Intervista a Andreina Garella regista di “Tempo di Smetterla”, Dipartimento di Salute Mentale A.u.s.l. di Reggio Emilia, Festina Lente Teatro.
1-Come si crea una buona intesa in un gruppo teatrale formato da persone con “diverse abilità?
Escludendo, paternalismi o atteggiamenti forzatamente benevoli che spesso caratterizzano il modo di porsi nei confronti di quelle persone che soffrono di difficoltà psichiatriche. Abbiamo tutti il diritto di essere uomini, donne con debolezze e incertezze fisiologiche, emozionati ed emozionabili, ciò che in nome del benessere viene continuamente censurato a favore dell'effimero. Ma l’intesa si crea anche ascoltando i pensieri, le riflessioni, gli entusiasmi, le ritrosie, gli umori, i silenzi soprattutto i silenzi. Tra silenzio e comunicazione può scattare una scintilla, si può superare una soglia, si può creare una curiosa intesa. Poi attraverso la pratica teatrale è possibile creare un luogo protetto dove sviluppare consapevolezza, sensibilità e ascolto, esplorando dinamiche di comunicazione valorizzando in questo modo capacità spesso nascoste.
2- Il teatro può essere inteso come luogo di annullamento o di valorizzazione delle differenze?
Il teatro è fatto soprattutto di umanità, di persone, di teste, di corpi. Non esiste un corpo uguale all’altro, ci possono essere corpi energici, forti, corpi potenti, autorevoli, corpi controllati, corpi fragili, corpi che esprimono pace, tranquillità, corpi giovani, vecchi, corpi magri, disabitati, corpi che parlano, corpi come atlanti e luoghi che svelano il loro vissuto e le loro relazioni. Corpi , persone, uomini, donne, umanità. Ognuno nasconde un mistero, una diversità. Mia attenzione è proprio quella di svelarla di renderla visibile sullascena.
3-Come nasce l’idea di uno spettacolo e di questo in particolare? Parti da un testo, dall’osservazione degli utenti, dagli incontri….?
Uno spettacolo nasce sempre da un’urgenza che ha a che fare con la nostra vita, quasi una necessità, un modo per esorcizzare le nostre paure. Esiste un argomento, si costituisce un progetto poetico, come un ingegnere progetta un ponte dalle arcate impossibili, si crea un atmosfera protetta in cui ognuno semina, si condivide il progetto artistico, si creano dei legami, si scrive la drammaturgia. Questa sequenza così facile da enunciare, è lunga pericolosa difficile ha bisogno di duro lavoro, di disponibilità e soprattutto di poesia sul cui territorio potersi smarrire per essere altrove per essere se stessi o altri, per essere lontani o vicini, per essere liberi. In particolare Tempo di Smetterla è nato in occasione del trentennale della legge Basaglia e dal bisogno di affrontare dopo anni di lavoro con lo stesso gruppo il tema della follia, nel tentativo di mettere fine a pregiudizi e luoghi comuni che spesso l’accompagnano. Abbiamo sentito l’urgenza di farci sentire senza nasconderci, anzi con orgoglio e dignità abbiamo messo in scena le nostre fragilità, ribadendo il concetto dello stesso Basaglia per cui la follia fa parte della ragione.
4- Qual è la poetica della vostra compagnia? Il messaggio che desiderate comunicare?
Ci piace definire il nostro teatro un teatro che sceglie di essere responsabile . La necessità del fare teatro è di servirsi del teatro per dire cose importanti e urgenti per creare relazioni, scambi, incontri, per resistere, difendercida un mondo che spesso ci spaventa e spesso non riconosciamo.
5- Un ultima domanda -è “Tempo di smetterla” di……-?
“È tempo di smetterla, con l’arroganza con la diffidenza, Con la paura che abbiamo gli uni degli altri, smetterla con la solitudine, bisogna ritrovare le parole. È tempo di smetterla, con l’indifferenza. È tempo di smetterla con i divieti di accesso, con l’abitudine che abbiamo alla violenza. È tempo di smetterla con l’assuefazione, con l’indolenza. Dobbiamo ritrovare il nostro tempo. Non ne abbiamo un altro”
Grazie,
AndreinaGarella
Teatro