E' un artista serio, Raul Cremona. Uno che ha lavorato e lavora sodo, senza adagiarsi sugli allori. Una persona di grande spessore, umano e culturale, sempre puntuale, sempre gentile (e non è da tutti). Uno, in pratica, che non "se la tira". Prestigiatore, comico, attore: i suoi personaggi strampalati e un po' buzzurri, come il mago Oronzo, Jacopo, Yuri e Omen, sono davvero l'ossimoro della sua essenza e forse è proprio per questo che gli riescono così bene. Lo spettacolo "must-have" da vedere è "Prestigi", una summa della sua arte e del suo personaggio, attualmente in tour e in scena il 24, 25 e 26 marzo al Manzoni di Milano, sua (amatissima!) città natale.
Porti in scena da qualche anno ormai questo tipo di spettacolo, e sempre con successo. Come l'hai cambiato, nel tempo?
Normalmente la mia tecnica è quella di mescolare, come si mescolano le carte. In realtà in questo spettacolo c'è un po' più voglia di raccontare la mia passione per i giochi di prestigio, a differenza degli altri in cui mi concentravo più sui personaggi che portavo in tv, e che anche qui ovviamente non mancano. In "Prestigi" c'è una vena più introspettiva, oltre che cabarettistica e prestidigitatori, che mi è molto consona.
Il coinvolgimento del pubblico è una delle tue armi migliori. Come scegli le persone?
Prima di tutto è necessario instaurare un buon rapporto con il pubblico. Successivamente studio i tratti somatici, alla Lombroso, e seleziono i soggetti più interessanti. Una volta che la vittima prescelta sorride consenziente significa che ha deciso di farsi "trattare male" da me. E' allora che la chiamo sul palco.
Ci racconti qualcuno di loro che ti ha colpito in particolare?
Ne succedono di tutti i colori. Qualche sera fa, una persona ha preso una carta e l'ha rimessa nel mazzo ma senza averla guardata come il gioco richiedeva. Poi l'ha ripresa in mano ma senza rimetterla nel mazzo, come gli chiedevo. Insomma è andata nel pallone, è stato così divertente da sembrare un numero preparato. Il pubblico è realmente la più grande sorgente gag.
Cosa ne pensi dei mentalisti così in voga ora? E' una forma evoluta del prestigiatore?
Il mentalismo nasce negli anni '50, ma ha radici più antiche: già alla fine dell'800 erano presenti fenomeni come lo spiritismo di cui il mentalismo è la derivazione. Oggi va di moda perché è la parte più "virile" della magia: i prestigiatori non possono più stupire tirando fuori fiori di carta, foulard di seta perché sono retaggi del varietà ormai tramontato. Il mentalismo, invece, è più intrigante, fa più presa sui giovani. Ma il mentalismo può costituire solo una parte dello spettacolo di varietà: anche i più bravi illusionisti non si cimenterebbero mai in uno show di 1 ora e mezza incentrato solo sul mentalismo...risulterebbe noioso.
Come mai ci sono tanti maghi...e si vedono poche maghe?
E' una domanda che, in realtà, non ha risposta univoca. La magia, l'illusionismo, il desiderio di comunicare con l'occulto, è un fatto tipicamente maschile. Anche se nella tradizione la donna è sempre presente come partner, non vuol dire che non possa fare magia, anzi, oggi in America ci sono moltissimi esempi di donne mago. Per quanto mi riguarda le donne sono naturalmente predisposte al Mistero, di cui sono portatrici e conoscitrici grazie al dono della maternità.
Cosa non ti piace più del mondo del teatro e dello spettacolo?
Sento che il mondo del teatro è un'enclave chiusa, nella quale è difficile entrare. Io stesso ci sono entrato come "attore di teatro popolare", con fatica. Non mi piace quando nel mondo dello spettacolo avanzi solo grazie alle conoscenze giuste.
E cosa ti piace, invece, ancora?
Lo spettacolo in se': quando salgo sul palcoscenico provo la stessa emozione di tanti tanti anni fa, quando iniziai sulla tavola di un oratorio. Mi diverto e penso che il pubblico senta la mia energia e la passione grande per quello che faccio.
Chi stimi tra i tuoi colleghi artisti?
Mi piacciono in generale tutti quegli artisti che usano più l'intelligenza che l'istinto. Ho una passione per Giovanni Storti (di Aldo, Giovanni e Giacomo) che in parte mi assomiglia: abbiamo la stessa milanesità, lo stesso cinismo ironico che ci consente di vedere cose che agli altri sfuggono.
Qual è il segreto del successo?
Non pensare di averlo mai avuto.