E' sold out da settimane. Per cui mettetevi il cuore in pace e aspettate la prossima data. Con calma però: Cesare Picco suona al buio una, massimo due volte all'anno. E non è detto che lo faccia in Italia. Giovedì 10 ottobre si esibirà al Teatro dal Verme a Milano con "Blind Date", una serata a ingresso libero con donazione a favore di CBM Italia Onlus, organizzata per la Giornata Mondiale della Vista.
Un’esperienza particolare e straordinaria: un viaggio d’improvvisazione musicale ideato e creato dal pianista-compositore di fama internazionale, che si basa sulla semplice eppure magica formula luce-buio-luce: gli spettatori vengono accolti in sala dalla penombra, che lascia il posto a inizio concerto al buio totale, e dopo mezz’ora la luce torna pian piano in sala.
Nel 2009 il primo "Blind Date" al "fu"Teatro Smeraldo di Milano. Ricordo che dicesti che il concerto al buio è un'esperienza da fare pochissime volte. E' andata effettivamente così?
Continuo a pensarlo, anche se ognuno ha un concetto personale di "poco e tanto". Proseguo sulla linea di non svalutarlo e di non svalutare la mia capacità di sorpresa e di sorprendermi. Se dovessi pensare di farne 4 o 5 di fila - pensando soprattutto all'impegno straordinario fisico e mentale che ci vuole - non ce la potrei mai fare. Un concerto così non è routine, non può e non deve diventarlo. Dal 2009 ne ho fatti massimo una decina, tra cui Giappone, Svizzera, Firenze, Roma e a Milano l'anno scorso nella stessa occasione della Giornata Mondiale della Vista. Quest'anno ho accettato di buon grado di rifarlo, perchè sono diventato ambasciatore CBM e credo che per Milano sia un appuntamento interessante.
Direi. Non si trova più un biglietto.
Siamo davvero piacevolmente stupiti: è tutto sold out da due settimane e.., senza uscite stampa. Numeri di rilievo, se pensiamo alla situazione di crisi italiana, anche nel nostro settore. Se pensiamo che in sala saranno presenti 1500 persone, a cui sommare le centinaia che non hanno trovato posto, il tutto porta a ragionare su quanta gente ci sia disposta a sentire musica improvvisata. Non essendo una proposta per così dire "popolare", dimostra che esiste un pubblico desideroso di recepire un qualcosa di diverso.
Che preparazione, quali riti, prima di "Blind Date"?
E' un concerto che si fa all'80% con la meditazione e con la testa, più che con le mani. Serve una grande concentrazione: le due ore prima voglio silenzio totale, e voglio intorno solo le persone che non mi diano fastidio....non ho bisogno di stare da solo a tutti i costi. Devo arrivare sul palco puro come l'acqua: questo concerto è visualizzazione pura, non sono brani uno dietro l'altro, con pause. Io decido, faccio, disfo. E il pubblico si deve fidare di me.
Qual è la difficoltà vera, per te?
Le difficoltà cambiano di volta in volta, così come cambia il mio modo di improvvisare la musica. Quello che mi esce delle dita non è quello che è uscito l'anno prima. E poi, molto lo fa lo strumento: l'incontro col pianoforte, che è sempre diverso, impatta tantissimo. Ovviamente, vivo anche io la paura: perdo i punti di riferimento, non so dove sono fisicamente... fino a che arrivo al momento in cui decido di buttarmi, di perdermi. Non ho bisogno di vedere le mani, perchè posso far fluire la musica senza più vedere, agendo con altri sensi. Il punto nodale è che nell'improvvisazione, il difficile non è partire: il difficile è tornare a casa. E' come un romanzo: trovare un bell'incipit è facile...il difficile è sviluppare i personaggi e trovare l'ultima pagina che abbia un senso. Per me, con Blind Date, è lo stesso.
Momento backstage. Cosa succede, tecnicamente, per garantire la riuscita del concerto al buio?
Innanzitutto, bisogna mettere in sicurezza il teatro: tutte le luci devono essere spente e di conseguenza gli organi preposti alla sicurezza devono accettare questa cosa e devono trovare le procedure idonee. Poi, le maschere vengono istruite a dovere e vengono fornite di pila: per qualsiasi problema di aiuto che dovesse arrivare dal pubblico, tutto quanto viene risolto in pochissimi secondi.E' un lavoro di produzione pazzesco: bisogna coprire tutte le fonti luminose, i LED, le luci del retropalco. E molti teatri, soprattutto all'estero, non te lo concedono, perchè per legge non è fattibile.
Problemi, sinora?
E' successo solo una volta a Firenze che uno spettatore abbia voluto uscire, perchè colto da panico. Ho sentito una sensazione di nervosismo provenire dal pubblico. Ma io quasi non me ne sono accorto.
Mai un maleducato col cellulare?
E' un guinness dei primati: non ho mai sentito suonare un cellulare! Il vantaggio di questo concerto - ed è uno degli aspetti che mi piace di più - è che tutte le persone, nessuna esclusa, vengono volontariamente a questo concerto in modo scientifico, sono preparate e sanno cosa si aspettano: difficilmente trovi uno che si trova lì per caso. Si parte con un'idea precedente di vivere assieme un'esperienza. E c'è un patto col pubblico: vigono le stesse regole, pochissime ma perfette. Per cui, nessuno ha un orologio con le lancette fosforescenti.
Qual è il vero valore di "Blind Date"?
E' il potersi abbandonare. Siamo quasi costretti a non doverci mai lasciare andare: nelle relazioni sociali, nell'amore, nel lavoro, con gli amici. Blind Date è un momento veramente da vivere in maniera personale. Il pubblico passa i primi minuti a capire...e in dieci minuti si arriva al buio totale. E' lì che c'è la "botta": non puoi far altro abbandonarti. Dimentichi le persone che hai intorno, che è un meccanismo che nel teatro normale non avviene. E hai, finalmente, una mezz'ora a tua disposizione.