Teatro

La Fattoria degli Animali vista da Bruno Fornasari & Co.

La Fattoria degli Animali vista da Bruno Fornasari & Co.

Fino al 30 novembre al Teatro dei Filodrammatici è in scena, in prima nazionale, la prima produzione realizzata dalla Compagnia dei Filodrammatici, il gruppo di giovani artisti che, con sempre maggior entusiasmo e impegno, hanno avviato la stagione di uno dei teatri-gioiello della città di Milano, a due passi dalla Scala e dal Duomo. La Fattoria degli animali è un romanzo scritto negli anni ’30 dal grande George Orwell: fantascienza che diventa realtà, dissero in molti. Ma la ‘favoletta’ di una fattoria dove gli animali si ribellano all’uomo, si appropriano della piccola azienda e la trasformano in una specie di cooperativa, dimostra che la fantasia dell’autore intendeva condurre ben oltre. Specie per come si conclude, a suon di drammi e disillusioni, l’intera faccenda. Parlare con Bruno Fornasari, regista e ideatore del progetto, è un po' come partecipare a un dibattito. In che modo avete deciso di trasformare questo libro in teatro? La messa in scena e l’adattamento letterario si sono incrociati. L’adattamento è stato realizzato in questo modo per cercare di evitare che ci fosse un eccesso di allegoria. Infatti qualcuno ci ha detto che era uno spettacolo troppo politico proprio perché gli animali sono solo evocati. Eppure il libro, che qualcuno ricorda con un happy end, finisce invece con gli animali che guardano dalla finestra e nulla è cambiato rispetto ai tempi del principio della rivolta. Un fallimento. Lo sapevate che è sempre difficile riportare sul palco un’opera letteraria? Invece che piacere a tutti, abbiamo fatto qualcosa che facesse pensare tutti. Volevamo che si vedesse la fatica di chi lavora in fabbrica, in modo chiaro e per giunta abbiamo scoperto che, abbastanza di recente, è successo proprio da noi che fossero vendute scatolette di carne avariata, prodotte con denaro proveniente da fondi europei. Arrivate a Cuba prima e in Africa poi, vi sono stati trovati dei vermi e le hanno gettate, ma solo a seguito di controlli. Intanto erano state vendute. Pensiamo che bisogna far esplodere i conflitti. Ma queste sembrano cose da Dario Fo anni ’70. Non ti pare un modo datato di lavorare? Sarebbe un lavoro datato se quello che è accaduto a Boxer (un personaggio triturato dagli ingranaggi del macchinario, n.d.r.) non fosse accaduto pure a mio fratello poco tempo fa. Per fortuna lui non è morto ma, al momento di ricevere il risarcimento per il suo incidente sul lavoro, gli hanno detto che aveva sbagliato lui, che era responsabile e non vittima di quanto avvenuto. Invece era stato assolutamente spinto dalla pressione a cui veniva sottoposto per una produttività che rendeva le macchine troppo veloci, per gli straordinari non pagati che lo rendevano sempre stanco, per i gabinetti sempre così sporchi che l'azienda ha pensato bene di farli pulire a loro, agli operai, che così li avrebbero tenuti più puliti, dicevano. Scusa, non sapevo. Questa regia ti ha molto coinvolto, vero? Vedi, può sembrare datato nel centro di Milano ma nella periferia italiana no, non nelle fabbriche. Abbiamo evitato il luogo comune di metterci gli extracomunitari a fare le vittime, soprattutto perché ci sono tanti italiani tra le vittime di oggi. E abbiamo evitato l'ideologia di Orwell che puntava a smascherare un sistema totalitario che si fingeva egualitario, come disse Chomsky trent'anni fa: la Russia aveva un sistema capitalistico! Infatti, poco dopo il crollo del muro di Berlino sono venuti fuori i nuovi oligarchi. Aveva ragione Orwell già settanta anni fa. Però alla fine è sempre il potere che domina tutto, non ti pare? Sì, ancora una volta, come sempre, il potere è di chi ha i soldi e c’è chi osserva tutto questo e pensa che sia giusto e bello, come accade agli ipnotizzati dalla televisione-spazzatura: tutta gente comune, con lo sguardo suicida, che celebra la propria distruzione. Perfino mio fratello, quello incidentato, era stato un supporter del centro destra. Non più ora, che ha vissuto sulla propria pelle cosa significa essere vittime dei padroni. Non è cambiato nulla in tanti decenni, solo la carta patinata delle riviste e i reality in tv. Insomma, noi non abbiamo voluto creare personaggi gradevoli ma costringere chi sta sotto al palco a scegliere dove guardare. Se osservo il padrone che prende il sole, ho già fatto una scelta. Credi possibile suggerire la ribellione? Non ci sono veri esempi di ribellione. Abbiamo attinto alla cronaca per vedere come viene mediata l'informazione e ci è sembrato che fosse necessario eliminare l'allegoria o gli effetti emozionali, come li racconterebbero a Porta a porta. E' stato un lavoro di gruppo: ho coordinato delle risorse e tutti ora si sentono padroni del risultato, di questo che definisco una creazione collettiva. E' difficile che ci sia un solo punto di vista e se c'è, è un focus su cui tutti volevano lavorare. La storia pare suddivisa tra racconto e svolgimento. Perché? La scelta dei quadri è stata necessaria per frammentare la storia ed evitare di imporre un'idea. Volevamo solo suggerirla per permettere allo spettatore di individuare da solo i propri riferimenti. Sono già venute diverse classi scolastiche e alcuni insegnanti si sono complicati la vita perché poi, a scuola, non c'era una semplice trasposizione dal libro alla scena. Alcuni hanno detto: "E' troppo politico", altri invece: "E' giustamente politico". Lo portate anche fuori Milano? Questo spettacolo andrà ancora a Monza, dall'11 al 14 dicembre, al Teatro Binario 7 e forse il prossimo anno lo portiamo in tour. C'è molto da fare qui. Oggi come sta tuo fratello? A mio fratello, dopo 5 mesi di convalescenza, stanno per togliere gli ultimi ferri. L'incredibile è che, due giorni dopo il suo incidente, erano stati messi tutti i sistemi di sicurezza che mancavano prima, per quanto poi la cosa sia rientrata, forse grazie a un sindacalista onesta che ha parlato. Appena tornato al lavoro,però, si è di nuovo fratturato, stavolta solo un dito ma per la stessa ragione: in fabbrica le cose vanno troppo in fretta e umanamente non ci si sta dietro col ciclo di produzione: è troppo veloce e lui deve lavorare con grandi legni. Succede in una fabbrica del Veneto... il famoso Nord Est produttivo.