L'ideale sarebbe vedere la musica, ed ascoltare le immagini, diceva Walt Disney del suo film “Fantasia”. Due specialisti come Marco Bellano e Marco Fadalto ci spiegano come i nostri occhi, possono veramente 'ascoltare' la musica.
La composizione di colonne sonore per il cinema – sebbene abbia talora impegnato anche figure primarie della storia della musica - è generalmente vista come esercizio d'alto artigianato, più che una forma d'arte.
Ma è giusto così? La domanda viene spontanea nel leggere l'approfondito saggio di Marco Bellano e Marco Fedalto L'occhio che ascolta. Itinerari di storia ed analisi tra musica ed immagini in movimento, recentemente stampato da Diastema Editrice.
Un volume pensato sopra tutto come guida di base e strumento di studio per gli studenti di conservatorio; ma che può interessare anche un lettore più curioso che, dopo aver magari letto le due fondamentali pubblicazioni in materia di Sergio Miceli (Musica e cinema nella cultura del Novecento, e Musica per film. Storia, estetica, analisi, tipologie), voglia approfondire la questione.
Per inciso, il titolo non è inedito: lo usò già Marco Di Donato per un suo saggio del 2004.
La collaborazione di due esperti di musica e cinema
Marco Bellano è docente universitario e studioso del cinema d'animazione, con diverse pubblicazioni alle spalle. Marco Fedalto è pianista e compositore: sua la colonna sonora di Leo Da Vinci, recente cartoon italiano. Il loro L'occhio che ascolta è suddiviso in due parti, ognuna aperta da un quadro storico storico introduttivo curato da Bellano.
La prima procede dal cosiddetto “precinema” - cioè dai primi tentativi ottocenteschi di unire musica ed effetti ottici – per arrivare ai primi e più importanti esperimenti di cinema muto con musica eseguita dal vivo, quali Cabiria di G.Pastrone (musiche di M.Mazza da I.Pizzetti,1914), Rapsodia satanica di N. Oxilia (P. Mascagni, 1917), Broken Blossom di D.W.Griffith (L. M. Gottsclak arr. da C.Davis, 1919), sino a due titoli innovatori quali Metropolis di F. Lang (G.Huppertz, 1927) e Novyj Vavilon di G.Kozincev e L.Trauberg (D.Šostakovic, 1929).
Il secondo quadro storico prende le mosse dall'avvento del cinema sonoro parlato, a partire cioè da The jazz singer di A.Crosland (musiche di L.Silver ed altri, 1927); che poi di 'parlato' ne conteneva si e no due minuti, su 90' di durata.
A seguire, una valanga di titoli in cui spicca un capolavoro assoluto quale Modern Times, regia e musiche di C. Chaplin (1936), insieme a titoli in diverso modo esemplari quali Guardie e ladri di M. Monicelli (musiche di A.Cicognini, 1951), Ascenseur pur l'échafaud di L.Malle (Miles Davis,1958), Jules e Jim di F.Truffaut (G.Delarue,1962), Jason and the Argonauts di D.Cheffrey (B.Hermann,1963), Family Plot di A.Hitchkock (J.Williams, 1976), Suspiria di D. Argento (I Goblin, 1977), sino a Kukujrō No Natsu di T.Kitano (Joe Hisaishi,1999).
Un'analisi puntuale e meticolosa
Facendo direttamente seguito ai due inquadramenti storici, tocca a Fedalto analizzare ogni singola partitura in apposite ampie schede che procedono scena per scena, e sequenza per sequenza, con timing precisi al secondo, riportando le immagini di riferimento e le relative battute musicali, più o meno estese.
Il tutto perseguendo un criterio analitico assai meticoloso - Metropolis da sola richiede ben settanta pagine, Modern Times una ventina – che permette al lettore musicalmente preparato uno studio preciso e approfondito del materiale sonoro, che naturalmente non può prescindere dalla visione delle pellicole relative, più o meno facilmente reperibili. Quanto a questo, buona caccia.
L'occhio che ascolta. Itinerari di storia ed analisi tra musica ed immagini in movimento
di Marco Bellano e Marco Fedalto
Diastema Editrice
Pagine 566 – € 38,00