“Oggi si diventa eroi con la gentilezza e la solidarietà”, racconta l’attore, che porta in scena tre grandi storie sportive. Tornano a risplendere i fasti di Malabrocca, Bonatti e Tomba.
Abbiamo intervistato Luca Argentero, che tra un film e l’altro e liete novelle personali in arrivo, ha trovato il tempo di fare il “raccontastorie” in teatro con È questa la vita che sognavo da bambino?, uno spettacolo diretto da Edoardo Leo, un gioiellino per tutte le generazioni.
Si parte dal 1946, quando un certo Luisin Malabrocca – l’inventore della Maglia Nera – diventa l’anti-eroe: si accorge che arrivare ultimo suscita simpatia, e quindi salami e vino in regalo sul ciglio della strada. E magari anche qualche sponsor…
Poi Walter Bonatti, il re delle Alpi, arrivato a scalare il K2 in gruppo rendendosi poi conto della delusione della cordata, fino ad arrivare a sfidare se stesso… ma da solo, con nuove imprese ai limiti dell’impossibile.
E in ultimo Alberto Tomba, lo sciatore bolognese un po’ guascone, che con le sue vittorie ha fermato anche il Festival di Sanremo.
Ciclismo, alpinismo e sci, tre sport da “solitari”, tra ricerca di gloria personale, vero amore per la disciplina e quella geniale furbizia che sono gli italiani possono avere. Tre eroi di tre epoche diverse, ma tutti orgogliosamente “made in Italy”: un modo per tornare a sognare… quello che è stato, certamente, ma anche nuove, strepitose imprese tricolori.
Ha debuttato a teatro dieci anni fa esatti con “Shakespeare in love”. Non ci torna spesso, sulle assi del palcoscenico. Che tipo di amore è quello per il teatro?
Un amore occasionale ma intenso.
Mi faccio prendere dalla passione, passiamo mesi di innamoramento… ma alla fine mi piace tanto tornare a dedicarmi al set.
Come nasce l’idea di questo spettacolo, visto che lei ne ha scritto anche i testi?
Nasce da succulente cene con Edoardo nelle quali gli stessi racconti e le stesse riflessioni portate nello spettacolo, allietavano le nostre pietanze.
Poi Edoardo mi ha convinto che quelle storie meritavano un pubblico a cui raccontarle. Così abbiamo iniziato a costruire lo spettacolo.
Perché la scelta proprio di questi tre nomi così diversi fra loro anche temporalmente? Com’è stata operata la scelta?
Devo dire piuttosto istintivamente. Sono tre storie che davvero mi hanno influenzato. Non sono solo racconti di grandi personalità del passato recente, ma storie di formazione.
Sono i miei ricordi più personali e racconto loro per parlare un po’ di me.
Lei che rapporto ha con lo sport?
Ha sempre fatto parte della mia vita, della mia educazione, sono stato spinto fin da subito a confrontarmi con lo sport. Ed è stata una vera fortuna.
Chi era il suo eroe sportivo?
Alberto Tomba. E infatti è uno dei tre!
Quanta fatica si fa a stare in scena in tre panni diversi?
La verità è che non li interpreto propriamente, ma li racconto. Tuttavia la vera difficoltà dello spettacolo è mantenere alta la tensione del racconto solo con la parola.
Ma oggi come si diventa eroi?
Con la gentilezza e la solidarietà.
Chi è per lei un eroe teatrale?
Marco Paolini.
Riprendendo il titolo dello spettacolo…lei si laurea in economia e commercio e ora racconta storie di eroi sportivi nei teatri. Era questa la vita che sognava da bambino?
Non mi sarei potuto augurare niente di meglio.
Per INFO e DATE dello spettacolo: È questa la vita che sognavo da bambino?
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