Debutta al Teatro Elfo Puccini di Milano uno spettacolo che si preannuncia molto interessante e divertente, proposto su diversi livelli: Shylock, il mercante di Venezia in Prova, dall’1 al 13 febbraio. A idearlo sono stati Roberto Andò e Moni Ovadia, che hanno tratto il loro lavoro da William Shakespeare. Entrambi firmano la regia ma solo Ovadia sale a recitare sul palco tra i protagonisti, assieme a un magnifico Shel Shapiro, ex chitarrista dei Rokes e a tanti grandi interpreti: Ruggero Cara, Lee Colbert, Roman Siwulak, Maksym Shamkov, Federica Vincenti.
E c’è la Moni Ovadia Stage Orchestra, composta a sua volta da Luca Garlaschelli al contrabbasso, Massimo Marcer alla tromba, Albert Florian Mihai alla fisarmonica, Vincenzo Pasquariello al pianoforte e Paolo Rocca al clarinetto. Mi piace citare tutti i nomi perché ognuno costruisce un pezzetto di questa storia che da secoli parla al cuore e alla mente della gente.
Grazie a un gioco di teatro nel teatro, le riflessioni sull'antisemitismo e sulla storia, sul denaro e sul concetto stesso di arte si moltiplicano, con suggestioni che spaziano dalla cultura ebraica a quella pop: in un luogo imprecisato, a metà tra un ospedale e un mattatoio, in un futuro che è già cominciato… Ne parlo con Ruggero Cara.
Come vi è venuto in mente di mettere in scena un simile spettacolo?
E’ una riflessione sul mercante di Venezia. Per andarlo a riscoprire, qui si immagina un regista, che è Moni Ovadia, un po’ stanco e deluso, che viene coperto di soldi da un impresario, che sono io, per mettere in scena il Mercante di Venezia come vuole lui.
Vuol dire che gli attori allestiscono dal vivo lo spettacolo vero e proprio?
Esatto. Questo impresario sarà sempre più invadente e difatti vuole la parte di Antonio, il mercante nella commedia di Shakespeare, per giocarsi quello che avrebbe dato per vincere la scommessa: una libbra di carne per quei soldi. In prova, si usano continuamente i testi reali di Shakespeare e contaminazione. Poi, si sa, con Moni Ovadia, c’è la parte musicale e poi c’è Shel Shapiro, che fa il vecchio Shylock in modo antico, vecchio di 400 anni, il personaggio di sempre. Si alternano, in questa parte di Shylock, perché Shel è antico ma è anche rock. Lui canta una canzone bellissima e molto toccante.
Ma è geniale, un’idea grandiosa!
E’ uno spettacolo molto intrigante, è teatro di ricerca… ma il teatro bisogna sempre cercarlo, perchè non esiste in natura. Ed è giocato fino all’ultimo con tutto quanto si ha a disposizione. La parte femminile, la Porzia, che è un po’ prostituita, ma non dico di più perchè è usata come passepartout. Parla usando sia i versi di Porzia, sia quelli di Shakespeare con strane assonanze, con donne dei nostri tempi.
Ti sei divertito in questo lavoro?
Questo è il quadro della cosa. Sono contento perchè io, che sono attore zingaro, sempre in giro, sono contento anche se è stato faticoso, ma sono felice di tornare con quelli dell’Elfo. Ho iniziato la mia carriera da loro, ricordo ancora quando feci Satyricon, fino a Mary Poppins. Andare molto in giro rappresenta tanti sacrifici, ma in famiglia non avrei vissuto. Come in una commedia con Walter Chiari, e io ci ho fatto tutta una stagione con lui, ricordo che gli facevo di tutto, da amico e infermiere. Ecco, pure lui era zingaro!
Walter Chiari, per chi lo ha conosciuto di persona, resta uno degli artisti più straordinari del nostro tempo.
Assolutamente. E poi ho incontrato una altro ramingo come Moni Ovadia e adesso abbiamo altri progetti per il futuro. Come pure Shel Shapiro, per cui ho diretto il ritorno in teatro con lo spettacolo ‘Sarà una bella società’ come regista.
Quindi tu avevi già lavorato con Shel? Ripeterete quella bella esperienza?
Non so, è rimasto un flash. Sono anche in un punto di passaggio, io: avevo fatto Sarà una bella società, in cui si voleva sfuggire al rischio del revival, dove la memoria andava riscoperta se no è come una cerimonia. Adesso abbiamo occasione di riflettere su un’altra fetta della nostra storia e musica, quella egli anni ’80. Le idee e i progetti ci sono, ma è sempre più difficile portarli avanti, anche in termini di lentezze. Tutto è più faticoso, ci troviamo davanti a diecimila ostacoli, tutto è più farraginoso, inquinato politicamente…
Stai dicendo che il teatro e la musica in Italia sono bloccati?
Qui in Italia è sempre più difficile produrre, non solo per mancanza di soldi: lo dico per aver lavorato in Francia, ad esempio.
Anche tu fuggirai all’estero?
Ma no, certo che vado avanti, sono contento della mia vita, ma qui è più dura. Però si arriverà a farcela perché ci crediamo, perché vogliamo farlo e perchè le idee ci sono e usciranno. Considera lo show, che ebbe un enorme successo, Sarà una bella società: c’era il testo del povero Berselli, da poco scomparso, ma nulla si ferma. E’ buffo ma ultimamente, grazie al mio zingarismo, sto facendo molto questo ruolo di fare l’attore che fa i registi per i giornalisti: ad esempio ho diretto Travaglio e riempie i teatri. Ho fatto Giordano Bruno di Augias e ora sto facendo Un processo a Cavour, dove io faccio Cavour e l’accusatore sarà Gherardo Colombo, su testi di Augias e Giorgio Ruffolo.
Ma è fantastico: tu alla regia? E avete utilizzato un magistrato in pensione?
L’abbiamo già ‘rubato’ e lo rifacciamo in primavera per un processo con accuse gravi: è uno spettacolo divertente nel senso nobile del tempo.
Beh, a questo punto, ti posso chiedere cosa ne pensi della cronaca italiana?
Esco dalla lettura dei giornali un po’ depresso, ma perché siamo in una soluzione tale per cui pare che esista solo una soluzione magica, per cavarcela. Invece noi non ci dovremmo aspettare soluzioni magiche ma dovrebbe essere nell’agone della politica che si trovino soluzioni. Che ci stanno a fare al governo, se no?