Teatro

Paolo Caiazzo, quando il cabaret incontra il teatro

Paolo Caiazzo, quando il cabaret incontra il teatro

Nato nella stessa cittadina che ha dato i natali anche al grande Massimo Troisi, S.Giorgio a Cremano, allievo di Antonio Casagrande, e formatosi attraverso una lunga gavetta nelle compagnie filodrammatiche e nei club, Paolo Caiazzo è sicuramente uno dei più talentuosi cabarettisti nati in quella grossa fucina che è stato il Tunnel di Napoli, da cui hanno mosso i primi passi quasi tutti i più importanti rappresentanti campani di questo genere. Il suo personaggio di Tonino Cardamone, pazzo per convenienza, poiché per questa sua presunta infermità gode di una pensione che gli consente di vivere comodamente a casa, e, soprattutto può dire tutto ciò che gli passa per la testa, è stato uno dei più fortunati ed applauditi nella trasmissione Bulldozer, dove raggiunse, finalmente, la popolarità nazionale. Quel personaggio è anche il protagonista, per la seconda volta, di una commedia teatrale, con la quale ha recentemente debuttato al teatro Acacia di Napoli, dal titolo “Tonino Cardamone ed il mistero fatto in casa”. Lo abbiamo incontrato in camerino, insieme ai suoi compagni di scena e di scrittura, i componenti del trio Ardone, Peluso e Massa. Caiazzo, questo spettacolo ci sembra, rispetto al precedente “Tonino Cardamone, giovane in pensione”, che abbia una più spiccata fisionomia teatrale e meno cabarettistica. È vero, abbiamo cercato di epurare il testo da tutti gli eccessi di caratterizzazione, dedicandoci principalmente alle situazioni ed alla trama Quanto è importante, in scena, la sua formazione teatrale? Le basi teatrali mi danno l’opportunità di interpretare un personaggio, di giocare con i gesti, con la voce, con tutti i mezzi, insomma, di un attore. Come giudica il suo modo di fare cabaret? Cerco di non essere mai aggressivo né volgare. Anche in questo spettacolo teatrale, in cui, con Corrado, Massimo ed Ettore (il trio Ardone, Peluso e Massa, ndr.), abbiamo giocato con il fenomeno che è stato lo scorso anno “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown, ci siamo impegnati affinché non risultasse offensivo nei confronti della religione e dei credenti. È insolito che un testo teatrale sia scritto da quattro persone. Come fate? Per quest’ultimo lavoro ci siamo letteralmente segregati nella mia casa a Santa Maria di Castellabate, dove, man mano che il testo prendeva forma, provavamo la sua funzionalità recitando le battute. Non è difficile scrivere in un’atmosfera di collaborazione totale, in cui ognuno di noi mette su carta il proprio stile e le proprie caratteristiche comiche. Anche per le battute destinate a Maria (Maria Bolignano, altra irresistibile interprete di questo e del precedente spettacolo, ndr) nascono grazie alla profonda conoscenza che abbiamo del suo modo di interpretare i suoi personaggi. Le nostre energie poi si fondono per trovare uno stile ben definito nel risultato finale. Come nascono i vostri spettacoli Il tutto nasce spesso casualmente. Il titolo per esempio, ci è venuto in mente mentre passeggiavamo qualche mese fa per le strade di Napoli, mentre l’idea di trattare l’argomento “codice Da Vinci” ci è stato stimolato, più che dal libro stesso, dal fenomeno di massa che esso ha causato, soprattutto il fatto di come una tesi nata dalla fantasia di uno scrittore possa diventare, nel passaggio al pubblico, un’assoluta verità che manda in frantumi millenni di fede. Quali sono i punti di riferimento ai quali vi ispirate nello scrivere e nel recitare? Diciamo un po’ tutto il teatro di tradizione napoletano, puntando, però, ad affermare un nostro personale stile. Quanto girerà questo spettacolo? Abbiamo in programma una tournèe che ci vedrà per ora impegnati in tutto il sud Italia, quindi, nella prossima stagione, speriamo di allungarci anche nel resto della penisola. In bocca al lupo!