Teatro

L. Barbareschi: 'Copiamo gli altri invece di far crescere le nostre tradizioni'

L. Barbareschi: 'Copiamo gli altri invece di far crescere le nostre tradizioni'

Uomo di spettacolo a tutto tondo, tra cinema, teatro, fino all'imprenditoria in campo artistico, senza farsi mancare la politica (che a modo suo è anch'essa un'arte). Luca Barbareschi si racconta in un one man show nel quale ripercorre quarant'anni di carriera. Un'intervista in cui l'attore si lascia andare a ricordi e anche ad alcune frecciate...

Luca Barbareschi torna in scena a Milano al Manzoni, in quel teatro a pochi passi dalla celebre via Montenapoleone, che ha contributo a farlo apprezzare – attore cinematografico in erba nella Milano da bere anni Ottanta – dal pubblico.
Diretto da Chiara Noschese, in questo one man show ripercorre quattro decenni di carriera (e di vita), scegliendo come comune denominatore l’energia universale dell’amore. In scena fino all'8 marzo a Milano e poi in tour in Sicilia, a Mantova, Lodi, Genova, Roma (dal 9 al 19 aprile, al Teatro Brancaccio) e Foggia.

Partiamo dal titolo di questo spettacolo: Cercando segnali d’amore nell’universo, cosa significa?
E’ un concetto che ho sempre cercato di esprimere, quello di una grande energia presente nell’universo, fatta di amore, di cose positive. Ognuno nel suo settore, poi, cerca di trasformare tutto questo in un prodotto: io lo faccio nel campo artistico, c’è chi lo fa nella ricerca. Questi “segnali d’amore” mi hanno permesso di sopravvivere in questi anni e si sono manifestati attraverso la musica e incontri bellissimi. Lo spettacolo fa molto ridere, ma in realtà rappresenta un racconto che si realizza attraverso una sorta di catarsi comica.

Ritorna al suo fianco Chiara Noschese, in questo in qualità di regista dello spettacolo…
Chiara era inevitabile in questa avventura, mi piace molto lavorare con una regista donna. Fare un one man show comico non è cosa facile e lei mi ha permesso di costruire su un testo molto  autobiografico un linguaggio universale. Il fatto che la gente rida su tutto quello che racconto vuol dire che siamo riusciti a trasformarlo in drammaturgia vera, non è solo un fatto privato.

Allargando il discorso, cosa può dirci del suo rapporto con le donne sulla scena?
Ho avuto tante e diverse compagne. Quella storica, che è stata anche mia moglie per alcuni anni, Lucrezia Lante della Rovere, è stata una bellissima avventura artistica e affettiva. Penso che le donne abbiano una grande energia; anche nella mia società, la Casanova Multimedia, il team di lavoro è formato per l’80% da donne.

Come è cambiata in questi anni la Milano di via Montenapoleone?
La Milano che io conosco bene e al quale sono più affezionato risale ancora agli anni Settanta, una città forse meno eclatante dal punto di vista del glamour, ma dove il teatro era ancora un punto di riferimento importante. Il Piccolo è sempre stato un “faro” per la cultura italiana… e ricordo anche tanta nebbia! Lentamente la moda ha travolto la città, portando alla ribalta delle vere eccellenze, però forse Milano in questi anni ha tentato di assomigliare a New York… e a me fanno un po’ ridere certe abitudini come il brunch o giocare a squash.

Lo dice con una leggera venatura  polemica?
Copiamo sempre gli altri invece di dare linfa alle nostre tradizioni. Faccio un esempio su tutti: chi ha gestito alcune scelte culturali di Expo 2015 deve essere una persona con evidenti default mentali, perché riesce a prendere come riferimento artistico il Cirque du Soleil per parlare del teatro milanese. Evidentemente si tratta di qualcuno che è stato una volta a Las Vegas e pensa che l’Expo si racconti attraverso i circensi canadesi che lavorano lì. Il solito provincialismo di chi gestisce la cultura anche a livelli alti…

Negli ultimi mesi si è imbarcato in un’ulteriore avventura, assumendo la gestione e la direzione artistica del Teatro Eliseo di Roma. Quali sono le linee di programmazione futura, oltre a quello che è già stato scritto sui giornali?
Sono in contatto con tutto il teatro italiano per lanciare non la prossima stagione, ma la triennalità  di cui ormai si parla a livello ministeriale. Ovviamente ho fatto le mie scelte, alcune mi piacciono, altre sono meno interessanti per me, ma questo è normale. L’interruzione della precedente gestione non è stata mia responsabilità, erano in atto provvedimenti derivanti da un’insolvenza.

Lei ha interpretato anche il ruolo di Billy Flynn nel musical Chicago nel West End. A Londra si sente parlare di crisi in campo culturale?
La crisi economica in Europa è globale, da quando l’America ha deciso di renderci meno rilevanti rispetto alla Cina. C’è una sofferenza strutturale e identitaria, secondo me, a livello europeo. Londra è quella che soffre meno, perché ha un pubblico più intercontinentale, un grande hub aeroportuale ed è anche una prestigiosa piazza finanziaria. L’Italia, insieme alla Grecia e alla Spagna, rappresentiamo gli anelli deboli; la Spagna ha toccato il fondo e si sta rialzando, noi invece stiamo vivendo un momento di grande confusione e, ad esempio, facciamo ben poco, dal punto di vista culturale – che poi sarebbe il nostro punto di forza – per rilanciare il Paese.

Per chi rifarebbe una trasmissione come ‘Il grande bluff’?
Si trattava di un paradosso. Volevo dimostrare che la televisione è un grande bluff, un gioco. Se dovessi rifare una trasmissione di questo tipo, forse mi divertirebbe prendere in giro la politica, avendola fatta…sarei in grado di smontare “dall’interno” quel meccanismo perverso che fa perdere la testa a chiunque entri in contatto con il potere.

Lei è sempre stato un uomo affascinante. Oggi quanta considerazione ha per la sua immagine e l’aspetto fisico?
Diciamo che mi tengo in forma, se non altro per cercare di rallentare l’inevitabile processo di invecchiamento. Io non credo di essere mai stato uno bello. Il fatto che poi quando faccio dei caratteri divento subito comico è la prova che la mia è una bellezza un po’ bislacca. Ho avuto la fortuna che la mia gioventù ha creato affezione da parte delle ragazzine, ricordo le code fuori dai teatri… oggi tutto si è assestato, il mio pubblico è più maturo.