Il titolo dell'ultima fatica di Paolo Fabbri, Come un baleno rapido, proviene da un verso de La Cenerentola di Rossini.
C'è chi ritiene abbia chiuso il Secolo dei Lumi, chi abbia aperto l'Ottocento romantico. Questione in fondo di lana caprina: la figura di Gioacchino Rossini è molteplice e sfaccettata, e comunque resterà sempre a noi in qualche modo contemporanea.
E le sue opere, un giacimento da scavare in continuazione. Lo dimostrano la vasta, ininterrotta messe di saggi critici, le plurime raccolte di libretti, la ripetuta pubblicazione dei suoi carteggi, il succedersi delle edizioni critiche e la riproposizione graduale di tutta la sua produzione, anche minore; e la ricchezza di monografie apparse nel tempo in Italia e all'estero, a partire dalla celebre La vie de Rossini di Stendhal (1824).
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Significativa anche l'uscita in questi mesi, a brevissima distanza, dapprima di una monografia di Andrea Chegai (Rossini, per i tipi de Il Saggiatore), ed a dicembre di una ancor più corposa pubblicazione edita dalla Libreria Musicale Italiana di Lucca, redatta da Paolo Fabbri ed intitolata Come un baleno rapido. Arte e vita di Rossini.
Una carriera fulminea, troncata all'apice della fama
Non è un titolo scelto a caso, Come un baleno rapido. E' un verso del rondò di Angelina Nacqui all'affanno che chiude La Cenerentola, e vuole rievocare la fulminea ascesa di Rossini a partire dal Demetrio e Polibio del 1812. Già l'anno seguente Il signor Bruschino, Tancredi, L'italiana in Algeri, Aureliano ne decretarono la definitiva fortuna, sino all'improvviso ritiro dalle scene dopo aver presentato nel 1829 a Parigi il Guillaume Tell.
Un brevissimo arco di tempo, dunque, simile ad un baleno temporalesco. La sua celebrità – con le punte deliranti della Rossinimania – tuttavia non si spegnerà neppure dopo la morte, sostenuta dal costante favore del pubblico, oltre che alimentata dai mass media dell'epoca.
Poco prima della sua scomparsa, per dire, il Guillaume aveva raggiunto il traguardo della cinquecentesima rappresentazione; ed il suo Otello resterà saldo in repertorio sino all'affermarsi del consimile capolavoro verdiano. Quanto alla recente Rossini Renaissance, ci ha portato alla preziosa riscoperta di partiture straordinarie – quali Armida, La gazza ladra, La donna del lago, Il viaggio a Reims, Ermione, Elisabetta – malauguratamente scomparse dal repertorio.
Un profondo studioso del melodramma ottocentesco
Paolo Fabbri - professore emerito di Storia della Musica presso l’Università di Ferrara, presidente della Fondazione Rossini dal 1987 al 1997, attuale direttore del Centro Studi Donizettiani – non solo ha pubblicato in passato una quantità ragguardevole di sparsi studi rossiniani; ma ha altresì già curato nel 2018 per l'UTET, in occasione dei 150 anni dalla scomparsa del compositore, un volume a tiratura limitata intitolato Rossini. L’artista l’uomo, il mito, nel quale a prevalere erano la veste lussuosa ed il ricco assetto iconografico.
L'impostazione generale di questa più recente impresa è del tutto diversa, e priva di ogni intento celebrativo; diremmo più scientifica ed esaustiva, oltre che con un evidente intento divulgativo. L'impostazione generale vede un procedere in senso cronologico, dedicando la prima parte di ogni capitolo alla vicenda biografica e la seconda all'analisi musicologica dei lavori prodotti nel periodo affrontato.
Per la sua profondità e la completezza, il testo di Fabbri si pone come un apporto nuovo e fondamentale alla bibliografia rossiniana, centrando in pieno lo scopo di fornire al lettore un testo esauriente sul compositore pesarese e sulla sua produzione artistica, con preziose divagazioni sulla sua epoca, sugli ambienti frequentati, sui tanti personaggi incontrati. Ricchissimo, va da sé, di annotazioni; ed aggiornato alle ultime ricerche musicologiche e documentarie.
Approviamo poi la scelta di porre le note a piè di pagina, evitando al lettore la necessità di andare ogni volta a fine libro.