Lo spettacolo “Copenaghen” compie dieci anni. Tra i protagonisti del thriller, tratto dall’opera di Frayn, vi è uno straordinario Umberto Orsini. L’attore, molto amato dal pubblico, in particolare quello modenese, vanta oltre 50 anni di carriera, spesa tra cinema, televisione e, soprattutto, teatro. Orsini, ci spieghi com’è nata l’alchimia con “Copenaghen”.
Questo spettacolo l’ho voluto io, nel 1999. E’ nato in una chiesa sconsacrata di Udine. Ho coinvolto in questo progetto attori straordinari quali Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice. Ce ne siamo subito innamorati e così lo abbiamo proposto alla Fondazione Emilia Romagna Teatro per lanciarlo. In questi anni abbiamo cercato di portarlo in scena ogni volta che i nostri impegni personali ce lo hanno consentito. E’ uno spettacolo molto richiesto dal mercato teatrale. Il testo è dello scrittore inglese Michael Frayn. I fatti che raccontiamo sono realmente accaduti.
Di cosa si tratta?
La vicenda è ambientata nel 1941, nella Danimarca invasa dai nazisti. Due fisici teorici molto famosi si incontrano e parlano a lungo, si scontrano. Sono l’ebreo Niels Bohr e il tedesco Werner Heisenberg, entrambi Premi Nobel e, un tempo, maestro e allievo. Oggi, nessuno sa di cosa abbiano parlato, quali conclusioni abbiano tratto. Il litigio che sfocia tra i due, di fronte alla moglie di Bohr, è il momento più importante della commedia. E’ certo che questi due scienziati siano stati molto vicini a possedere la formula della bomba atomica.
Un argomento alquanto difficile e delicato…
Si, i protagonisti affrontano un tema forte. Sul palco si parla di fisica, di filosofia, di politica, di rapporti umani, dello scontro tra etica e scienza. Il pubblico comprenderà appena il 50% dei dialoghi ma questo thriller piace e lo dimostrano i successi di questi anni. L’argomento è faticoso ma estremamente diverso da ciò che siamo abituati a vedere a teatro.
Quanto è importante la sintonia fra voi attori sul palco?
E’ fondamentale, così come il talento e la passione per ciò che facciamo. Recitare in “Copenaghen” è faticoso ma permettere di raggiungere un certo godimento attoriale. Il ritmo è frenetico, aggressivo. I temi che trattiamo sono buttati in platea con estrema violenza. Il piano di racconto è talmente elevato e veloce per cui servono per forza bravi attori. Certe note non possono essere raggiunte senza il talento.
Perché, da anni, ha scelto di collaborare con Emilia Romagna Teatro?
Sono molto legato a Modena e alla Fondazione. Da poco abbiamo rinnovato la collaborazione. Per altri tre anni è certo che produrremo ancora spettacoli insieme. Credo sia uno degli stabili più importanti d’Italia. Riesce sempre a buttar un colpo dietro l’altro. Ormai mi definisco l’attore dell’ERT. Ricordo con piacere un sondaggio fatto proprio dalla Gazzetta 25 anni fa, per il quale fui l’attore più amato dai modenesi.
E di sicuro lo è ancora oggi…
Lo spero. Ogni volta che torno a Modena vengo accolto con grande affetto. Dopo tanti anni e diversi spettacoli di successo, mi sembrava doveroso rinnovare la fiducia con ERT e i modenesi.