Dopo aver girato con le mani tese mezza Italia, Diego Parassole torna al piccolo teatro meneghino La scala della vita per partecipare alla, ormai tradizionale autunnale rassegna comica curata da Alessandra Faella. Ci siamo incontrati con l’attore, da sempre impegnato nelle problematiche della sostenibilità verso l’ambiente per parlare dell’ecologia, del cibo - il suo argomento preferito - e anche della sopravvivenza.
A proposito del cibo, racconta della tua ultima collaborazione con Mani Tese.
«E’ stata un po’ un tour de force con tanti spettacoli, incontri e interviste. L’iniziativa è stata promossa da Mani Tese, associazione che da anni combatte la fame e gli squilibri tra Sud e Nord del mondo, con l’idea di sensibilizzare le persone al tema della sovranità alimentare. Detto così, suona un po’ ampolloso. In realtà, si tratta del diritto di tutti di poter scegliere cosa mangiare. Una cosa che, nel nostro mondo dominato dai colossi agro-alimentari, non va data assolutamente per scontata. Probabilmente, vista la mia grande propensione per gli argomenti legati al cibo e il mio smisurato amore per le multinazionali, sono stato scelto per realizzare assieme alla bravissima cantante jazz Cinzia Tedesco e alla non meno brava artista Rosalba Falzone uno spettacolo che abbiamo chiamato “Quando mangio mi sento un Re”. Dal 4 al 16 ottobre abbiamo girato per tutta l’Italia, da Catania a Milano, passando per Verbania e Mestre, raccogliendo fondi, facendo firmare la petizione a sostegno della dichiarazione europea per la sovranità alimentare, ma soprattutto invitando la gente a riflettere su molte cose, tra cui la bontà del cibo che si mangia. La petizione, fra l’altro, è tuttora scaricabile dal sito di Mani Tese».
Perché hai scelto come temi l'ecologia e l'ambiente?
«Mi sono sempre sentito molto vicino alla natura, soprattutto agli animali. Se non avessi avuto un improvviso colpo di fulmine per il teatro, oggi, probabilmente sarei stato un veterinario di successo».
Non sono gli argomenti facili da proporre al pubblico e, soprattutto, penso che si faccia fatica a trovare qualcuno che li finanzi.
«Ebbene sì. Ormai la vita di noi cabarettisti, nella maggior parte dei casi, dipende dalla bontà degli sponsor. Figuriamoci se una multinazionale può accogliere con piacere la proposta di sovvenzionare uno spettacolo che invita a ridurre i consumi o a inforcare la bici per inquinare di meno. Probabilmente, me la passerei meglio facendo ridere e basta. Ma mi è sempre piaciuta l’idea di sfruttare la leva del comico e del grottesco anche per fare pensare la gente, per farla riflettere sui piccoli gesti quotidiani dai quali, in fin dei conti, dipende il futuro del mondo in cui viviamo».
Uno dei temi importanti che tratti è il consumo consapevole. Che ne dici del famoso spot sull’economia che gira, la cui frase è diventata ormai un aforisma?
«E' evidente che gira nel verso sbagliato. A furia di farla girare, tra poco non avremo più niente da consumare. Continuo a ripeterlo durante i miei spettacoli: non si può sperare di andare avanti con l'economia che si basa sulla produzione di prodotti usa e getta. E' anche il motivo per cui prendo in giro i saldi e le offerte dei supermercati. Al punto in cui ci troviamo dobbiamo sicuramente rivedere il nostro modo di comprare diventando più critici nei confronti della pubblicità e razionali verso noi stessi».
E tu che tipo di consumatore sei?
«Anch’io, a poco a poco, da consumatore compulsivo mi sto trasformando in uno consapevole. Mi rendo conto che non sempre mi riesce, ma continuo a insistere. Anche per quel che riguarda la carne. Per ora non sono un vegetariano, lo confesso, ma quando penso alle condizioni degli allevamenti e ai danni che quelli provocano, credo che prima o poi lo diventerò».
Tu, che critichi tanto McDonalds, ci vai ogni tanto?
«Come no! L’ultima volta ci sono andato per comprare qualche oggetto per allestire lo spettacolo»
A La Scala della Vita cosa porti?
«"I consumisti mangiano i bambini". Per ora è il mio spettacolo preferito perché è stato anche un grande lavoro di ricerca e, personalmente, mi ha arricchito molto. Vi trattiamo argomenti sui quali non si può sgarrare, che non possono essere inventati altrimenti si rischia di sfiorare la calunnia. I temi, seppur presentati in modo ironico e paradossale, sotto certi versi sono angoscianti. Ma è giusto che le persone comincino a informarsi - come ho fatto anche io - per capire da che parte sta la verità, di chi fidarsi nelle proprie scelte alimentari e non solo».
Progetti?
«A marzo debutterò al Teatro della Cooperativa con un nuovo spettacolo “Saldi di fine futuro” che assieme a “Che Bio ce la mandi buona” e “I Consumisti” completerà la mia “Trilogia della sopravvivenza”. Se volete sopravvivere in futuro, vi invito a venirlo a vedere con tutta la famiglia, nonni, vicini, baby-sitter e amanti compresi».
Cosa vorresti augurare ai nostri lettori?
«Vorrei che accettassero il momento di crisi come l’opportunità per sprecare meno denaro, e che grazie al loro consumo consapevole il significato di “stare al verde” riacquisisse il suo vero significato naturalistico...»