Il regista Davide Livermore sposta la vicenda dall’età antica al ventesimo secolo. Sul podio il Direttore Musicale Riccardo Chailly, alla sua quinta inaugurazione scaligera.
Nona opera di Giuseppe Verdi, tratta dalla tragedia Attila, König der Hunnen del tedesco Zacharias Werner, Attila, che debuttò alla Fenice di Venezia nel 1846, è una delle partiture giovanili più infuocate del musicista e precede solo di un anno quello che probabilmente è il primo suo vero capolavoro, ovvero Macbeth. L'opera verdiana inaugurerà la Stagione 2018-2019 del Teatro alla Scala di Milano.
Un’opera di grande impatto visivo
Tipico soggetto romantico, ambientato in quel passato barbarico che all’epoca andava molto di moda, Attila suscitò da subito l’interesse del compositore che incaricò il poeta Temistocle Solera di scrivere il libretto dell’opera che venne rivisto e terminato da Francesco Maria Piave. Rispetto al dramma di Werner il libretto definitivo attenua in parte il contrasto tra la brutale integrità di Attila e le moralità contraddittoria dei suoi avversari italiani. Se il condottiero unno, pur nella sua barbarie, appare uomo tutto d’un pezzo, al contrario le altre figure che lo attorniano appaiono ambigue e poco trasparenti nelle intenzioni.
Ma Attila è anche la prima opera in cui Verdi iniziò ad interessarsi in modo più dettagliato dell’allestimento, inserendo alcune soluzioni visive di grande impatto per l’epoca. Scene quali l’alba sulla laguna di Venezia, la tempesta, il sogno di Attila, denotano una grande attenzione del compositore verso lo stile grandoperistico francese. Ed infatti Attila fu la prima opera cui Verdi pensò quando, l’anno successivo, si trattò di proporre un titolo da riadattare per il debutto su un palcoscenico parigino, anche se poi la scelta cadde sui Lombardi alla prima crociata.
Allestimento suggestivo e spettacolare
Il regista Davide Livermore si mantiene nella linea di Verdi di trovare nuove soluzioni scenografiche per creare un allestimento suggestivo e spettacolare. Per lo studio Giò Forma, che firma le scenografie, le grandi scene della tempesta, dell’alba a Rio Alto e del sogno di Attila diventano occasione di impiegare le risorse tecnologicamente più avanzate del teatro di oggi, così come il compositore cercava le soluzioni più avanzate del teatro del suo tempo. Livermore colloca l’azione tra gli orrori di una terra d’occupazione del secolo scorso e punta ad illuminare gli snodi psicologici dei vari personaggi, nonostante i limiti del libretto che denota diverse debolezze.
Il Maestro Riccardo Chailly, che ha una grande affinità con il Verdi giovanile, come hanno dimostrato le sue edizioni di Masnadieri e Giovanna D’Arco, dirige un cast di grandi artisti capitanato dall’Attila di Ildar Abdrazakov, una delle più importanti voci di basso a livello internazionale, alla sua terza inaugurazione scaligera. Al loro debutto alla Scala sono invece il soprano spagnolo Saioa Hernández, interprete di Odabella e il baritono rumeno George Petean, interprete di Ezio. Completa il cast il Foresto del tenore Fabio Sartori.
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