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Charles Aznavour: il nuovo album in uscita oggi 27 Novembre

Charles Aznavour: il nuovo album in uscita oggi 27 Novembre

Suonino le trombe, rullino i tamburi: qui c’é un altro Charles Aznavour, un nuovo Aznavour, un Aznavour che ricorda il primo Aznavour, prima che cominciasse a cantare. Che non aveva ancora trovato la sua voce, che componeva canzoni per gli altri. Le canzoni che ha scritto per gli altri avevano un tocco jazz, un tocco furiosamente jazz, un tocco sinceramente jazz. Qui, smentendo le voci di un ritiro dalle scene nel suo stile brillante, torna con un botto. Non cantando nuove canzoni. Ma cantando le sue canzoni in maniera diversa. Più coraggiosamente di quanto potreste pensare, e non solo perché la sua età risponde al numero di 85 anni, ma perché persone di tutti i sessi, colori ed età, tutti conoscono i suoi classici a memoria. I grandi classici sono intoccabili nelle loro inflessioni, orchestrazioni, tocchi di chitarra, pezzi di violino, non si possono cambiare certe canzoni come nulla fosse. Il punto é che una canzone di Charles Aznavour, quando cantata da lui in persona, prende il volo, così come una figlia (alla sua si rivolge in “A Ma Fille”) la quale non ti appartiene più. La canzone appartiene a coloro che la amano, a te, a me, a quelli che la odono passando per caso. Il punto forte di Aznavour é che non é quello che chiameresti un “poeta”. I suoi testi colpiscono per la loro semplicità spiazzante, la loro totalmente inattesa crudità, la loro articolazione. La sua sintassi scivola per tenere il passo con la musica. Questo é il motivo per cui dare un nuovo impulso a monumenti così personali, come per esempio “Comme Ils Disent”, o “Il Faut Savoir”, o autobiografici come “La Bohême”, spesso il fallimento é una conclusione prevedibile! Non c’é niente di più conservatore di un paio di orecchie. Le orecchie smaniano sempre per la prima versione, quella che hanno sentiyo mentre ballavamo, piangevamo, amavamo avvolti in un abbraccio romantico o nelle profondità della disperazione. Rispetto a quella versione, una nuova canzone potrebbe godere di qualsiasi lusso, musicisti magnifici, studi con i migliori equipaggiamenti, macchinari più potenti che mai, ma non ci sarebbe comunque niente da fare. Le orecchie resisteranno, testarde come un mulo. A meno che non si compia un miracolo! Quando Charles é entrato nei leggendari studi della Capitol, al 1750 di North Vine Street ad Hollywood, sapeva bene quali voci echeggiavano in quel tempio futuristico, quelle di fantasmi molto reali: Nat King Cole, Louis ed Ella, Sinatra, Dean Martin, e, recentemente, Diana Krall, il cui ritmo é stato creato da due grandi nomi: John Clayton (compositore e contrabassista) e Jeff Hamilton (batteria). Tre isolati più avanti, sul Sunset Boulevard, ora Charles ride pensando alla possibilità di vedere, un giorno, la sua foto su quel muro, insieme ai grandi: “Non voglio essere vanitoso, é solo un sogno da bambino: vedere un francesino appeso su quella parete”. L’intero album é imbevuto di questo spirito fresco. L’incontro con la Clayton Hamilton Jazz Orchestra, la più musicale delle grandi band, la più sofisticata, la più potente dei nostri giorni, ha dato il via ai giochi. Charles Azanavour ha apportato all’esperienza venticinque anni di esperienza e abbastanza album, nomination e Grammy Award da riempire una villa di Malibu. L’orchestra ha fornito sassofoni, trombe, tromboni, quel tanto che basta di clarinetti e violini, violencelli e viole, ed un suono che cattura l’immaginazione della fragilità umana in un’altalena per portarti in paradiso o all’inferno, non importa dove, visto che Charles ha dichiarato di “avere amici in entrambi i posti”. Sono nate così queste canzoni, alle quali é stata data una bella sferzata, certo, ma che in fondo si attengono ancora all’originale. Così bene che sembrano essere rifiorite piuttosto che cambiate. Charles e l’orchestra hanno portato a galla armonie intricate ed impreviste in un esercizio di accuratezza che, così come i testi, riesce a non rubare la scena ai suoi protagonisti, che agisce discretamente. Quello che veramente mozza il fiato, in quest’avventura, é che tutto, fino ai titoli delle nuove canzoni su questo disco (“Fais Moi Rêver”, “Je Suis Fier De Nous”, duetto con Rachelle Ferrell) suona come se avesse già raggiunto lo stato di classico, con melodie che suonano già familiari per il loro spirito, il loro ritmo inimitabile ed il loro modo unico di sciogliersi. Sono un po’ come qualcosa a lungo amata ma da tempo perduta. Questa orchestra jazz così attentamente plasmata é capace sia di donare una particolare tonalità d’ombra sia di scatenare il movimento, ad ogni battuta. Non dobbiamo scordare che questo genere così popolare, il jazz, é prima di tutto intellettuale. Miscela sottilmente fondamentalismo ed ignoranza. E per Aznavour é una forma principesca, che risuona come un organo di chiesa quando Jacky Terrasson suona il piano o Jeff Clayton (il fratello di John) canta un coro. Il piano implacabile di Jeff Hamilton, le percussioni del jazz, riff arrangiati come una stormo di gru che attraversano il cielo. Non c’è dubbio sul progetto, sull’ambizione, sul risultato: sì, “Le Jazz Est Revenu”, il jazz é tornato. E con un Charles Aznavour che non é mai stato più fedele a se stesso.