Cimento di Louise Bertin, compositrice dilettante ma di talento, “Fausto” affronta l'antico mito dell'anima ceduta al diavolo in cambio dell'eterna giovinezza. Concedendosi qualche sorriso.
Partitura per molti versi inconsueta Fausto, opera semiseria in 4 atti apparsa al Théâtre Italien di Parigi nel marzo del 1831. Dall'esistenza effimera, tre recite in tutto e poi l'oblio, sino quando la Fondazione Bru Zane ne ha recuperato l'autografo alla Bibliothèque Nationale de France. Ne scrisse libretto e musica, con una scelta temeraria, un giovanissimo talento musicale: Louise Bertin (1805-1877), figlia dell'editore dell'autorevole settimanale parigino Journal des Débats.
Costretta ad una parziale immobilità sin dalla nascita, la giovane Louise aveva dimostrato un precoce e spiccato talento musicale, adeguatamente coltivato in una famiglia agiata e sensibile alle cose artistiche. Una predisposizione naturale affinatasi studiando anche con i compositori Reicha e Fétis, e nell'amicizia con il coetaneo Héctor Berlioz.
Una carriera teatrale precocemente troncata
Il suo nome in realtà è più noto alle cronache musicali per il successivo grand-opèra Esmeralda, su libretto di Victor Hugo tratto dal celebre romanzo Notre-Dame de Paris. Dato al Théâtre de l'Académie Royale nel 1836, Esmeralda incontrò molti ostacoli per le polemiche sollevate dal provenire l'autrice da un famiglia assai influente.
Circostanza che, indubbiamente, le garantiva molte protezioni. Bersaglio di livori, invidie e derisioni, la ragazza abbandonò le velleità teatrali, limitandosi in seguito a pubblicare poesie, e comporre musica di vario genere senza tuttavia mai farla stampare.
Una partitura molto "italiana"
Ma parliamo di Fausto. L'adattamento dallo smisurato dramma di Goethe pecca di qualche ingenuità – l'epoca della stesura attorno al 1825, dunque quando Bertin era appena ventenne- con situazioni e versi che perdono la bussola nel voler bilanciare comicità e tragenda. Un effetto inevitabile, vista l'assoluta inesperienza in ambito teatrale. E la frettolosa traduzione di Luigi Balocchi, poeta del Théâtre Italien e versificatore in francese di libretti italiani o viceversa (come nel caso del primo Guglielmo Tell rossiniano) non può certo migliorarli. Vedi come l'una e l'altro inciampino in fatue quartine alla Metastasio tipo Qual rimorso, qual tormento / lacerar il cor mi sento...
Trentasei numeri di alterno interesse
Presi uno ad uno, la maggior parte dei numeri musicali – sono 36 in tutto, per due ore abbondanti di musica – si mostrano interessanti e piacevoli, ricchi di belle invenzioni melodiche, costruiti e strumentati con ingegno e varietà dosando con accortezza gli interventi corali. Ma rivelano tutti l'influenza schiacciante degli autori italiani in voga all'epoca, quali Donizetti, Bellini, Mercadante, Paër e Rossini. Modelli palesemente ammirati ed imitati dalla giovane compositrice: l'aria di Valentino Che intesi! O cruda sorte! risulta intensamente drammatica, e quella di Fausto O fier tormento con il cantabile seguente Deh guarda, o Ciel clemente, si dipanano per esempio in una grazia belliniana, prima di correre all'epilogo con una celere stretta a tre. A conti fatti, il vero interesse di questa partitura, che a breve sarà anche resa alle scene presso l'Aalto-Musiktheater di Essen, è quello di assurgere ad un singolare centone dei temi più caratterizzanti e salienti del melodramma italico di primo Ottocento.
Vediamo cosa non va
Motivi di critica, ovviamente ce ne sono. Certi numeri – per fortuna, una minoranza - appaiono di una banalità fastidiosa, rivelando non solo l'inesperienza, ma pure una limitata inventiva dell'autrice. Due per tutti. Il duetto Fausto/Mefistofele Sorgi al mio cenno, Satana... Ah lascia amico che all'inizio procede come una faceta parodia teatrale, si conclude con un baldanzoso “Partiam, partiam” che pare scimmiottare un topos tipico, quello del congedo prorogato oltre misura. E l'aria tenorile di Valentino Ah mi batte il cor nel petto, sorta di cabaletta ripetitiva, ricalca molto pedestremente i bei rondò rossiniani. E se da un'antica costumanza, peraltro ormai declinante, viene la scelta di affidare ad un mezzosoprano il ruolo eponimo cantato en travesti (come il Romeo belliniano), la figura di Mefistofele tocca saggiamente ad un basso. Peccato che l'adozione dei recitativi secchi - paiono scritti da un Cimarosa o un Paisiello risuscitati – vada a spezzare nettamente il fluire musicale, sapendo di stantio e di gusti ormai tramontati.
Una registrazione di sicura validità
La registrazione PBZ, effettuata del giugno 2023 alla Seine Musicale di Parigi, vede l'orchestra Les Talens Lyriques spiccare sotto l'eccellente direzione di Christophe Rousset. Interpreti tutti di spiccato valore, ineccepibili nelle colorature e dall'ottima dizione: Karine Deshayes (Fausto), Ante Jerkunica (Mefistofele), il soprano Karina Gauvin (Margherita), il tenore Nico Darmanin (Valentino), il mezzosoprano Marie Gautrot (Catarina), il soprano Diana Axentii (Strega/Marta), il basso-baritono Thibault de Damas (Wagner/Banditore). Impeccabili gli interventi del Flemish Radio Choir.
Come di consueto nella collana Opéra français del Palazzetto Bru Zane, i due CD sono inseriti in un pregevole libro illustrato che, oltre al testo, contiene pertinenti saggi in inglese e francese.