Si è spenta nella sua casa di Monte Carlo il soprano veronese Rosanna Carteri, che negli Anni Sessanta del secolo passato raggiunse grande celebrità. A dicembre avrebbe compiuto novant'anni.
Visse una carriera assai breve Rosanna Carteri, il grande soprano nato a Verona il 14 dicembre 1930. Vincitrice di un concorso RAI, dopo aver debuttato giovanissima nel 1949 alle Terme di Caracalla come Elsa in Lohengrin di Wagner, si ritirò infatti nel 1966. Neanche vent'anni di presenza sulle scene, dunque. Vissuti nondimeno con intensità, e ricchi di soddisfazioni.
Saper dire di no a Hollywood
Donna di grande bellezza e fascino -Toscanini commentò: «ha una bellezza che sembra scolpita dal Canova»- recitava con grande naturalezza e dominava mirabilmente la scena, tanto da essere più volte inutilmente invitata a recitare a Hollywood. Decise di abbandonare la carriera, senza rimpianti l'ultima apparizione in un Otello parmense nel 1965 - dopo il matrimonio con l'imprenditore padovano Franco Grosoli, per dedicarsi interamente alla famiglia: aveva già avuto una figlia, Marina, ed era in attesa del secondogenito Francesco.
Nel 1975 si trasferì con essi nel Principato di Monaco, seguendo il marito –scomparso sei anni fa- costretto a lasciare l'Italia perché a rischio di rapimento a scopo d'estorsione. Una minacciosa eventualità tutt'altro che rara in quegli anni roventi. E da allora Monte Carlo divenne la sua casa, la stessa dove è mancata domenica scorsa.
Il repertorio di un "Alfredo Kraus al femminile"
Cantante dichiaratamente antidiva -e questo le scansò vane rivalità con la Callas e la Tebaldi- ebbe come suo ideale modello di riferimento la grande Maria Caniglia, altro soprano lirico purissimo. Fluidità d'emissione, grande espressività, timbro limpido ma corposo in tutta la gamma, flessibilità nei mutamenti di registro, e sopra tutto tecnica salda e ben esercitata: questi i suoi punti di forza. Avvenenza a parte, ovviamente.
Il suo repertorio, non vastissimo, girava intorno ad alcuni ruoli che le erano particolarmente consoni, e che le diedero notevoli soddisfazioni. Quelli pucciniani di Mimì, Suor Angelica e Liù (mirabilmente testimoniata dalla Turandot scaligera con la Nilsson e Di Stefano, 1958), e marginalmente Tosca; quelli verdiani di Violetta, Desdemona (che debuttò nel 1952 a Salisburgo con Furtwängler), Gilda (meno apprezzato), Alice Ford; e quelli donizettiani di Norina e Adina, che ben si addicevano al suo carattere spigliato.
Di Rossini affrontò poco: il Mosé, e diretta da Serafin il Guglielmo Tell e La donna del lago. Nel 1952 si cimentò con successo nella Manon di Massenet diretta da Gui, e nel 1958 vestì i panni di Micäela nella celebre Carmen milanese di Karajan.
Dal Settecento alla contemporaneità
Apprezzata protagonista ad inizi carriera de La Cecchina di Piccinni e de La serva padrona alla Piccola Scala, e persino di un Orlando di Händel, battezzò due opere di Pizzetti (Ifigenia, Torino 1950 dir. Previtali, e Il calzare d’argento, Milano 1961 dir. Gavazzeni), una di Castelnuovo Tedesco (Il mercante di Venezia, Firenze 1956, dir. Capuana) e L’opera d’Aran di Gilbert Bécaud (Parigi 1962, dir. Prêtre).
Fu prima interprete europea di Nataša in Guerra e pace di Prokof’ev (Maggio Musicale Fiorentino 1953, dr. Rodzinsky) ed un'eccezionale Marguerite in Faust di Gounod (Lyric Opera di Chicago, 1955). Dopo il ritiro ufficiale dalle scene, si concesse qualche rara apparizione a scopo benefico, l'ultima a Parma nel 1971.
Nel 2013 Paolo Padoan le ha dedicato un'accurata monografia intitolata Rosanna Carteri. Il fascino di una voce (Marsilio Editore, con CD allegato). Diverse sue interpretazioni furono registrate per la RAI (fu Violetta in Traviata, una delle prime opere trasmesse nel “piccolo schermo” italico, e poi Desdemona in un celebre Otello con Mario Del Monaco), alcune fissate in disco dalla Cetra, dalla RCA e dalla EMI, altre ancora rese disponibili da fonti live; una discografia completa è consultabile al sito Discogs.com.