Geniale contaminatore di arte e tecnologia, l’artista era malato da tempo
Un grave lutto ha colpito il mondo dell’Arte: lo scorso 12 luglio è venuto a mancare Bill Viola, considerato il più grande videoartista del nostro tempo, lasciando un vuoto incolmabile nel panorama culturale internazionale. L’artista contemporaneo si è spento a 73 anni nella sua casa a Long Beach, California, a causa di complicazioni legate all'Alzheimer precoce che lo aveva colpito.
Viola, capace come nessuno di parlarci dell’esistenza, della morte e della decadenza umana, ha dedicato la sua vita alla videoarte, rivoluzionando radicalmente il modo di concepire e fruire l’arte contemporanea, ed esplorando con sensibilità e profondità temi esistenziali e spirituali attraverso l’uso del mezzo video.
Bill Viola: origini e formazione
Nato a New York, nel Bronx, il 25 gennaio del 1951 da una famiglia di origini italiane – e profondamente legato all’Italia sia per motivi biografici che artistici, William John Viola Jr. è stato uno dei più celebri pionieri delle nuove tecnologie, delle installazioni e del video.
Grazie al suo approccio innovativo e alla sua visione artistica unica Viola è stato in grado di trasformare il video in una forma d’arte autonoma, capace di suscitare emozioni profonde e riflessioni complesse.
Dal 1969 al 1973 ha studiato nel dipartimento di studi sperimentali del College of Visual and Performing Arts della Syracuse University (New York), coltivando accanto all’interesse per i video — intesi come “mezzo espressivo” — quello per la musica, studiando con il pianista e compositore di musica sperimentale David Tudor (che gli fece scoprire il lavoro innovativo di John Cage), e collaborando con il suo gruppo Composer Inside Electronics.
Nel 1973 si laurea in Visual and performing art e poco più che ventenne, a metà degli anni Settanta, si trasferisce a Firenze per lavorare in quello che è stato il primo centro di produzione video in Italia, il pionieristico studio Art/Tapes/22 diretto da Maria Gloria Bicocchi, entrando in contatto con figure come Jannis Kounellis, Mario Merz e Vito Acconci – ma soprattutto avendo la possibilità di studiare e vedere da vicino l’arte toscana del Quattro e del Cinquecento - che sarà una delle fonti principali della sua opera più matura.
Il “Caravaggio della videoarte“, costruttore del Rinascimento Digitale
La carriera artistica di Bill Viola inizia negli anni ’70, periodo in cui la videoarte muoveva i primi passi e fu fin da principio, e per oltre mezzo secolo, uno dei massimi sperimentatori dei limiti espressivi e delle opportunità estetiche di questa forma d’arte.
Tornato negli States, Viola lavorò al WNET Thirteen Television Laboratory e nel ’76 creò l’importante He Weeps for You, un’installazione con telecamera dal vivo presentata a Documenta 6 nel 1977 e al MoMA di New York nel 1979.
Nel 1985 fu invitato a partecipare alla Biennale del Whitney dal curatore John Hanhardt, consolidando una delle relazioni chiave della sua carriera: per la prima volta una installazione video fu esposta insieme a dipinti e sculture.
Dopo aver lavorato ed esposto negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta, fu scoperto dal pubblico europeo negli anni Novanta, quando venne scelto per rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia del 1995, presentando in anteprima le 5 installazioni Buried Secrets, tra cui l’opera iconica The Greeting, ispirata alla Visitazione di Pontormo, artista fiorentino della prima metà del Cinquecento.
Questa è la prima di una lunga serie di opere per cui è maggiormente ricordato, basate sulla reinterpretazione attraverso il video su schermo al plasma di opere ispirate a grandi capolavori dell’arte moderna, in particolare del Rinascimento italiano.
Il suo singolare rapporto con i modelli del passato (Leonardo, Pontormo, Rembrandt, Michelangelo, Mantegna, Dürer, Paolo Uccello, Ghirlandaio) è rivisitato attraverso l’occhio della tecnologia, che attribuisce loro una sorta di intoccabilità.
La sua una ricerca è stata in grado di connettere le nuove tecnologie video al peso storico di tele iconiche, utilizzando attori, artifici estetici e illuminotecnici per dare anima a dipinti del passato, scardinandone l’immobilità, regalandoci immagini al di là del tempo - come se il concetto dilatato del qui ed ora prendesse forma.
La prima grande personale al Whitney arrivò poco dopo, a cui seguirono mostre nei principali musei internazionali, tra cui i Guggenheim di New York e Bilbao, la 52a Biennale di Venezia (2007), il Mori Art Museum di Tokyo, il Busan Museum of Art della Corea del Sud e il Pushkin di Moscacon. Negli ultimi anni sono state numerose le mostre in Italia, curate dalla moglie Kira Perov e dal Bill Viola Studio, tra cui quella a Palazzo Strozzi nel 2017 e, l'ultima, a Palazzo Reale di Milano nel 2023.
Videoartista costruttore di un Rinascimento Digitale esemplare, Viola aveva la rara capacità far sentire il visitatore parte viva dell’opera, grazie all’utilizzo della tecnologia più sofisticata e di musiche appositamente composte, che stimolavano un rapporto sensibile con lo spettatore. La sua arte non rifiutava mai il passato, ma lo utilizzava sempre per dare nuova vita al presente.
Conosciuto come “il Caravaggio della videoarte” e “il Rembrandt dell'era video”, Viola affermava: “Le mie opere servono a trasformare la nostra percezione, per guardare non davanti, ma dentro di noi. La mia arte non è cinema, non è pittura. È un’espansione dei livelli di realtà”.
La sua scomparsa segna la fine di un’era, ma le sue opere continueranno a vivere, ispirando ed emozionando le generazioni future ed influenzando il mondo dell’arte contemporanea per molti anni a venire.