“I’m an alien, I’m a legal alien. I’m an englishman in New York”, cantava Sting ai tempi dei Police. Una frase che oggi calzerebbe a pennello per descrivere quel fenomeno della musica mondiale, tanto british quanto speciale, chiamato James Blunt. Un vero “alieno inglese” sbarcato con la sua astronave non a New York, bensì nella nostra Milano. Ieri sera il cantautore 40enne ha fatto tappa nel capoluogo lombardo, primo step italiano del suo seguitissimo Moon Landing World Tour 2014. Un trionfo di emozioni, energia e divertimento. James, vestito da astronauta come i suoi quattro compagni di palco, ha infiammato i cuori e gli animi del Mediolanum Forum di Assago offrendo quasi due ore di spettacolo. Sir Blunt non si è limitato a svolgere il compitino, cantando e suonando per il suo pubblico, ma è andato oltre, regalando anche alcuni momenti di pura follia (come la corsa full immersion tra le migliaia di fan presenti in platea, rischiando di essere sommerso e di non rivedere più il palco). Dobbiamo ammetterlo: l’ex soldato della Regina ci ha spiazzato. Completamente. Lo sguardo apparentemente freddo e il costante selfcontrol mostrato in questi dieci anni di carriera, ci hanno portato fuori pista. Ieri James Blunt ha giocato le sue carte e ha mostrato il suo lato forse più nascosto. Simpatico, carismatico, sorridente, brillante. Tra un brano e una performance al piano, l’artista britannico ha colto l’occasione per stupirci con battute, talvolta accennate in un italiano pessimo o completamente inventato, oppure con gesti da acrobata sul palco (ve lo immaginate in piedi sul pianoforte, avvolto dalla bandiera tricolore? E’ successo anche questo al Forum).
Ma veniamo ai brani proposti durante il live milanese. Una scaletta molto equilibrata, che è andata a rubacchiare un po’ di qua, un po’ di là nel nutrito repertorio bluntiano. Una ventina le canzoni eseguite, sette delle quali tratte dal nuovo album di inediti, “Moon Landing”. Ad aprire il concerto l’incantevole “Face The Sun”, seguita da “I’ll Take Everything” e “Blue on Blue”, secondo singolo estratto dall’ultimo disco dell’artista. Cori e abbracci sulle note e le parole di “High”, primo successo di Blunt nel 2004, proposto col suo abito pop/folk rock più bello. Dopo la tripletta vincente “Wiseman”, “Carry You Home” (da brividi) e “Sun On Sunday” (un sogno ascoltarla nell’intima versione live voce-piano), è arrivato il commovente omaggio all’indimenticabile Whitney Houston con la drammatica e potente “Miss America”.
Ad aprire le danze, nel vero senso della parola, visti il ritmo incalzante e l’energia sprigionata che hanno invaso tutto il forum, “These Are The Words” e “Postcards”, eseguite a colpi di ukulele, che James Blunt imbraccia come fosse un fucile (saranno i ricordi del periodo bellico in Kosovo?). Bella e coinvolgente la scenografia che ha accompagnato soprattutto il secondo pezzo, tra giochi di luci e immagini suggestive di luoghi lontani, incontri, amicizie, volti sorridenti, come fosse un diario di viaggio scritto e fotografato dal cantante inglese.
Difficile trattenere le lacrime ascoltando la delicatissima “Goodbye My Lover” e difatti James ci è venuto in soccorso cantando, subito dopo, “No Tears”.
“I really want you to really want me. But I really don’t know if you can do that”. Frasi che hanno rotto il silenzio assordante del Mediolanum Forum, rimasto senza respiro quasi a non voler disturbare la magica performance di James. Parole pronunciare sottovoce, per poi esplodere in un crescendo di grinta e di forti emozioni. Con “I Really Want You” Mr Blunt ha giocato con la sua chitarra creando mille variazioni sonore e mostrando di saperci fare (eccome!) anche come musicista.
“So far Gone” e “Heart To Heart” hanno spianato la strada alla hit delle hit dell’artista britannico: “You’re Beautiful”, un pezzo che tutti hanno cantato a squarciagola e che Blunt ha lasciato volentieri in pasto ai suoi fan, scatenati come non mai. Il finale è arrivato col botto: tra luci laser ed effetti speciali, l’alieno inglese ha spara to gli ultimi tre colpi musicali,“Stay The Night”, “Bonfire Heart” e “1973”, prima di congedarsi e lasciare Milano, terra ormai conquistata, a bordo della sua spettacolare astronave, ricca di sogni e di poesia.
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