Teatro

Valerio Binasco: “Dobbiamo recuperare un rapporto viscerale con il teatro"

Valerio Binasco
Valerio Binasco © Donato Aquaro

“Un razionalista che fa gli scongiuri”:  ecco chi è il Don Giovanni di Molière per il nuovo consulente artistico del Teatro Stabile di Torino.

Nell’immaginario collettivo è il seduttore per antonomasia, “l’unica figura mitica che l’Europa abbia mai prodotta a eccezione del Faust”: questo è il Don Giovanni di Molière, in scena fino al 22 aprile al Teatro Carignano, nell’interpretazione di Gianluca Gobbi.
Il regista Valerio Binasco, di recente nominato nuovo consulente artistico del Teatro Stabile di Torino per il triennio 2018-2020, già da tempo ha intrapreso un efficace percorso in grado di mantenere il rispetto per i testi che mette in scena, senza però che questo costituisca un ostacolo al coinvolgimento degli spettatori.

«Oggi avvertiamo un’urgenza sacrosanta: ossia di recuperare il rapporto con il pubblico. Per questo, dobbiamo fare l’impossibile per renderci comprensibili, per emozionare ogni spettatore, per non farlo sentire “estraneo” rispetto all’opera».    


Dunque, lei pensa che questo Don Giovanni possa avere questa funzione "sociale" di "riprendersi" il pubblico, corretto?

Esatto. Il mio tentativo è quello di rendere lo spettacolo comprensibile e godibile. E credo che il compito del teatro, in definitiva, sia quello di commuovere e divertire. È necessario recuperare un rapporto viscerale e sensuale con l’antica favola del teatro, che trova compimento in un’epoca passata, dove i testi erano pensati in rapporto a un’incredibile fiducia nel teatro come festa dell’umanità. Il teatro contemporaneo, in qualche modo, ha sempre desiderato guastarla questa festa. Senza nulla togliere all’immensa potenza poetica di certi autori, io mi sono un po’ stufato di vivere nella luttuosa poesia dell’impossibilità: ho voglia di raccontare favole che parlano con energia e passione e questo linguaggio io lo trovo nei classici.


Don Giovanni - ph. Donato Aquaro

In che senso si potrebbe definire Don Giovanni un personaggio fuori dal tempo?

Ci sono personaggi che sono stati pensati, concepiti e scritti in un modo abbastanza magico dalla penna dei loro creatori. Personaggi che però trovano il modo di essere sempre attuali, adattandosi alla sensibilità che cambia nel corso dei secoli. La natura dell’uomo è sempre la stessa, cambia a volte la priorità che diamo a un certo tipo di sensibilità. Per esempio, noi pensiamo che La Gioconda è un capolavoro di Leonardo perché il suo sorriso è enigmatico, ma non credo che la categoria di ciò che è enigmatico fosse essenziale per Leonardo. La Gioconda, quindi, esce dal suo tempo ed entra magicamente nella contemporaneità: questo è il destino di certe grandi figure che si chiamano classici, proprio perché sono sempre contemporanei.

I giovani e il teatro: qual è il suo punto di vista su questo tema?

Il mio modo di fare teatro credo si rivolga particolarmente alla sensibilità giovanile. E poi, a livello generazionale, mi sento ancora vicino ai giovani perché ho un ricordo molto forte proprio della mia giovinezza, così come dei riferimenti culturali ai quali mi ispiro. Seguendo le repliche dei miei spettacoli, mi fa piacere sentire la qualità differente delle risate che provengono da un pubblico più giovane, rispetto a una platea più matura. E provo una particolare soddisfazione quando i giovani non sentono il peso polveroso o intimidatorio della cultura, ma passano una serata piacevole e commovente.


Don Giovanni - ph. Donato Aquaro

La sua carriera le ha portato tante soddisfazioni, sia come attore, sia in qualità di regista. Ma il suo istinto a cosa la rende più incline?

Io sono un attore, quindi il mio approccio al mondo dell’arte e della recitazione è quello di un interprete. Questo aspetto, in qualche maniera, guida, ispira e nutre anche il mio lavoro di regista, che è volto a valorizzare il lavoro degli interpreti, affinché essi si esprimano nel modo più sereno e profondo possibile.

Parliamo del suo nuovo incarico presso il Teatro Stabile di Torino: consulente o direttore artistico?

Si tratta di un incarico di consulenza artistica, che non alleggerisce la mia responsabilità. Anzi, io rivendico con un certo orgoglio la figura del consulente: questo è un teatro che non ha bisogno di un direttore artistico vero e proprio, perché funziona benissimo, è un luogo dove circolano moltissime idee, che si condividono volentieri e molto serenamente. Non può che essere  quella del consulente artistico la figura necessaria per un teatro come questo ed è un incarico molto stimolante.