Al finalmente rinnovato Teatro Franco Parenti, inaugurato con emozione sabato 4 ottobre con un discorso di Andrée Ruth Shammah, è in scena a Milano e solo fino a giovedì 9 ottobre La Forma dell'incompiuto, uno spettacolo in quattro movimenti ideato dalla bravissima regista che utilizza le visioni coreografiche di Susanna Beltrami per la sempre incantevole Luciana Savignano, capace di regalare attimi di soavità tali da lasciare senza fiato. Il tutto si accompagna e alterna pensieri, memorie e alcune poesie scelte e declamate da Giorgio Albertazzi che duetta con i movimenti della grande ballerina italiana e l'eccellente Compagnia Pier Lombardo Danza, che ha suscitato un'ovazione a fine spettacolo grazie a una interpretazione vibrante, colma di eccitante energia. I ballerini hanno danzato su musiche diverse, dai brani di Nino Rota a una magnifica canzone di Jacquel Brél, dalla Sinfonia n.8 di Schubert fino a musiche contemporanee alla Bartok.
I brani prediletti da Albertazzi includono pagine scritte da Gabriel Garçia Lorca, Lord Byron, Oscar Wild, Charles Dickens e William Shakespeare insieme a ricordi tratti dalla propria autobiografia. Il grande attore, oggi 83enne, afferma sorridendo che ci vuole molto tempo per imparare a diventare giovani ma non rivela come riuscirci. Di sicuro lo spettacolo è riuscito magnificamente grazie a una coraggiosa e impeccabile regia che porta gli spettatori a rincorrere il filo di pensieri amalgamati a movimenti, luci, ombre, bellezza ed emozioni. Luciana Savignano annulla qualsiasi regola secondo la quale i ballerini dovrebbero smettere di andare in scena dopo i 35-40 anni: ne ha 65 e li porta con l'eleganza di un giunco capace di piegarsi a ogni brezza di vento, mobile ed aerea, sottile ed elastica, agile e delicata come il petalo di un fiore immortale. E' lei che ci parla e racconta questo spettacolo.
Che tipo di passi avete eseguito tu e la Compagnia Pier Lombardo Danza? C’era spazio per le improvvisazioni
Le coreografie sono di Susanna Beltrami e ci sono danzatori della sua compagnia. Io seguo assolutamente quanto voluto da lei, che comunque lavora osservandomi e magari cambiando talune cose. I ragazzi della Compagnia talvolta improvvisano, invece. E’ un’operazione nuova, molto ardita; rispecchia le mie attenzioni oggi, sono cose un po’ sperimentali, che mi danno uno stimolo diverso per continuare.
E lavorare con Giorgio Albertazzi, che effetto fa?
Lui è un personaggio straordinario, chi non lo conosce? Ma lavorarci assieme è stata un’esperienza entusiasmante, lui è davvero un mostro sacro. Ho fatto tante cose sempre diverse nel mio lavoro e il teatro è bello per questo: ci sono tante discipline e si può godere e imparare da tutto.
Cosa ancora vorresti fare?
Io mi aspetto di tutto dalla mia esperienza. Non mi sorprendo o, piuttosto, mi sorprendo ma sono una temeraria della vita. Accetto le sfide nuove senza paura.
Hai danzato per i più grandi coreografi e hai lasciato la Scala per sperimentare. Ricordi ancora le volte in cui hai osato fare passi da gigante?
Tante sono state quelle più temerarie. Ho fatto delle scelte e ho realizzato cose fatte espressamente per me. Direi che alcuni mi hanno capita, hanno capito che sono una danzatrice anomala.
Io ti ricordo ancora diretta da Maurice Béjart in spettacoli sublimi. Cosa ti rimane di quei tempi?
Sì, eh, su Bèjart si potrebbe aprire un capitolo… E’ stato un continuo farmi crescere e non finirò mai di dire grazie a quest’uomo, col quale ho avuto un rapporto duraturo anche nel tempo.
Credi che oggi ci siano altri coreografi così innovativi e capaci di far sognare?
Non ci sono dubbi. Poi ci sono personaggi, ognuno col proprio carisma. Io penso che non si possano fare paragoni, comunque. Siamo tutti pronti a ricevere altri talenti, energie e passioni.
Di Susanna Beltrame che ci dici?
C’è molta sintonia fra noi. Abbiamo già lavorato assieme anni fa e abbiamo intrapreso nuovi lavori con sintonia, amalgamando i miei passi con la creazione, la creatività, lo stato d’animo che si fonde nell’altro, il passo che inizia in un modo e finisce in un altro… e per me è importantissimo raggiungere una simile intesa. Lo è sempre, ma sempre più per me e con lei si può.
Di Andrée Ruth Shammah, invece, che pensi?
Andrée è un altro bel personaggio, con cui ho fatto anche prosa. E’ un’artista dalla fantasia più sfrenata: tutti gli eccessi possibili in lei ci sono, mi ricorda… La vedo come un Paolo Grassi in gonnella. Senza fare paragoni ma nel senso di essere capaci di entrare nel teatro e viverlo in tutte le sue sfumature e reminescenze più profonde. Lei si interessa di cosa fa il macchinista fino all’ultimo attore e secondo me questo è avere uno spirito immortale.
Questo spettacolo, infine, come lo definiresti?
Siccome non è ancora definito completamente, penso che non siamo ancora all’apoteosi, abbiamo fatto solo prove e vediamo stasera (la sera del debutto, n.d.r.). Ogni volta è un ritrovarsi e dirsi ‘chissà cosa succederà?’ Le premesse ci sono, poi si vedrà.
Dopo Milano, altri fortunati spettatori potranno vederlo?
Sì, certo: tutto ottobre andremo in giro per l’Italia e forse anche dopo.
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