Teatro

Quella volta che Pavarotti cantò 44 gatti con il Piccolo Coro dell’Antoniano

Quella volta che Pavarotti cantò 44 gatti con il Piccolo Coro dell’Antoniano

Più di 1300 bambini in oltre 50 anni di storia. Nonostante i talent show che rischiano di soffocarlo, l’Antoniano resiste con orgoglio e piace a tutte le generazioni. Il merito? Una mission unica e speciale, unita a una forte identità.

“Noi ci teniamo al made in Italy: abbiamo deciso di affidare ogni canzone ad autori italiani: i nostri sono veri e propri laboratori artigianali”, ci racconta Fabrizio Palaferri -Produttore Esecutivo di Antoniano Production- e vera colonna portante di questo mondo che lui stesso definisce “magico”. Un mondo che viene portato anche sul palcoscenico: per i suoi primi 60 anni, lo Zecchino d’oro si regala un Musical a teatro. È Il Magico Zecchino d’Oro, spettacolo che sta toccando varie città italiane, tra cui Bolzano, Verona, Bergamo, ovviamente Bologna, Foggia, Taranto, Milano per chiudere a Roma.
 

Un passo indietro importante, che non tutti sanno: come nasce l’Antoniano?
Fu l’intuizione di un giovane frate, un cappellano militare che aveva vissuto la fame e che, tornato a Bologna, decise di aprire una mensa per i poveri. Ma le attività della mensa necessitavano fondi e pensarono quindi a delle attività culturale per bambini: un’idea che negli anni ’50 era rivoluzionaria, così legata al concetto della bellezza della cultura. Oggi l’Antoniano è ancora questo e lavora su tre ambiti precisi: la parte onlus (la mensa, ma non solo), la formazione (l’accademia e la danza, per esempio) e la parte produzione, che va dallo Zecchino ai cartoni animati.


“Piccolo” Coro mica tanto, dato che i bambini sono tanti. Come si gestisce un progetto così importante? Con quali regole?
Innanzitutto, con professionalità. Ciò che cerchiamo deve veramente essere di qualità a 360° e vogliamo lavorare con i migliori. Quest’anno abbiamo per esempio Peppe Vessicchio che controlla tutta la parte strumentale: i bambini devono sentire il suono dell’oboe vero, niente artifizi. Poi la familiarità: chi entra qui, entra in una famiglia, dove si lavora insieme senza fatica. Devi crederci, perché è un percorso che può andare avanti diversi anni. E chi lavora qui non sentirsi parte di un’azienda. Io sono il primo a dire sempre: non lavoro all’Antoniano, ma sono parte dell’Antoniano.

A proposito di Zecchino d’Oro: come si mantiene vivo, originale e attuale, anche rispetto ai baby talent show che imperversano?
Noi partiamo sempre dalle canzoni: apriamo un concorso dove arrivano oltre 500 pezzi, firmati da grandi autori ma anche da esordienti. Abbiamo una commissione allargata, composta da giornalisti, cantanti, psicoterapeuti, maestri. E le canzoni che scegliamo devono avere dei requisiti precisi: emozionare, divertire, parlare di aspirazioni, devono essere canzoni per i piccolissimi ma anche per i più grandi. E devono sempre avere un messaggio.


Infatti le canzoni dello Zecchino hanno sempre al centro le tematiche sociali: quali sono quelle che vanno per la maggiore negli ultimi anni?
Il bullismo, la diversità, l’inclusione sociale, ma anche le nuove tecnologie e i nuovi linguaggi. Si segue il mondo, insomma: se nel 1968 si cantava 44 gatti, c’era un motivo e il testo, se lo si legge con attenzione, parla dei gatti che si ribellano al padrone. Ma abbiamo parlato anche di divorzio, di fumo, di disabilità: è questo il cuore del nostro lavoro. E, grazie al rapporto con la RAI, le canzoni le abbiamo trasformate anche in cartoni animati. Così il messaggio continua a circolare.


Momento backstage: come vengono selezionati i piccoli cantanti?
Due volte l’anno apriamo il bando sul giornale di Bologna: arrivano circa 150 bimbi a sessione. Sabrina Simoni, direttrice del coro da oltre vent’anni subentrata a Mariele Ventre, li ascolta, valuta l’intonazione e decide. Quelli più piccoli, anche di tre anni, entrano nel pre-coro, dove restano un anno circa. L’impegno che richiediamo ai bambini è di circa due o tre volte a settimana, come una scuola di canto qualsiasi. Poi, ovviamente, se mutano le esigenze, sono liberi di andare, ma c’è chi resta con noi fino all’età limite, undici anni. È una gran bella famiglia che “sente” il legame: c’è chi si ritrova ancora oggi, ultraquarantenne, per cantare insieme.


Ci racconta un aneddoto sulla mitica Mariele Ventre, fondatrice e prima direttrice del coro?
Avevamo organizzato una sorpresa nella casa di Modena di Luciano Pavarotti, che in realtà si aspettava una troupe per un’intervista e invece si ritrovò la casa invasa da bambini che gli chiesero di cantare 44 gatti, con noi che filmavano e Mariele che dirigeva questo coro casalingo. Lui rise e ovviamente si prestò, e io gli chiesi anche di ricantarla per inquadrarlo da un’altra angolazione per poi fare un montaggio particolare. Tornammo a Bologna di corsa per montare il servizio per il giorno dopo, e alle 22:30 sentiamo qualcuno bussare alla porta dello studio di registrazione: era Mariele con un vassoio di pasticcini. Voleva sapere in cosa consisteva il montaggio, era curiosissima e restò lì con noi fino all’ 1:30 di notte!

Ora lo Zecchino d’Oro è anche a teatro. Di cosa si tratta?
Innanzitutto, è un sogno che si avvera. Grazie anche a Fondazione Aida, è stata trovata una chiave nuova, utilizzando canzoni dello Zecchino per ricostruire una storia che avesse un senso proprio all’interno di questo percorso di canzoni, che sono ri-arrangiate e interpretate da attori adulti. I feedback sono ottimi, perché piace comunque molto anche ai bimbi.


Bologna caput mundi, almeno per quanto riguarda la musica: jazz, nomi importanti… tanto che ci studiò anche Mozart. E poi, l’Antoniano. Da dove nasce questa identità musicale così forte?
Sicuramente dalle tradizioni: l’Università è antichissima, il conservatorio anche. E poi, negli anni, anche dalla movida bolognese, con tutta la cultura correlata. Basti pensare al gruppo Lo Stato Sociale, finalista al Festival di Sanremo: sono ragazzi bolognesi legati al territorio e talmente visionari che quando hanno deciso di andare a Sanremo hanno detto: “Perché non portiamo i bambini dell’Antoniano? Il coro lo sentiamo come identità bolognese”. Ecco, la risposta sta nella loro risposta.

Lo sappiamo che deve essere super partes, ma anche lei avrà la sua canzone preferita in tanti anni di Zecchino d’Oro…
(Ride). Sì, è vero. Ma credo che valga per tutti: alla fine, è quella di quando sei bambino tu. Per me è Popoff. La cantavo sempre: mia mamma mi diceva di fare la stessa espressione imbronciata del bimbo che la cantava! Mi veniva anche benino…