L'ex La Fame di Camilla, paroliere di Mengoni, Renga, Emma, solo per citarne alcuni, è in gara tra le Nuove Proposte del festival di Sanremo 2016 con il brano "Odio le favole". La nostra intervista.
Tra le Nuove Proposte della sessantaseiesima edizione del festival di Sanremo c’è Ermal Meta. E fa effetto vederlo gareggiare con giovani semi-sconosciuti o alle prime armi. L’artista 34enne di origine albanese, ex leader della band La Fame di Camilla, è paroliere di molti artisti italiani, tra cui Marco Mengoni, Emma e Francesco Renga. Insomma, è uno che ha tutte le carte in regola per sfidare i Campioni. Ci arriverà, ne siamo sicuri. Intanto Ermal illumina questo festival con la sua “Odio le favole”, un brano che lui stesso ha scritto e musicato, come del resto ama fare per ogni sua produzione.
“Odio le favole”, un titolo forte. Di cosa parla il tuo brano?
Uso questa metafora per parlare di me stesso. Di solito scrivo per altri cantanti, questa volta penso a me e ad esprimere ciò che penso e che sento. E’ una canzone nata di getto. Di solito compongo in pochi minuti. Prima arriva la musica, che già in sé contiene il testo. Le note mi suggeriscono una parola che diventa subito la parola chiave dalla quale sviluppare il resto del brano. Le più grandi canzoni italiane sono state scritte in un lampo. Pensiamo, ad esempio, a Sally di Vasco Rossi, nata in 15 minuti. Credo che la musica sia un vero e proprio miracolo.
Questa sera si esibiranno tutti i Big con le cover di grandi brani del passato. Tu cosa avresti interpretato?
C’è tempo di Ivano Fossati oppure Amara terra mia di Modugno, due capolavori assoluti.
A breve uscirà il tuo nuovo album di inediti. Cosa dobbiamo aspettarci?
Il disco in uscita è strettamente legato al brano, al suo significato e alle sue melodie. Realismo, vita e lungo cammino sono le parole che meglio lo descrivono. Perché penso che i musicisti siano maratoneti. Anche nella vita è così. Preferisco sognare, volare con la fantasia, perché mi permette di correre di più. Tutto il disco è scritto, arrangiato, prodotto e in parte suonato da me. Per una volta volevo che la gente sentisse esattamente ciò che intendevo dire: è un prodotto bio, che va dal produttore direttamente al consumatore.
Chi ti è piaciuto tra i venti campioni in gara al festival?
Mi piace molto il testo di Enrico Ruggeri, azzeccato. Anche il brano di Noemi è forte. Marco Masini, autore del pezzo, conferma ancora una volta di essere un grande autore perché il testo è contemporaneamente orizzontale e verticale. Poi l’interpretazione di Noemi è un valore aggiunto.
Hai già partecipato a Sanremo con La Fame di Camilla. Cosa è cambiato?
Pensavo fosse la stessa cosa. Ma non è così. Non ci si abitua mai all’emozione ma anche alla felicità del palco dell’Ariston. Quando sei in una band suddividi la tensione con i tuoi compagni d’avventura. Stavolta l’unico bersaglio, nel bene e nel male, sono io. Tutta la responsabilità è mia. Con La fame di Camilla c’era una guerra interiore dentro di me, ero alla ricerca di qualcosa. Ma ora so cosa non devo cercare. Elimino a monte alcune distrazioni emotive. Forse questo grazie alle collaborazioni con tanti artisti di un certo spessore.
Sei nato in Albania ma vivi da molti anni in Italia. Tu come ti senti?
Mi sento italianissimo e al contempo albanesissimo. Ho radici profonde e lontane. A me piace questa descrizione di me stesso: i miei rami sono illuminati dal sole italiano, ma le radici si nutrono della terra di Albania.