Sul palcoscenico del Teatro Regio di Torino, dal 12 al 22 giugno, va in scena un progetto dai continui rimandi tra danza contemporanea e opera, tradizione e avanguardia, con un denominatore comune: la Sicilia.
Dal 12 al 22 giugno il Teatro Regio di Torino ospita due novità assolute: La giara di Alfredo Casella, nell'interpretazione della Compagnia Zappalà Danza; e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, nel nuovo allestimento firmato da Gabriele Lavia. L’orchestra, presente in entrambi i titoli, è diretta da Andrea Battistoni.
La giara, una prigione non solo simbolica
Il nuovo progetto di Roberto Zappalà porta in scena in prima assoluta La Giara, creazione in atto unico liberamente ispirata all'omonima novella di Luigi Pirandello. Lo spettacolo vede protagonisti undici interpreti maschili su partitura musicale di Alfredo Casella, suonata dal vivo da orchestra e tenore del Teatro Regio di Torino.
La giara è una prigione: letterale per il riparatore di giare Zi’ Dima, chiuso al suo interno, e simbolica per Don Lollò, il padrone, prigioniero della “roba”. Alfredo Casella ne colse il carattere emblematico, in bilico tra ironia e grottesco, creando nel 1924 una partitura musicale con scene e costumi di Giorgio De Chirico. Una musica ricca di spunti ritmici e melodici del folklore siciliano, inseriti in una dimensione ideale e fuori dal tempo, fatta di emozioni, che Zappalà riprende nella coreografia suggerendo uno spazio in cui la giara è sia contenitore della danza, sia dimensione narrativa; luogo chiuso, limitato ma protetto, nel quale scorre la vita – il movimento – e dal quale osservare ciò che sta al di fuori.
“La Giara è il mio secondo viaggio con Pirandello: 25 anni fa ho affrontato Il berretto a sonagli e anche oggi – spiega il coreografo Roberto Zappalà - ho avuto l’occasione di elaborare una visione personale delle vicende e dei temi cari allo scrittore agrigentino: il territorio siciliano e le sue contraddizioni. Un viaggio affascinante attorno alla gestualità rurale dove tradizione e contemporaneità si sono incrociate e combinate per realizzare un affresco della Sicilia”.
Lo spettacolo vede protagonisti undici interpreti maschili, tra membri stabili della compagnia e danzatori scelti attraverso audizioni in tutta Europa (Londra Milano, Roma, L’Aia, Barcellona, Berlino).
Cavalleria rusticana: il dramma della gelosia
Nella seconda parte della serata, va in scena Cavalleria rusticana, il capolavoro di Pietro Mascagni in un nuovo allestimento con la regia di Gabriele Lavia. La novella di Giovanni Verga, dramma della gelosia, fu messa in musica da Mascagni nel 1890, segnando l’apertura di una nuova pagina del teatro musicale: quella verso un’espressione sonora delle passioni, che in maniera un po’ forzata viene definita “verismo”.
Lavia ormai da una trentina d’anni affianca alla sua importante carriera di attore, regista e doppiatore anche la regia di opere liriche e torna al Regio con un altro titolo verista, con rimandi alle sue origini siciliane, in cui dirige un cast d’eccezione: Santuzza è Daniela Barcellona, apprezzata interprete di ruoli rossiniani e verdiani sui maggiori palcoscenici mondiali; Compare Turiddu è Marco Berti, tenore dalla carriera internazionale (si è esibito al Metropolitan di New York, al Covent Garden di Londra, a Vienna e Berlino); nel ruolo di Alfio, Marco Vratogna, baritono specializzato nel repertorio verista e verdiano, che ha più volte raccolto successi sul palcoscenico del Regio di Torino (Edgar, Un ballo in maschera, Tosca).