesto. Ho la volontà di mediare il teatro e, dopo 16 anni che lo faccio, ho più possibilità di essere prodotto e che il mio lavoro porti risultati. Perché lo faccio con amore, costanza, affetto. Queste le ragioni per cui porto in grandi tour commedie come “Prima Pagina, Il Rompiballe e altre. Non solo assecondo il pubblico, ma lo sollecito. Dopo il mio primo debutto in palcoscenico con Alessandro Gassman in Uomini senza donne, dove dei ragazzi parlavano di ragazze, ho partecipato a Testimoni, dove si ragionava sulla necessità di esporsi davanti a tutti. Ho trattato argomenti ben diversi tra loro.
In futuro?
Anche la prossima avventura sarà una scelta imprevedibile e andrò giù pesante con qualcosa che negli ultimi 15 anni ha cambiato la nostra vita. Mi piace divertire ma anche dare un cazzotto, fare cose più provocatorie. Le scelte vengono dalla mia volontà di cambiamento, anche se cerco sempre di accontentare il pubblico. Prendo più rischi, ma non ho mai provocato gratuitamente. Chissà se in avvenire potrò interpretare testi classici… Ma, oggi come oggi, porterei in tour Prima Pagina e Il Rompiballe anche per 3 o 4 anni, potendo. Non dipende solo da noi: ci vuole la promozione, il sostegno di varie entità, tante cose. Con Gassman siamo riusciti spesso a far venire gente che di solito non ci viene mai, a teatro.
A proposito: sei ancora amico con Alessandro Gassman?
Ci vediamo e ci sentiamo abitualmente, anche perché c’è sempre l’attesa di lavorare di nuovo assieme, specialmente da parte mia, devo dire (comincia a ridacchiare). Ma è peggio per lui, io vorrei tanto migliorare il suo livello qualitativo, oltre che estetico, ma a lui basta il successo commerciale, a quanto pare. Quando avrà bisogno di me, chissà se ci sarò ancora (e ride di più, allegro).
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