E' uscito il libro che racconta i 50 anni del TSA. Con interventi di storici, artisti e giornalisti ripercorre le tappe fondamentali dell'Ente Teatrale Regionale anima del teatro abruzzese.
Poderosa opera storiografica di quasi 700 pagine, il libro di Antonio Di Muzio edito da Ricerche&Redazioni si pone in maniera fondamentale riguardo com’è nato e ha funzionato finora il TSA, non solo perché arriva subito dopo il 50ennale dell’ente, ma anche perché lo fa in un’epoca di cambiamenti nel sistema teatrale italiano, in un momento in cui i teatri stabili stanno per sparire di fronte a una nuova organizzazione voluta dal Decreto Valore Cultura e dalle leggi regionali.
Il libro, definito da Ferdinando Taviani nella Prefazione “una miniera”, mostra come l’interesse per il teatro stabile pubblico nasca in un’altra epoca di cambiamento sia per L’Aquila, in cui ha sede, sia per l’Italia del dopo-guerra che doveva ricostruire i luoghi ed arricchire culturalmente i cittadini provati da anni di distruzione, sulla scorta di gruppi artistici e culturali già esistenti. Dal Gruppo Artisti Aquilani, dice il giornalista aquilano Di Muzio, venne quel Nicola Ciarletta che fu tra i promotori e fondatori del TSA, dalle filodrammatiche, Giuseppe Giampaola (pedagogo e teatrante) che si era adoperato anche per fondare l’Ente Aquilano per il Teatro Drammatico (1955) all’interno del quale si attivò (un anno dopo) la Scuola di Cultura Drammatica, (di cui parla anche l’Intermezzo di Armando Rossini) e che giustifica il vasto interesse cultural-teatrale cittadino che si è intessuto negli anni.
Le personalità coinvolte nell’impresa cultural-teatrale, oltre ad essere immerse nell’aria politica, lo erano anche, e fortemente, in quella pedagogica.
Di altri artefici delle origini racconta l’Intermezzo scritto da Raffaele Colapietra.
Un capitolo è dedicato al teatro universitario TADUA che, sebbene esterno al TSA, si rivelò poi utile all’ente, così come l’Università, a cui peraltro sono collegati gli Intermezzi di Fabrizio Pompei, Eugenio Barba e Ferdinando Taviani sulla Maraini.
Da una costola del TSA, nel 1975 nacque l’ATAM per la distribuzione degli spettacoli.
E’ quindi alla luce dei capitoli iniziali, dedicati anche alle vicende che portarono alla costruzione del Teatro Comunale, ai teatri precedenti, agli spettacoli e alla drammaturgia locale nei secoli e agli Intermezzi che si capisce il titolo del libro “Il teatro a L’Aquila e in Abruzzo. Tsa, cronaca e storia”.
Nato nel 1963 come Teatro Stabile Aquilano (ma ambiva, nel 1957, ad essere dell’intera Italia centrale) cercò un bacino di utenza che coprisse sia le città d’Abruzzo che delle regioni limitrofe, portando il teatro in luoghi che fino ad allora non sapevano neppure cosa fosse, anche per andare incontro alla legge che voleva teatri stabili solo in luoghi con più di 300.000 abitanti.
A Luciano Fabiani, Giuseppe Giampaola ed Enrico Centofanti per tradizione considerati come fondatori del TSA (sebbene solo il primo abbia firmato materialmente lo statuto del 1963), Di Muzio aggiunge Federico Fiorenza come quarto pilastro dell’ente per aver alternato l’attività manageriale-organizzativa a quella di direttore artistico a più riprese.
Il libro, la cui scrittura è durata all’autore 15 anni, si snoda tra progetti, leggi, spettacoli, cartelloni, festival, riviste, artisti, registi e direttori artistici a fronte di una storia complicatissima passata per chiusure e riaperture del Teatro Comunale, periodi d’oro e di crisi, prima della rinascita nel nuovo millennio col nome di Teatro Stabile d’Abruzzo.
Entrato, nel 1965 nel novero degli Stabili con un repertorio contemporaneo italiano, fu poi un teatro d’avanguardia con Charles Morovitz, il Living Theatre (interessante, a tal proposito, è l’Intermezzo di Grazia Felli), l’Open Theatre, l’Odin Teatret, …
Tra gli attori che hanno calcato le sue scene, a parte un Intermezzo affidato a Gian Piero Fortebraccio, protagonista di ben 26 pièces del TSA, ampio spazio è lasciato solo a Carmelo Bene, protagonista de “La cena delle beffe” e poi tornato a più riprese con spettacoli e recital.
Presente ovviamente il rapporto del TSA col regista e direttore artistico Antonio Calenda di cui vengono ricordati spettacoli come “Il Dio Kurt” di Moravia allestito alla fine degli anni ’60, appena arrivato a L’Aquila con Gigi Proietti, e “Rappresentazione della Passione”. Nel libro è riportato, come Intermezzo, il discorso che Calenda tenne quando gli fu conferita la cittadinanza onoraria.
In una linea cronologica per direttori artistici l’accorta opera di Di Muzio arriva a pièces come “Il sogno di Oblomov”, “La donna del mare”, “Il misantropo” e i “Tre moschettieri”, di Beppe Navello, la senechiana “Fedra” e gli shakespeariani “Romeo e Giulietta” e “La dodicesima notte” di Lorenzo Salveti, spettacoli di Proietti, come “Falstaff”, “La parola ai giurati” di Alessandro Gassman, “Cyrano de Bergerac” di Alessandro Preziosi, arrivato per il cinquantennale, ed infine ad Alessandro D’Alatri attuale direttore artistico ma già regista della prima produzione post-sisma, “Scene da un matrimonio”.