Lo abbiamo incontrato poco prima di un debutto: Max Pisu racconta a Teatro.it alcuni aspetti originali della sua vita e della sua carriera.
Sorrisi, buon vino e una papera di plastica. Questi gli ingredienti per la vita felice di Max Pisu, nato comico e cresciuto interprete, oggi in tour con due commedie che con ironia tracciano realtà contemporanea e vita quotidiana. Teatro.it lo incontra poco prima di un debutto, per farsi raccontare un po' della sua vita e della sua carriera.
La comicità era già in te sui banchi di scuola? I compagni ti prendevano in giro o era già l'inizio di una carriera?
Quando ero piccolino mi piaceva far ridere i miei compagni; non venivo preso affatto in giro, anzi. Ad ogni modo, non è detto che chi fa ridere gli amici sappia poi salire su un palco.
Se suoni la chitarra, rimani a bocca asciutta mentre tutti cuccano: per chi fa battute in spiaggia è lo stesso?
A differenza di quello che suonava la chitarra, lo stesso che poi mette la musica alle feste e che diciamolo, è un po' lo sfigato della situazione, chi fa ridere intrattiene il gruppo e alle donne piace, funziona decisamente!
Parlando di vino, che tu produci: per farlo buono serve ironia e ilarità, o è il vino a far ridere?
Il vino è molto importante per chi vuole socializzare, un mezzo che aiuta a condividere momenti, cene, e perché no, anche una risata. I piaceri della vita si sa, sono mangiare, bere, ridere; poi c'è ne è un altro, ma non mi viene in mente...
Quanto ti diverti e quanto sei auto ironico nella vita di tutti i giorni?
Nella vita privata sono una persona normale, mi piace osservare quello che succede nel quotidiano che è ciò che sta alla base di questo lavoro. Sono auto ironico, mi diverto, anche se un comico non ride di cose divertenti ma delle situazioni che osserva, a volte anche drammatiche. Sono però un comico che scende dal palco, alcuni non ci riescono, mi piace fare battute e ridere ma divido il lavoro da quello che è la vita.
Dove sta andando il tuo percorso professionale?
Ho iniziato come molti con gli spettacoli in parrocchia, l'oratorio forniva uno spazio per far divertire gli altri e lì ho scoperto quanto mi piacesse. Così ho cominciato a studiare recitazione e il mio insegnante Gianni Caiaffa mi ha indirizzato al cabaret dicendomi: “Tu sei un comico, non ci si diventa, tu ci sei nato”. Se devo essere sincero una maestra delle elementari me lo aveva detto, quando avevo 10 anni lo ha scritto sulla pagella. Una passione la mia, che è divenuta un mestiere. Ai giovani che desiderano fare questo nella vita, suggerisco di pensare sempre di farlo per divertirsi e non per diventare famosi. Questa è una vita di sacrifici, io per dieci anni ho fatto gavetta, cabaret la sera e il magazziniere la mattina, fin quando non è arrivata la TV. Poi questo cambiamento bisogna mantenerlo, giostrarcisi dentro, e non è semplice.
Comicità e dramma, corde diverse: è vero che chi è un grande comico ha dentro di sé entrambe?
Assolutamente si, penso a Sordi e Paolo Villaggio, grandissimi comici che avevano dentro chiavi drammatiche che attori solo drammatici forse nemmeno hanno, o che raggiungono in altro modo. Una chiave in cui mi ritrovo anche io.
Ti vedremo in teatro con due commedie, come si adatta un comico abituato a lavorare solo con altre persone?
Devi interagire con gli altri, l'ascolto è importante come l'imparare ad interagire. Io i primi anni ho lavorato in coppia e ho imparato a svilupparlo.
Il tuo gesto scaramantico?
Ho un beauty che tengo in camerino, dentro ci sono una paperina di gomma che mia figlia usava da piccola per fare il bagno e un clown di legno di mio figlio, li tiro fuori e li metto in camerino e salgo sul palco.
Un personaggio lontano da te che ti piacerebbe interpretare?
Un killer... Si, mi piacerebbe (ride).
Cosa possiamo dire ai giovani che si sono allontanati dal teatro?
Lo vediamo che il pubblico è più in là con l'età di un tempo e dispiace. I giovani sono presi da tante altre cose, stimoli diversi, ma la curiosità verso il teatro dovrebbe partire dalle scuole e dalle famiglie già alle elementari. Gli studenti che vediamo a teatro oggi invece sono già al liceo, solo di alcuni indirizzi di studio, è tardi.
Ultimi lavori in scena, come sono nati e di cosa parlano?
Sono felice delle due tournée sovrapposte, molto contento delle proposte già arrivate per il prossimo anno. Sono in scena con Casalinghi Disperati, scritto da Cinzia Berni e Guido Pulito 12 anni fa ma attualissimo, parla di quattro uomini costretti ad andare a viver insieme una volta separati. Si porta dentro situazioni comiche che celano un velo di verità amara. In La cena dei cretini, un classico, interpreto Pignon, un personaggio molto vicino al mio Tarcisio come corde comiche, tenero, ingenuo e combina guai. Due spettacoli molto diversi tra loro e con un ruolo in cui mi trovo molto bene”.
Il teatro è una macchina stupenda, con radici storiche e un patrimonio. Ma se non è ben “oliata” rischia di diventare eccessivamente “d'epoca”: cosa fare perché non accada?
Abbiamo visto molti teatri chiudere, alcuni che hanno fatto la storia del teatro milanese come il Ciak, lo Smeraldo, il Teatro delle Erbe... Sono diventati parcheggi e aree residenziali, che peccato. I piccoli teatri continuano a funzionare ma fanno fatica, e peso sia perché i contributi dello Stato e dei Comuni vanno sempre e troppo agli stessi. Il mondo del teatro dovrebbe adeguarsi. Voi di Teatro.it state contribuendo a farlo ad esempio: coinvolgete i teatri, gli attori e il pubblico, un buon modo per portare pubblico a teatro.
I giovani cosa si perdono del teatro?
Sono distratti da mille cose, vivono spesso di riflesso la vita altrui, non sono abituati a parlare a rapportarsi. Consiglio loro di provare a fare teatro, un mezzo che disinibisce, da sicurezza e ti fa imparare a parlare e rapportarti con gli altri. Dovrebbero provare il teatro e poi andare a vedere chi lo fa di professione.
Qui le tournée di entrambi gli spettacoli.
INFO e DATE: Casalinghi disperati
INFO e DATE: La cena dei cretini