Teatro

Pierfrancesco Favino in 'Servo per due': 'Penso alla soddisfazione del pubblico'

Pierfrancesco Favino
Pierfrancesco Favino

"Gli spettatori escono da teatro fischiettando le canzoni, ripetendo le nostre battute. Non c'è soddisfazione migliore"

Arlecchino torna in scena in una versione tutta inglese con l’interpretazione di Pierfrancesco Favino che ha adattato l’inglese “Servo per due”» di Richard Bean (“One man, two guvnors”).
La commedia è tratta da “Il servitore di due padroni” di Carlo Goldoni, uno dei più grandi capolavori della storia del teatro italiano. Nella versione in scena il 9 dicembre al Teatro Manzoni di Milano l’azione si sposta dalla Brighton degli anni ‘60 all’amarcord della Rimini del 1936, trasportando quindi la comicità tipica inglese nel nostro universo italiano che regala una nuova lettura  al testo.
Per Favino non si tratta solo dell’ennesima prova da attore bravo qual è, in questo caso ha scelto di firmare insieme a Paolo Sassanelli anche la regia dello spettacolo.
Completano il cast la presenza degli attori del Gruppo Danny Rose che si alterneranno nei 13 ruoli durante tutta la tournée e la musica eseguita dal vivo dell’orchestra Musica da Ripostiglio.

L’abbiamo appena vista interpretare Giorgio Ambrosoli nella miniserie “Qualunque cosa succeda”. Adesso la ritroviamo protagonista di “Servo per due”. Quando un attore è bravo può fare proprio tutto?
Bisogna essere sempre preparati, non risparmiarsi mai. Credo che servire le varie di drammaturgie sia il valore principale che deve avere un attore.

Come si è trovato nel ruolo di co regista?
Mi sono divertito. In fondo la regia parte dalla collaborazione di tutto il gruppo. Il lavoro con gli attori è quello che regala una padronanza più forte del palco, apre altre possibilità. I veri attori devono essere consapevoli e io credo che le nuove generazioni di attori lo siano per queste dinamiche cercano di rispondere a una situazione di crisi con molta vitalità

Qual è stato il suo contributo alla regia?
Innanzitutto un'attenzione al pubblico perché credo che il primo passo per un gruppo corale come il nostro sia far emozionare chi è venuto a guardarci. Chi esce dal mio spettacolo dovrebbe poter dire “che bella compagnia”. Perché in fondo la nostra è un'esperienza collettiva.

Ha deciso di scegliere un grande classico in una versione rivisitata inglese. Paura di confrontarsi con i mostri sacri?
A trent'anni in tutta Europa si riprendono i classici rivisitati. È la critica che tende a limitare le manovre mentre io sono aperto a tutte le possibilità. I teatri non sono destinati solo a chi già conosce un testo, altrimenti non ci sarà mai un ricambio generazionale che è ormai fisiologico.
Bisogna avvicinare i ragazzi al teatro, ampliare il pubblico e dare una sferzata ai cartelloni.

Questo testo a chi si rivolge?
Da cinque a oltre cent'anni possono venirlo a vedere tutti perché è un testo davvero divertente. Si va via contenti di aver pagato il biglietto.

Un grosso senso di responsabilità.
Non potrei accettare di veder la gente delusa. Chi decide di staccare la spina per una serata deve tornare a casa con qualcosa in più. E se non credete a me guardate social network. Gli spettatori escono da teatro fischiettando le canzoni, ripetendo le nostre battute. Non c'è soddisfazione migliore, glielo garantisco.
 

"Servo per due" è in scena dal 9 al 31 Dicembre 2014 al teatro Manzoni di Milano.