A fine Ottobre 2009, Sergio Cammariere presenta il suo nuovo album “Carovane” edito da EMI, che vanta la collaborazioni di musicisti di tutto rispetto come quelle di Fabrizio Bosso alla tromba e al filicorno – col quale ha già collaborato più volte in passato – e Javier Girotto al sax baritono e soprano ed al moxeño, oltre alla straordinaria orchestra d’archi DIMI, diretta da Marcello Sirignano. Ne emerge un lavoro dominato dal tema dell’amore, in tutte e sue espressioni.
Si comincia con la title track, in un certo senso la più rappresentativa: Cammariere intona note basse con la sua voce ruvida, matura, che sembra quasi in contrapposizione col suono cristallino e fluido del suo pianoforte, vero strumento di conquista del musicista calabrese. Ed anche la musica che ascoltiamo, così raffinata e penetrante, pare in contrapposizione coi testi poco musicali per la loro voglia di comunicare tanto (sicuramente più di quanto siamo abituati a sentire nelle canzoni odierne). È evidente l’influenza dei grandi della musica d’autore italiana e fa ricorso ad una terminologia desueta nell’odierno panorama della musica leggera e più affine al mondo della poesia. Colpiscono in particolar modo gli assolo di tromba e sax ed il suono magnifico prodotto dall’orchestra che lo accompagna.
In “Insensata ora” invece, la batteria scandisce un controtempo rispetto all’andamento calmo e nostalgico di voce e pianoforte. È un brano dall’umore più grigio; il testo alterna espressioni ricercate di grande efficacia – “La notte fosforescente non terminava mai…” – a frasi che suonano già molto sentite e si lavora su immagini che contrappongono buio e luce. Il ritornello ha una melodia orecchiabile. “Senti” si apre con un gran lavoro alle percussioni, creando un’atmosfera d’attesa. Il pezzo è particolarissimo e originale, ci sono sentimento ed inquietudine; bello l’intervento della chitarra elettrica. “Senza fermarsi mai” vanta una perfetta apertura strumentale in chiave jazz; ha un sound che seduce e Cammariere si lascia andare come sa fare lui al pianoforte. Anche ne “I quadri di ieri” si respira malinconia, ma è una canzone pensata in maniera diversa dalle altre, è – per così dire – più “pop”, più commerciale. “La mia promessa” regala un’altra straordinaria intro strumentale che sembra portarci in estremo oriente, per un brano orchestrale sognante. “Non c’è più limite” ha un ritmo più veloce ed uno stile moderno e pieno di grinta, mentre il testo è a tratti impegnato, in altri “arrabbiato”. La voce del cantautore è l’unico elemento a trascinare questa composizione nel “classicismo”, conferendole un’identità meno “giovane”; energica la chiusura strumentale. “Varanasi”, dedicato, immagino, alla città omonima, è un brano solo strumentale, delicato ed intenso, che vede protagonisti tastiere e percussioni. “Paese di finti è certo un titolo eloquente, ma l’argomento in questione è trattato con una certa ironia e leggerezza, con una musica swing irresistibile.
Si prosegue con “Storia di un tale” che presenta una strofa cantilenante ed un accompagnamento a suo modo “buffo” ed equivoco, descrivendo la storia di un personaggio senza nome finito all’inferno; anche “Tre angeli” ripete un motivo a “filastrocca” (mi ricorda “Bocca di rosa” o altre di De André) ed è aperta dal suono lieto e lirico del violino. “La forcella del rabdomante” è il brano strumentale più bello dell’album (o forse il più bello in assoluto) e ci trasporta in mondi lontani ed immaginari. I primi 3 minuti di “La rosa filosofale” sono ancora strumentali: è una performance affascinante, con richiami all’oriente. Cammariere canta, poi, un testo criptico, con osservazioni mai banali. Arrivati a 5 minuti e mezzo circa, interviene in fine la batteria a caricare il pezzo e anche il piano diventa più incisivo, fino alla conclusione.
Nel complesso, si tratta di un album che rispetta in maniera uniforme lo stile personale e riconoscibilissimo di questo artista.
Laura Mancini
Musica