Alto e snello, forse un po’ troppo magro, gli occhi grandi, intelligenti, appassionati, da artista, lo sguardo perso nei suoi pensieri oppure attentissimo verso chi gli parla, Renato Sarti non passa inosservato anche senza far nulla per mettersi in evidenza. Sarà il magnetismo del regista o il fatto che l’ho già visto in scena diverse volte, sempre ammirandone i testi e le interpretazioni, fatto sta che intervistarlo è un vero piacere. E lui partecipa con energia, come avesse deciso di farla lui, l’intervista. So che ha aperto nel 2001 il Teatro della Cooperativa nel quartiere Niguarda di Milano: un motivo di orgoglio oltre che una bella impresa, di questi tempi. Adesso ha portato Il sogno di una notte di mezza estate al Teatro dell’Arte, fino al 2 novembre, spettacolo da non perdere. Scopriamo di poterci dare del tu.
Che fai in Teatro, adesso?
Ho dedicato la stagione 2008-2009 a Franco Basaglia e ho debuttato con il “Sogno di una notte di mezza estate”, ospitato al Teatro dell’Arte per via dei 18 attori sul palco che da noi non ci stavano. La compagnia include una dozzina fra stranieri e donne, entrambi categorie discriminate al giorno d’oggi. Voglio aprire il teatro alla gente, farlo nei cortili e anche nelle trattorie. La mia opinione è che le periferie, come il quartiere Niguarda e altri simili, non devono vedere solo l’esercito e la polizia ma devono operare con la cultura. Qui non c’è un cinema, questo è un quartiere dormitorio ed esiste una grande solitudine. Intendiamo aprire spazi per anziani e animarli; cerchiamo l’aiuto di chiunque.
Dici Basaglia per riferirti a chi è emarginato?
Dico che prima di Basaglia i manicomi erano dei veri e propri lager e ricordo che lui scriveva: “C’è la paura del diverso, tra cui vedo le persone di colore e gli ebrei”. Ricordiamoci che all’inizio le camere a gas di Hitler furono usate non per ebrei, zingari o politici, bensì per malati di mente, handicappati e bambini down. Il razzismo mediatico in corso è gravissimo e lo dimostra un fatto: io non ho mai avuto la possibilità di vedere in faccia l’assassino di Abba perché non si è mai visto, non ci sono fotografie. Fosse accaduto l’opposto, un nero che massacra a sprangate un bianco che ruba biscotti, il volto del nero assassino sarebbe stato sbattuto in prima pagina per giorni e giorni. Invece, l’assassino di Abba io non l’ho mai visto e questo per me è grave.
Credi necessario e utile denunciare le ingiustizie?
Shakespeare scriveva delle malefatte di Maria Stuarda ma ai suoi tempi esisteva una feroce censura, per cui nomi e tempi erano alterati. Oggi noi possiamo andare in scena e fare nomi e cognomi, la censura non c’è più. Io lavorato per otto anni con Dario Fo e ritengo che il teatro debba parlare di oggi e di noi. Il nostro Teatro vuole dare una risposta al clima attuale e perciò dedica la sua stagione ai ‘diversi’ e all’istituzione negata.
Secondo te anche le donne sono discriminate?
Se ne presentano ai provini tantissimi, tante davvero brave, ma non si sa come utilizzarle. A parte gli ultimi testi che io e Bebo Storti abbiamo scritto per noi due, in generale gran parte dei miei lavori hanno ruoli femminili molto forti. Come quello su uno dei più grandi campi di internamento della seconda guerra mondiale: quando ho affrontato il tema della deportazione, trovavo terribile quanto veniva fatto a chi era femmina. Poi parlo di donne ricoverate in manicomio e così via. C’è Lia, nella storia sulle partigiane, Nome di battaglia Lia. Grazie al nostro spettacolo e alla raccolta di firme che abbiamo lanciato, forse oggi quella donna è riconosciuta anche dal Comune come un eroe e ha un giardino intitolato a lei. C’è la testimonianza di una donna che ha partorito a Ravensbrook e quello di una donna che a Cournier venne torturata per quasi un mese, nella maniera più truculenta. Finisce con un certificato medico che dimostra che le è stato asportato l’utero per le violenze subito. Purtroppo la donna è una vittima prediletta.
Insomma, ti distingui dalla massa?
Penso che facevano bene gli antichi che, perlomeno, nonostante che forse ai loro tempi l’atmosfera fosse perfino più pesante di oggi, avevano un Dio che era femmina: la dea della fertilità, della nascita, della vita. Solo che poi arrivano i Greci, fanno un dio maschi e cominciano le guerre e le tragedie.
Vuoi dire che gli uomini sono proprio guerrafondai?
Come ho già detto in altre occasioni, noi maschietti non comprendiamo bene il mondo, non sappiamo dare la vita, ci manca l’esperienza di gravidanza e parto. A capire le cose ci arriviamo sempre un po’ dopo. Non so se è un bene o un male, ma noi non riproduciamo la vita.
Ma che pensi delle donne?
Sull’arrivarci prima, riguardo al capire: osserva Romeo e Giulietta. Romeo scavalca il muro, arriva sotto la finestra e attacca a parlare della luna, degli uccellini che cinguettano perché lei è bella come il sole e via di seguito. Lei invece, appoggiando il gomito al davanzale del balcone, sporge il capo e poggia la guancia alla mano. E pronuncia la più grande sintesi di cosa sia la guerra e di come gli errori degli adulti ricadano sui ragazzi. “Ahimè”. Sono 5 lettere e lei ha già compreso tutto. Gli dice insomma ‘ma cosa ci fai qui, ti ammazzano’. Lui invece alza la voce, si dimena, si fa notare, ‘ehi, sono qua!’. Fa il pirla mentre lei invece ha già capito.
La crisi finanziaria che stiamo attraversando potrebbe renderci migliori?
Pagheranno sempre i più deboli, purtroppo. Se un 20% del mondo ricco portasse verso un periodo di austerità, sarebbe geniale. Io non uso acqua in bottiglie di plastica, mi terrorizza lo spreco, sono sposato e due figli ventenni, abbiamo una macchina in 4, neanche per scherzo permetto che si parli di comprare la seconda auto. Se un figlio ha bisogno, piuttosto prende un taxi ma di un’auto in più neanche a parlarne. Fa un po’ bene evitare di inquinare ancora e magari fare quattro passi. Paolo Rossi, in un suo ultimo spettacolo, ha ipotizzato che, coi tanti che si sfiancano col lavoro e tanti altri che pagano per fare fitness, gli si chiedesse di fare cambio. Perché no?
Sei anche ecologista, oltre che socialmente impegnato?
Ma si ritorcerà contro di noi, questo consumo di benzina! A me qualcuno dovrebbe assicurarmi che tutto quel petrolio, risucchiato da sotto terra, non serve a niente. E’ vero che ce n’è tanto, ma tutto questo spreco è un concetto che mi manda in bestia. Come si fa poi ad ammazzare tanti animali a rischio di estinguerne le specie, magari per farsi il gioiellino? Siamo noi le vere bestie, non le tigri, che sono bellissime. Questo mondo ha perso, a causa del consumismo sfrenato, il senso delle cose. Perché noi riteniamo che tutto ci sia dovuto, ogni volta che si apre il rubinetto dell’acqua o si accende il gas. Bisognerebbe ringraziare di averne, mentre nel mondo gran parte della gente fatica per procurarsi l’acqua e il fuoco per cucinare: gran parte delle loro giornate passa nel tentativo di procurarsi queste cose. Forse un po’ di panico potrà ridestare la gente da questa bambagia.
Qual è il tuo sogno?
Il sogno più grande è che tutti fossero assunti con contratti fissi e non part time. Che avessimo una sede a fianco del Teatro più grande, con un palco su cui lavorare in tanti. Avere il Teatro per insegnare ai giovani e che qualcuno prendesse il mio posto. Non significa che mi ritiro ma non vorrei continuare fino ai 70 anni. Vorrei offrire maggior sicurezza, maggiori introiti, invece siamo sempre a elemosinare contributi che vengono dati col contagocce. Uno che viene a lavorare da me vorrei potesse permettersi di avere un figlio e stare a casa 6 mesi per farlo. Purtroppo la precarietà è una cosa inquietante un po’ ovunque. Vorrei che il mio teatro diventasse un punto di riferimento per il quartiere Niguarda. Le periferie sono state abbandonate per decenni e per trovare un luogo di dibattito, di poesia o cultura si deve andare in centro.
Riesci a rilassarti?
Mi piace molto il mare e se posso lì mi rilasso. Un bel libro, una bella passeggiata, un giro in bici. Milano, come salute e habitat, non è il massimo dell’accoglienza ma non resisterei a lungo lontano. Penso che in un paesino dell’Umbria potrei diventare un caso etilico da studiare.
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