Il 79enne cantautore milanese fondatore de I Gufi, si è spento sabato a Varese. Tradusse Brassens in dialetto milanese e riuscì ad elevare a cultura “alta” la canzone popolare.
Sarebbe troppo riduttivo e facile circoscrivere l'intera vita artistica di Giovanni “Nanni” Svampa, scomparso a 79 anni, esclusivamente all'ambiente cabarettistico milanese o alla canzone popolare lombarda. Negli anni, l'influenza “silenziosa” e discreta di Svampa ha di fatto sdoganato temi ritenuti da sempre appartenenti a una cultura “bassa”, fatta di tradizioni che all'apparenza poco si adattavano alla modernità rampante che stava per arrivare...
Generazione di fenomeni
La lezione che ci ha lasciato Nanni Svampa - con e senza I Gufi – e con lui Walter Valdi, Jannacci, il primo Gaber, Dario Fo, Cochi e Renato e tutta quella splendida generazione di artisti nata nei cabaret alla fine degli anni'50 e poi diventata imprescindibile nei decenni successivi, era che il dialetto fosse cultura ancor più che tradizione. Un linguaggio legato soprattutto all'umanità intesa come caratteristica e non genere.
Qualcosa che forse oggi non siamo più in grado di capire completamente, avendo visto ridotto il dialetto a macchietta (molto spesso grazie alla dabbenaggine di molti pseudo politici), ma che la televisione di allora aveva intuito come esatta. Infatti, pur con tutti i limiti censori dell'epoca, non aveva avuto paura di proporre a livello nazionale artisti fortemente connotati geograficamente i cui temi, però, erano popolari e condivisi dal nord al sud.
I Gufi
E, seppur dialettale, non è stata certo cultura “bassa” quella di Svampa: dopo un inizio all'insegna della goliardia col gruppo I Soliti Idioti, nel 1961 poco più che ventenne si avvicina ai testi di Georges Brassens, li traduce in milanese e attraverso il lavoro di adattamento inizia ad appassionarsi alla canzone popolare meneghina.
Nel 1964, con Gianni Magni, Lino Patruno e Roberto Brivio, dà vita a I Gufi, gruppo seminale per poter comprendere molto del demenziale in musica dagli anni'70 in poi. Le canzoni de I Gufi uniscono satira, cabaret e – finalmente sdoganata come cultura “alta” - tradizione popolare.
Una ricerca mai interrotta
La vita artistica de I Gufi però ha vita breve, solo tre anni, ma “l'onda lunga” del successo permette a Nanni Svampa, sempre in bilico fra folk, cabaret, osterie e influenze brechtiane, da una parte di continuare la propria attività teatrale, spesso accompagnato da Lino Patruno, dall'altra di compilare negli anni una sorta di archivio musicale legato alla canzone tradizionale dialettale. Milanese – Antologia della canzone lombarda è la versione meneghina - e ridotta, ovviamente - di quanto Alan Lomax ha fatto per il folk U.S.A.: in dodici volumi, Svampa raccoglie, e di fatto ricostruisce, la storia musicale dialettale della città. Una ricerca musicale - e soprattutto umana, non dimentichiamolo – fatta di canzoni, incontri, serate, che non si è mai interrotta.