“Eclisse Totale” - spettacolo in programma dal 29 novembre all’ 8 dicembre 2013 al teatro San Babila di Milano - riporta in scena, insieme, Ivana Monti e Cochi Ponzoni, due veri mostri sacri del palcoscenico inteso in tutte le sue sfaccettature, dalla prosa più leggera al testo di teatro civile più impegnato. "Eclisse Totale" è uno spettacolo che non può lasciare indifferenti. Sotto una patina di leggerezza, il testo di Pia Fontana, scritto più di dieci anni fa, nasconde spunti e situazioni di un’ attualità raggelante. Di questi spunti e di molto altro ho la fortuna di parlare direttamente con Ivana e Cochi prima dello spettacolo.
L'impressione lasciata dallo spettacolo, al di là dell' ironia e delle risate, non è affatto consolatoria. Parrebbe che per gli uomini e per la società in generale ci siano pochissime speranze...
Quando si fa una fotografia, si prende un momento particolare, un punto nel tempo e nello spazio. In “questo” momento l' autrice Pia Fontana ha cercato di mettere quanto più possibile. Ci sono tanti significati, tutti concentratissimi ed in una foto non sempre tutti i particolari vengono a fuoco ma certo molti punti sono presenti e comunque tutti punti molto veri. Di fatto non ci sono colpe da addurre. Formalmente è tutto a posto, formalmente la coppia sta insieme, formalmente l' altra coppia presente in scena, i due giovani, si rispetta e si desidera, è tutto in ordine. E però sentiamo che invece, sotto, c'è una vacuità che, se vogliamo, è anche la vacuità di un momento storico. Ma di un momento storico che forse è già passato: Pia è mancata dieci anni fa, il testo è di poco prima quindi il consumismo presente allora, oggi non esiste più ed è sostituito dalla crisi. Una crisi che comunque già nel testo è indicata, quasi presagita. Manca il cuore ? No, nei due personaggi c'è la capacità di riconoscere i problemi ( la crisi, i problemi di coppia legati al passato) E’ vero, ci può essere stata una vita”vanitosa”, come si può dedurre possa proprio essere stata quella dei personaggi interpretati da me e da Cochi, una vita di lussi sgravati volontariamente dal peso dei figli, ma entrambi consci - soprattutto lei - della terribile realtà di avere mancato ad un appuntamento della vita così importante. Però è come se ondeggiassero solo sulla superficie delle cose, senza mai andare a fondo.
I personaggi arrivano al pubblico filtrati attraverso la vostra interpretazione. Lei cosa pensa del suo personaggio ?
A me questa donna è piaciuta da subito! Appena ho letto il copione, ho detto “ E' mia !”. Fondamentalmente è ricca ed è la rappresentazione del ceto medio tipicamente milanese, in quanto la scrittura del testo è tipicamente milanese e quindi dà al personaggio quella fisicità e quella territorialità che lo rendono non vacuo ma ben piantato nella realtà e in un determinato modo di pensare concreto, modo di pensare che se vogliamo è tipico del nord. Un personaggio simile avrebbe fatto quello che hanno fatto i pugliesi fino ad ora ? Hanno accolto gli albanesi per anni, e a Lampedusa i siciliani hanno sfidato la legge per aiutare gli immigrati. Noi ci potremmo domandare: “Avremmo fatto lo stesso al loro posto” ? Sicuramente no... Non ci siamo passati, non si può dire ma io sono sicura di no. Tornando al personaggio, lo sforzo è stato di renderla più vera e più semplice possibile, anche attraverso l' intuizione, i gesti, i concetti lasciati apparentemente cadere e poi ripresi più avanti, qualche parola, poche, in milanese. Personaggio “reale” che lega con pubblico ma comunque anch'esso da “denunciare” in quanto sì vittima ma anche causa del suo male.
Nello spettacolo ci sono momenti e dialoghi veramente esilaranti portati avanti con naturalezza e freschezza. Quanto c'è di vostro in questi momenti e c'è spazio, sera dopo sera, per improvvisazioni o variazioni sul tema ?
Nessuna aggiunta o variazione, la naturalezza dei dialoghi esce spontanea. Io e Cochi abbiamo già recitato insieme e quindi c'è questa simpatia e questo “sentirci” senza nemmeno aver bisogno di guardarsi. Poi c' è la "milanesità" che ci lega, esperienze, conoscenze e frequentazioni comuni. Sono tutti particolari che non sono passati invano, fanno parte di un bagaglio non solo culturale ma anche fisico che riusciamo poi a trasmettere anche in scena. Da lì la naturalezza.
Cinema, teatro civile e della memoria, televisione, entrambi avete frequentato in tempi e modi differenti queste realtà. Con quale di queste si sente più a proprio agio ?
Beh, il teatro è casa mia, la mia aria, il mio corpo, la mia mente. C'è stato il cinema, è vero, e in televisione ho lavorato in Incantesimo, Distretto di polizia e Storia di Laura con Isabella Ferrari. Tutte esperienze importanti, così come particolarmente importante è stato Incantesimo, le cui dinamiche dei personaggi mi hanno preparata a poter rispondere alla chiamata di Andrèe Ruth Shammah per lo splendido Le Cose Sottili nell’ Aria di Massimo Sgorbani. Il testo era corrosivo e poneva delle domande molto forti ed intense, domande a cui io ero già però preparata e a cui ero già riuscita a rispondere. Altra cosa è il teatro civile, che porto in giro dai tempi con Andrea Barbato in poi, attraverso ricerche storiche di teatro e canto popolare che mi ha dato e mi sta dando tuttora grandissime soddisfazioni. Testi fondamentali per me sono “Mia Cara Madre” che partiva dal 1913 ed arrivava al 1945, quindi prima e seconda guerra mondiale fino alla liberazione, “Maria Goia E Il Delitto Matteotti” che va da fine ottocento, e quindi canti popolari del socialismo, fino alla morte di Matteotti nel 1924 e “Sebben Che Siamo Donne” che va dai moti del risorgimento alla costituente. Mi mancherebbe quel periodo di tempo che va dal dopoguerra fino ai giorni nostri o almeno fino al 1970, sarebbe molto interessante.
Quindi il teatro riesce ancora a catalizzare la passione civile del pubblico in modo attivo ?
A febbraio tornerò a Milano con "Elephant Man" su testo di Giancarlo Marinelli, un autore forte, pregno di carnalità e di cattiveria , di passioni che quasi non si usano più e che “sono” il teatro, con cui peraltro avevo già fatto “L’innocente”. Beh, a Messina, dopo una replica di "Elephant Man", la gente ci aspettò fuori dal teatro e ci pregò di non abbandonarli come se gli attori potessero influire in questo momento di obnubilamento. Il teatro è confronto, apre orizzonti mentali sia immaginifici che storici e in quanto tale andrebbe sostenuto più attivamente in ogni modo possibile.
C’è un testo particolare che sogna, magari da tempo, di portare sul palcoscenico ma ancora non ne ha avuto la possibilità o l’ occasione ?
Fino a poco tempo fa, benchè avessi già parlato della città su altri miei scritti, avevo il sogno di dedicare e di portare in scena qualcosa su Milano. Ora però non è più così urgente, trovo che sia più importante qualunque cosa si sia chiamati a fare secondo la propria coscienza civile. L' ho desiderato molto ma mi sono accorta che forse il momento, questo momento, richiede altre cose.
E invece c’è stato qualche spettacolo, da spettatrice, che l’ ha particolarmente colpita ?
Ho visto lo spettacolo del “Gruppo 63” al Teatro Elfo Puccini e sono rimasta estasiata, ho trovato il regista e gli attori straordinari. Sono realtà a cui ci si può aggrappare così come spesso è necessario essere forti di proprio ed avere il coraggio di fare e anche di non fare. Le parole più importanti che mia madre mi ha lasciato sono state “coraggio” e “auguri” e sono le stesse parole che vorrei accompagnassero qualsiasi nuova esperienza e che accompagnassero te ed i lettori di questa intervista. Coraggio!...e auguri!