Opera Notte–Senza Cuore ha debuttato a San Valentino e resta in scena alla Fabbrica del Vapore fino a sabato 24 febbraio. L’ultima sera ci sarà una grande festa dionisiaca per nottambuli d.o.c., col DJ, i video, cibo, bevande e la possibilità di ballare. Le ragazze della Compagnia Teatrale Dionisi sono in gamba, hanno conquistato forti legami con Milano e il suo territorio. Quasi tutte uscite dall’Accademia Paolo Grassi, dopo anni di esperienze il Teatro dei Filodrammatici le ha ospitate alla Fabbrica del Vapore, modificato per esigenze di allestimento a loro scelta. Sono tutte fra i 25 e i 35 anni e ho parlato con Valeria Talenti, la regista e con Renata Ciaravino, autrice del testo. Alessandra Maculan, direzione organizzativa, mi ha offerto altri dettagli e ho incontrato i quattro musicisti: Massimo Betti alla chitarra, Donato Biscione tastiere e sax, Elvio Longato alla batteria e Giulio Sagone al basso.
In cosa consiste ‘Opera Notte’?
(Valeria) Vieni a vedere musica e teatro, come nel caso dell’Opera da Tre Soldi di Brecht. La nostra non è musica di sottofondo ma è fondamentale. Brecht diceva che “la musica prende partito” quando diventa fondamentale.
Cosa vorreste esprimere con questo ‘viaggio nella notte metropolitana alla ricerca di nuove emozioni’, come recita il sottotitolo?
(Renata) E’ come il desiderio di un volo per scoprire cosa sia la notte, senza uno sguardo preciso ma come guardando dall’alto. Per vedere cosa succede a Milano. Da quando ho cominciato a scrivere, la storia è passata dal folk della notte a una zona d’ombra, quindi alla fusione tra le due cose.
Che significa?
(Renata) Voglio dire che di notte scende il buio e il mio pudore è nascosto. Io mi sento protetta a dire quanto non avrei il coraggio di dire di giorno. Così sono nati i personaggi che raccontano, direttamente al pubblico, le loro confessioni. Utilizzo la musica, che aiuta quanto la notte, perché mi offre un appoggio sensoriale a dire cosa provo.
Com’è la trama?
(Renata) Ci sono sei personaggi concreti nella mia storia: una coppia di amici che vivono in periferia, in un quartiere come Baggio, dove abbiamo fatto realmente le prove e abbiamo assorbito i modi di dire e di fare di tanti ragazzi che vivono là. Poi c’è una coppia che vive assieme forse da 30 anni ma i due devono ancora parlarsi seriamente. E c’è una ragazza, che vuole riuscire a partecipare a un quiz televisivo.
E il sesto personaggio?
(Renata) E’ il Corifeo, il capo coro. E’ l’ultimo personaggio, la voce dell’anima di tutti, dei protagonisti come dei musicisti e della notte. Il Corifeo è un tentativo di esprimere un contraltare poetico alla crudezza dei concetti espressi.
I musicisti hanno lavorato sui testi o i testi si sono ispirati alle musiche?
(Renata) Nessuno ha mai avuto un copione scritto perché di giorno in giorno cambiavamo il montaggio o altro. Ognuno ha collaborato senza metodo di relazione. Mentre scrivevo il testo, io ho ascoltato tantissima musica per i fatti miei e i musicisti sono stati abbastanza liberi da offrire spunti, che hanno talvolta provocato cambiamenti nel testo stesso e viceversa.
(Massimo Betti, il chitarrista) Abbiamo lavorato col copione o parlando fra noi, per raccontarci l’atmosfera da creare. Abbiamo composto tre blocchi relativi a particolari personaggi, a Corifeo, alla notte e temi scritti da noi, intesi come cover: c’è ‘La Notte’ di Adamo, ci sono due pezzi dei Radiohead, c’è Neil Sedaka. Ma non c’è una vera partitura, stiamo cambiando ancora. Certi brani arrivano dalla memoria, canzoni che i nostri genitori magari ascoltavano quando eravamo piccoli: è musica sedimentata.
Come avete creato la messa in scena?
(Valeria) C’è una parte di palco che avanza verso il pubblico; le storie non seguono un plot ma si rincorrono, come fossero finite nello shaker di un barista. Trovo che sia uno spettacolo un po’ circense e un po’ da tragedia greca.
Non è curioso che parliate di tragedia con ‘La notte è piccola’ delle gemelle Kessler?
(Renata) Siccome ci muoviamo in zona tragica, io ho voluto alleggerire e ironizzare con delle canzonette come questa, per evitare di cadere nel tragico e gelare la fruizione dello spettacolo da parte del pubblico. Noi siamo fatti così, penso: così sommersi dalle tragedie reali che ci sembra difficile toccare punti di non ritorno dell’attualità. Vedi, parlare di Edipo che uccide il padre e se la fa con la madre ci lascia indifferenti, mentre cose attuali ci portano invece non a sottrarci alla vera tragedia, ma a concederci alla tragicommedia. Dando spazi, anche musicali, per sentire un pizzico d’ironia. Ma il contesto resta drammatico.
Concludendo, cos’è Opera Notte?
(Renata) Si fa uso visivo di colori, un uso di corpi che può essere onirico, circense, grottesco… Ma il catering ci salva! Piuttosto che niente, offriamo da mangiare e da bere, cuciniamo noi e piuttosto bene. Non ci saranno i tavolini ma alla Fabbrica del Vapore ci sono sedie e ognuno si arrangia. La denuncia esistenziale per me è quando diciamo che non ce la facciamo più. Parlare di essere umani nel 2007 significa sapere che un uomo soffre a vivere in questo contesto. Ho usato un linguaggio crudo non perché mi piacciano le parolacce ma oggi i ragazzi parlano così e volevo arrivare alla verità in modo secco, senza parole vuote o inutili.
(Valeria) I due ragazzi di periferia, Cambio e Pirata, rappresentano la coppia e parlano assieme ma sono solo amici. La vera coppia, composta da un signore e una signora, si sfiora ma tra loro non c’è dialogo, parlano solo al pubblico. Abbiamo tentato di raccontare l’autenticità, senza pruderie. Bisogna ricordarsi che nelle metropoli esistono i sentimenti e andrebbe insegnato nelle scuole cos’è l’affetto, l’amore, non solo il senso civico. Se nessuno ti insegna ad avere un cuore, bisogna riuscire a raccontare in tempo il dispiacere, prima che parta il delitto.
Teatro