Quella che Pino Daniele le disse: “Tu sei napoletana, devi lavorare con Eduardo!”.
Mariangela D’Abbraccio inizia prestissimo la sua carriera: complice il lavoro della madre (regista) e quello dei nonni materni (violinista nell’orchestra del Teatro San Carlo, lui, e pittrice, lei) sin da giovane è stata attratta da recitazione e musica. È diventata un’artista poliedrica che si divide fra musica (Il cuore di Totò, pubblicato con Sony, tra i lavori più importanti) televisione e una lunga e importante carriera teatrale.
La raggiungiamo telefonicamente durante la tournée di Filumena Marturano diretta da Liliana Cavani, tra la tappa al Teatro Sociale di Como e quella del Teatro Carcano di Milano. Ci risponde una voce squillante e disponibile, che ride spesso con noi.
Mariangela D’Abbraccio, artista poliedrica, come ha iniziato con il teatro?
A dir la verità stavo prendendo tutta un’altra direzione di studi. Difatti stavo per iscrivermi al Piccolo di Milano perché ero molto attratta da ciò che era Strehler in quel momento, uno dei più grandi registi e un rivoluzionario. In quel periodo io venivo dal mondo della musica e un caro amico, Pino Daniele, mi disse una frase che influenzò molto la mia scelta: “Ah, ma tu sei napoletana e vuoi fare l’attrice! Allora devi lavorare con Eduardo!”. Avevo una grande ammirazione per Pino, una persona davvero eccezionale, così ascoltai il suo consiglio. Eduardo De Filippo all’epoca dava lezioni in un università di Roma.
Riuscii a trovarlo e ricordo che lui rispose “ah ma lei è un attrice, venga domani perché mio figlio cerca un’attrice”. Mi presentò il figlio Luca e dopo un colloquio fui ingaggiata per una sostituzione sostituzione. Fu un vero colpo di teatro, pazzesco, perché non lo immaginavo lontanamente: mi trovai diretta da Eduardo, nella Compagnia di Luca De Filippo in Ditegli sempre di sì, giovanissima, senza nemmeno essere pronta per recitare e provando pochissimo. Nella stessa stagione feci anche un secondo spettacolo tratto da un testo di Scarpetta, Tre cazune fortunate, con il quale ebbi modo di lavorare molto con Eduardo. E fu con queste due opportunità che mi trovai catapultata improvvisamente nei più importanti teatri italiani.
Quanto ha inciso l’incontro con i De Filippo sulla sua carriera?
È stato un incontro folgorante che veramente ha cambiato la mia partenza. E sono molto contenta perché senza quello forse oggi non farei una Filumena così. Magari avrei avuto tutta un’altra strada e forse non sarei nemmeno mai arrivata a interpretare Filumena. Il mio inizio ha sicuramente segnato la mia interpretazione di Filumena. Quando ho iniziato con la recitazione Eduardo non era più in scena, però era regista della Compagnia del figlio Luca e proprio lavorare con quest’ultimo e ciò che mi ha dato moltissimo: Luca De Filippo è stato il mio partner in scena sia quando ho iniziato che più tardi, quando mi ha rivoluto in quella bellissima esperienza che è stata Napoli milionaria! diretta da Francesco Rosi.
Il rapporto che c’era con Luca si è poi mantenuto e abbiamo fatto altre bellissime cose insieme, non ultima quella fantastica mattinata al Senato (Cerimonia in ricordo di Eduardo De Filippo il 31 ottobre 2014, ndr) nella quale Luca ha veramente spiegato, commedia per commedia, i significati delle opere del padre. Conoscere Luca, frequentarlo e lavorare con lui mi ha certamente portato maggiormente all’interno del mondo eduardiano e a comprenderlo appieno.
Quali sono le difficoltà di interpretazione di un personaggio eduardiano?
Ho interpretato ruoli complessi, alcuni che richiedevano anche una performance fisica difficile. In rappresentazioni come Filumena Marturano, invece, c’è un ulteriore difficoltà: devi essere all’altezza del mito e dell’immaginario degli spettatori. Il pubblico conosce Filumena, ognuno ha la sua Filumena, e la difficoltà è unire ognuna di queste in un unico personaggio.
È un lavoro diverso e particolare, di costruzione, per far sì che il pubblico possa ritrovarsi in quella Filumena che hanno sempre immaginato e amato.
Filumena richiede molto, richiede capire le ragioni di Eduardo e del perché l’ha scritta.
Quali sono state le reazioni a questa Filumena Marturano?
Questo spettacolo da quando ha esordito non ci delude mai. Tutto è iniziato al Festival di Spoleto nell’estate del 2016 e dalla critica sono state scritte cose bellissime, che ci responsabilizzano anche. Leggere che questa è una versione di Filumena Marturano che non si vedeva da anni, oppure sentire che è una versione in grado di far emergere i significati di questo bellissimo testo, sono commenti che ci ha fatto molto piacere.
Un anno fa abbiamo avuto un grande successo proprio a Napoli, dove ci hanno accolto superando ogni nostra aspettativa. La prima a Napoli è sempre delicata e in questo caso ci hanno amato subito: la reazione del pubblico è stata davvero sorprendente, in particolar modo perché a Napoli sono molto critici ed esigenti. E lo dice una napoletana.
Fare in modo che da una rappresentazione emergano i significati e i contenuti non è sempre facile. Come ci siete riusciti e quanto ha contato aver lavorato con i De Filippo?
Il grande lavoro che è stato fatto in questa Filumena Marturano è quello di entrare dentro le motivazioni del testo e quindi dell’autore. Inoltre io sono nata con la Compagnia De Filippo e avendo già partecipato ad un’altra Filumena Marturano, (interpretando Diana nell’edizione del 1986 diretta da Egisto Marcucci, ndr), con una grandissima attrice che è Valeria Moriconi, sicuramente la familiarità con l’autore e con questo testo mi ha aiutato in maniera molto importante così come anche le mie radici napoletane.
Certo tutte queste cose sono un valore aggiunto, ma è ovvio che da sole non bastano.
Filumena Marturano è stata scritta nel 1946 e tocca il delicato tema della famiglia e del riconoscimento dei diritti. Quanto è ancora attuale?
È ancora attuale perché la famiglia è ancora la base della società, da lì parte tutto. È un argomento che ci tocca da vicino e non ha tempo. È molto attuale anche il lottare per il rispetto di alcuni diritti che ancora oggi non vengono completamente riconosciuti.
Certamente questo testo ha contribuito a far sì che “figli di NN” sparisse come dicitura che marchiava giovani e bambini, alimentando il dibattito, anche in Parlamento. È un testo di impegno civile, al cui interno vi è una storia d’amore, il rapporto con i figli e la figura della madre.
Chi è davvero, secondo lei, il personaggio di Filumena Marturano?
È una donna partita dal basso, dalla povertà e io penso che in questo tragitto drammaturgico si veda proprio la richiesta di dignità e di parità e di rispetto per una donna che ha dimostrato di essere una grande donna: è stata capace di portare avanti una casa e un’impresa, oltre ad aver cresciuto tre figli, tre bravi ragazzi, senza farlo sapere a nessuno.
È quindi una donna con grandi valori e capacità che a un certo punto, però, è comunque obbligata a creare un tranello per farsi sposare poiché vede la sua vita sgretolarsi. Ma nonostante ciò si capisce che Filumena è una donna che merita di essere sposata, una donna che merita rispetto, merita una famiglia e merita un cognome dignitoso.
Se Mariangela D’Abbraccio incontrasse Filumena Marturano cosa le chiederebbe?
Senz’altro le chiederei: “Come hai fatto ad avere questa enorme pazienza per ben venticinque anni?” Venticinque anni non è un giorno! [ride, ndr] E vorrei anche domandarle: “Dove hai trovato la forza, la costanza e la volontà per fare tutto ciò?”
E se la chiamassero ad interpretare una miniserie o una fiction su Filumena Marturano?
È una bella idea! Bisognerebbe suggerirla alla Rai, io penso che la si dovrebbe fare. Hai voglia a far puntate sulla vita di Filumena, sugli intrecci e le storie! Sarebbe una serie avvincentissima, con una trama che si presta moltissimo. E certo, la interpreterei molto volentieri perché sarebbe sicuramente una prova intensa, bella e piena di vita, perché la vita di Filumena è davvero pazzesca. La devono fare davvero, è assolutamente un’ottima idea.