Musica

ARTHEMIA: LA ROCK BAND CHE NON CHIESE NULLA A NESSUNO

ARTHEMIA: LA ROCK BAND CHE NON CHIESE NULLA A NESSUNO

Cosa può spingere cinque ragazzi di provincia (di Foggia) a rispolverare i loro strumenti dopo anni di abbandono? La risposta può essere scontata, ma non troppo: amicizia, passione, amore per il rock. Gli Arthemia si presentano: Ciro Fiore (cantante), Umberto Pilla (chitarra), Daniele Di Bari (chitarra), Christian De Meo (basso) e Pierluigi Palma (batteria) si mettono a nudo, raccontando sé stessi, la storia della band, i sogni e i progetti. Il rock-metal italiano riparte dalla provincia. ARTHEMIA: CHI SONO? DA DOVE VENGONO? COSA VOGLIONO? UMBERTO. Siamo cinque amici di San Severo (n.d.r. prov. Foggia), eravamo in quattro, ma da poco si è unito a noi anche Daniele che ha dato più vigore alle sonorità: visto che abbiamo valenze musicali e gusti prevalentemente rock e metal, serviva un suono più pompato. Con Pierluigi, abbiamo fondato il gruppo due anni fa dopo essere stati fermi per parecchio tempo senza toccare gli strumenti. Siamo nati dal nulla, abbiamo cominciato in maniera umile e senza pretese. Abbiamo la voglia di suonare in questa città, San Severo, ma anche al di fuori di essa, vogliamo portare la nostra musica in mezzo a giovani e meno giovani, far divertire la gente nei locali. CHRISTIAN. Il nome nasce da un’idea partita da Umberto, lui pensava ad una parola in particolare che è “arteria”, cha gli dava l’idea di pompare, di dare energia; anche se arteria sembrava suonasse male, alla fine c’è venuta l’idea di cambiare una sola lettera e passare in Arthemia: potrebbe essere un gioco di parole, nascere da arte-mia, alla fine, ci è piaciuto il suono del nome, che si sposava bene con il genere. UMBERTO. ci siamo ispirati al nome Timoria, di cui apprezziamo molto la musica. TRA LE VOSTRE INFLUENZE MUSICALI ANNOVERATE METALLICA, NIRVANA, BON JOVI, TIMORIA, VASCO. QUANTO HANNO INCISO SULLA VOSTRA FORMAZIONE MUSICALE? CIRO. Per quanto mi riguarda, le influenze hanno inciso molto perché io vengo dalla musica tradizionale italiana (n.d.r. Baglioni, Ramazzotti) poi, con il passare degli anni ho imparato a conoscere anche altri cantanti, altri gruppi, ad amare il rock, il blues; in particolar modo, non conoscevo i pezzi dei Metallica che facciamo tutt’ora, mi sono veramente innamorato di queste sonorità così dure e crude. CHRISTIAN. (continua il discorso di Ciro) anche perché si sposavano con la sua voce che ha una timbrica abbastanza blueseggiante, si è riscoperto cantando questi pezzi rock. Ascoltiamo musica a 360 gradi e abbiamo scelto questo genere perché era quello di base, da cui tutti hanno cominciato. L’idea delle chitarre, dell’energia, il suono potente, siamo stati influenzati molto da Umberto perché il metal è la sua passione naturale, dei Dream Theater, in particolare, dei Metallica. Penso che sia un genere un po’ in disuso che dovremmo cercare di rilanciare. PIERLUIGI. Compito arduo da parte nostra, soprattutto in questa zona siamo penalizzati, considerando i gruppi che sono in giro tra musica folk, leggera, blues, siamo fuori dal normale. La nostra sfida è rilanciare un genere che andava negli anni ‘90, cosa non facile. UMBERTO. In passato, la risposta del pubblico è stata buona, molti ragazzi mi hanno fermato per strada dicendomi che era veramente da troppo tempo che non ascoltavano più un gruppo suonare i Timoria, i Metallica… Vasco Rossi è un sempre verde, però ci sono altre canzoni belle, stupende che per moda non vengono più suonate. La risposta è stata buona, infatti, la promessa che ci dobbiamo fare è quella di suonare molto, ma molto di più. COSA VI HA SPINTO, DOPO ANNI, A RISPOLVERARE GLI STRUMENTI? CIRO. La voglia di rispolverare gli strumenti , nel mio caso la voce, è partita tutta dall’incontro con Umberto e Pierluigi, perché io da anni avevo lasciato perdere tutto, anche avendo fatto dei concorsi; avendo visto lo schifo che c’era nel mondo dello spettacolo, mi erano cadute le braccia, perdendo ogni speranza. Parlando con loro il progetto è nato tutto dal fatto di ritrovarci a suonare tranquillamente senza aspettative, l’ho fatto soprattutto per quello, per ritornare a divertirmi, non c’era un secondo fine in quello che facevo. UMBERTO. È la domanda più difficile perché le motivazioni sono tante, più profonde, vanno al di là della musica stessa. Una parentesi durata anche troppo mi aveva fatto dimenticare quanto di buono avevo imparato; avevo quella chitarra come soprammobile, la mostravo come un pezzo da museo. Invece, mi sono reso conto che era un peccato. Dopo tanti anni ho ripreso la chitarra in mano e il reincontro con degli amici ha fatto sì che è esplosa di nuovo la passione. Gli Arthemia sono andati avanti, a distanza di due anni senza l’aiuto di nessuno. Torno a dire che con noi si unito Daniele, il migliore chitarrista che c’è sulla piazza, io e lui saremo due belle chitarre. Il gruppo è in salute e per me è forte motivo di orgoglio. La parola d’ordine è crescere, mai accontentarsi di dove siamo arrivati, il limite è sempre da raggiungere, anzi, il limite non si raggiunge mai, bisogna sempre spingere. PIERLUIGI. Per quanto mi riguarda (la batteria) è uno strumento molto impegnativo, ingombrante. Erano circa dieci anni che avevo abbandonato il mio strumento. È stata una cosa nata per gioco. La scintilla è avvenuta un giorno al lavoro, a Termoli. Sentii suonare un gruppo di ragazzi nel cortile di una scuola; incuriosito dalla cosa, andai a vedere e in quel momento mi accorsi che era musica dal vivo; mi fermai per vedere questo gruppo, e mi sono ricordato di quando suonavo da adolescente i vecchi pezzi. Questa è stata la scintilla che mi ha fatto accendere la voglia di suonare la batteria, così ho tirato fuori tutto quello che avevo e pian piano ho riprovato a suonare il mio vecchio strumento. Un giorno mi vide Umberto mentre stavo provando e mi chiese: «che facciamo, ricominciamo?». La cosa è nata così, per caso, per gioco ma senza grandi prospettive almeno inizialmente; adesso è un po’ diverso il discorso, cerchiamo di pensare a un futuro, giusto nel nostro piccolo, riprendere quello che abbiamo lasciato, speriamo di poterlo fare al più presto. DANIELE. La musica c’è, c’era e ci sarà sempre. A differenza del gruppo non ho mai smesso di suonare, ho cambiato diverse formazioni proprio perché si finiva per fare la serata di piazza e proporre quello che la gente vuole ascoltare, che può ascoltare chiunque e, quindi, tradire la propria musica per far piacere agli altri: alla fine si era finiti ad avere uno spartito davanti e basta. Quando indosso la chitarra è un’investitura, non la tradisco per nulla al mondo. Ho dovuto combattere con i professori senza arte ne parte, sono stato definito persona non in grado di suonare in un gruppo perché faccio musica troppo complessa; io amo la musica classica, per alcuni era improponibile suonare Bach, Vivaldi e Mozart da cui poi derivano molte sonorità di musica metal. Si guarda a fare la serata, a prendere soldi, è diventata merce di scambio: ecco come vedo io la musica. COME GIUDICATE IL PANORAMA MUSICALE ITALIANO E QUELLO LOCALE? DANIELE. Non vedo di buon occhio il panorama della musica italiana in generale, vedo una merce di scambio. Nella realtà locale i gruppi non sono molti, in alcuni ci sono stato e ne sono uscito con fierezza. Ripeto, per me la musica è uno stile di vita , la chitarra è un’investitura, non la tradisco, se devo venderla per fare una serata preferisco suonare a casa in cuffia quello che mi piace. Adesso con il gruppo degli Arthemia spero di poter portare in giro il rock e il metal. C’è differenza tra un pezzo studiato complesso rispetto a due basi buttate li e a quattro accordi, chiunque può fare lo strumentista. Ci vogliono anni d’impegno e passione, non bisogna tradire lo strumento, non venderlo a chi ne fa merce. CHRISTIAN. Il panorama locale non mi entusiasma per il semplice fatto che ormai suonare nei locali è diventata una moda; ci sono ragazzi che s’improvvisano musicisti con poche basi alle spalle, forse anche per questo abbiamo scelto di fare rock, perché alla fine c’era bisogno di energia e di dare una scossa, di risvegliare un po’ la situazione. LE VOSTRE ESIBIZIONI SONO CARATTERIZZATE NON SOLO DA COVER, MA SOPRATTUTTO DA VOSTRI PEZZI: COME E QUANDO NASCONO? CHRISTIAN. Abbiamo scelto di comporre dei brani nostri, cosa che ormai non fa più nessuno qui nella zona locale; quelli che lo fanno si buttano sul classico, noi abbiamo scelto il rock perché ci dà energia, perché riusciamo a scatenarci con le nostre passioni e con i nostri brani, che abbiamo scritto tutti insieme. Sono nati dalle nostre influenze a 360 gradi, abbiamo scelto di farlo in italiano per farci capire, testi chiari e semplici, ma anche complessi con un tocco di poesia, che io adoro; mi piace inserirla in questo contesto, alla fine ho dato il contributo ai testi con le mie poesie, che si sono ritrasformate e hanno preso vita con questa musica, anche poesie d’amore che sono diventati pezzi rock, poesie ironiche che sono diventate pezzi cattivi ; la musica estrapola il significato vero delle parole. IL FUTURO DEGLI ARTHEMIA: SOGNI O PROGETTI? UMBERTO.Progetti o sogni? Un po’ e un po’, alla fine ognuno di noi nella vita lavora, quindi questa è una passione che potrebbe diventare anche una seconda occupazione; noi vogliamo farci conoscere, stare in giro, in mezzo alla gente, farla divertire, riportando in auge questo genere abbastanza frizzante, a confronto con quello che sta andando adesso di moda nei locali: questi sono i nostri progetti a breve. CIRO. Per me è nato come un gioco e deve rimanere come tale, non prenderci troppo sul serio né troppe arrabbiature, prendiamo tutto quello che ci viene dato dalla vita, prendiamo tutto così com’è. CHRISTIAN. Non ho mai pensato alla musica come un lavoro, come un progetto su cui vivere, su cui buttare il sangue; alla fine, come diceva Ciro, la musica è un divertimento, dovremmo divertirci, non per essere egoisti, prima noi e poi il pubblico, se ridiamo noi ride il pubblico, se piangiamo noi piange il pubblico, per me parlano le mie canzoni. PIERLUIGI. Io sono per il divertirmi perché, comunque, è uno sfogo, una passione. Il sogno sarebbe incidere un disco, un giorno magari ci riusciremo. Per quanto riguarda il progetto, a breve termine suonare in pubblico, fare serate nei locali, un bel concerto fuori, un festival, un concorso, questo è quello che spero . DANIELE. Per me la musica è passione e suono per passione, mi piace ricevere dal pubblico la loro adrenalina forte, questa è la cosa che mi piace di più della musica, a prescindere dalle gare, l’importante è divertirsi , poi quello che viene… se si riesce a fare un cd o un concorso sono felice, speriamo di continuare così a lungo.