"Quel diavolo di bombardone!", disse Giuseppe Verdi della tuba. Joe Daley torna in Italia il 22 gennaio con un nuovo lavoro, Prayer Rituals, in anteprima mondiale. Un progetto musicale che scava nelle preghiere e nei riti che diversi popoli usano per trovare pace dopo la perdita di una persona cara.
Ha suonato la sua amata tuba in giro per il mondo, con diverse performance in Italia a partire dalla fine degli anni '70. Con lui, sempre musicisti eccezionali del calibro di Sam Rivers (suo grande amico e mentore), Charlie Haden e Craig Harris. Joe Daley torna in Italia e in anteprima mondiale sarà al Teatro Manzoni di Milano il 22 gennaio (ore 11,00) con il suo nuovo lavoro, "Prayer Rituals", per la Rassegna Aperitivo in Concerto.
Suoni rituali africani, indiani, cinesi e americani saranno gli strumenti che svilupperanno "Prayer Rituals". Dolore, perdita, rabbia: tutti sentimenti comuni, in attesa della pacificazione dell'anima. Con Joe Daley sul palco ci saranno Scott Robinson, Warren Smith, Bill Cole, Althea SullyCole in un viaggio musicale che colora e illumina un viaggio che tutti, prima o poi, dobbiamo vivere. Daley, in occasione del suo concerto a ci racconta l'amore per il suo strumento, la tuba e il perché di questo nuovo progetto musicale.
Lei è musicista e insegnante. Qual è la differenza nell'approccio alla musica, in un ruolo e nell'altro?
Uso lo stesso metodo: non cambia né per una mia performance né per la classe. Voglio informare sia lo studente sia l'ascoltatore su cosa sia possibile fare musicalmente. Non ci sono limitazioni nella musica.
L'unica vera limitazione - che può essere anche un vantaggio - sta nel potere e nell'apertura della tua immaginazione e creatività.
La tuba è uno strumento imponente, che i meno esperti magari non conoscono bene. Ce lo racconta?
La tuba è uno degli strumenti più amati nel mondo, da sempre molto rispettato. Ha una storia davvero stellare ovunque, come utilizzo e come successo di performance. Poi, ovviamente, ci sono diversi modelli di tuba che possono magari confondere un po' il pubblico, come il Sousafono, che è una "tuba in movimento" ed è molto più trasportabile rispetto alla tuba tradizionale (e infatti si usa in posizione eretta e in marcia, dato che poggia sulla spalla sinistra di chi lo suona). Nel jazz la tuba è stato il primo strumento basso e questo aspetto è ancora molto evidente nella tradizione musicale di New Orleans. Nei vari jazz ensemble sta diventando sempre più uno strumento chiave, non solo di supporto.
Quando ha scoperto questo strumento?
Andavo a scuola, ero un ragazzino. Ho avuto la fortuna di scoprirla da piccolo e non l'ho più lasciata. Amo la ricchezza cupa del suo suono... mi ha sempre toccato profondamente l'anima.
Qual è la maggior complessità nel suonare la tuba?
Ogni strumento ha ovviamente le sue difficoltà e porta con sé sfide che chi suona vorrebbe vincere, superandone anche il potenziale. La tuba, in questo senso, non ha molte diversità dal trombone, dal corno francese e dalla tromba, quindi ha le stesse complessità di tutti gli ottoni. Sono strumenti che ti portano a usare bene la respirazione, il fraseggio, l'uso del bocchino. Ovvio che la dimensione della tuba è una difficoltà aggiuntiva non da poco, ma se desideri padroneggiare lo strumento la superi agevolmente, è tutto molto sfidante. Basti pensare a quante donne hanno scelto di suonare la tuba!
Il sottotitolo del suo nuovo lavoro, Prayer Rituals, dice: In memory of Wanda Daley.
Wanda è mia moglie, la mia anima gemella, il centro del mio universo. L'ho persa sfortunatamente in un tragico incidente il 22 gennaio 2016 e la performance in Italia avrà luogo esattamente un anno dopo la sua perdita, il 22 gennaio 2017. Sarà sicuramente un giorno difficile per me, pieno di emozioni, ma ho deciso di andare avanti per onorare lei ed il suo ricordo. Molti dei miei amici e familiari verranno con me per darmi amore e supporto. Prayers Rituals è un lavoro in sua memoria, non è un requiem o un ritratto di Wanda, ma una profonda esplorazione dell'anima più profonda di ognuno di noi.