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Jessica Brando si fa conoscere

Jessica Brando si fa conoscere

Il 30 Ottobre uscirà nei negozi di dischi il primo lavoro della quattordicenne toscana Jessica Brando, edito da EMI. La raccolta si apre con la cover di “Time is running out” dei Muse, che molti assoceranno alla colonna sonora del film “Twilight”, cantata quasi in un sospiro, con intenti sensuali e accattivanti; la voce della giovane interprete nelle strofe è soffiata, roca, a tratti graffiante, ma la preferisco decisamente negli acuti del refrain, dove esprime tutte le sue peculiarità timbriche: è una voce che non vuole somigliare ad altre e risulta facilmente riconoscibile. Il tempo è più lento di quello suonato dai Muse ed introduce un motivetto voale di fondo “Uh uh uh - yeah yeah yeah…”, che vorrebbe entrarci in testa, ma ci riesce poco. “Karma police” dei Radiohead è arrangiata in una versione decisamente più pop, che mette in risalto la cantante e lascia in penombra l’accompagnamento, rischiando di diventare noiosa. “Stop and stare” dei One Republic, invece, viene proposta in due differenti versioni, la prima più vicina all’originale, la seconda con forti richiami alla musica disco e all’elettronica. “Never dreamed you’d leave in summer”, brano struggente di Stevie Wonder, così legato al suo autore, coi suoi toni lirici e drammatici è forse l’interpretazione più sentita e coinvolgente dell’album. Ruvida e dolce al contempo, la voce di Jessica qui ci entra dentro. “Wake me up when September ends” dei Green Day è tanto rallentata da risultare quasi irriconoscibile; si tratta di un’esecuzione live radio, con atmosfera soft da pianobar. La Brando cerca di arricchire il lento con dei virtuosismi; nella seconda parte si carica di energia ed è più interessante. “I belong to you” di Lenny Kravitz manca di verve ma Jessica mostra comunque femminilità e coraggio. Anche l’arrangiamento così anonimo, privato di interventi della chitarra elettrica, non aiuta: il brano sembra incompleto. “Jessica Brando” è un album che va ascoltato più volte, per essere apprezzato. Chissà perché la cantante italiana ha scelto di concentrarsi esclusivamente su cover di brani in lingua inglese; la pronuncia, comunque è impeccabile. L’impressione finale è, da una parte che le hit scelte fossero già perfette nelle versioni che conoscevamo e l’interpretazione di Jessica non proponga niente di così “stravolgente” da non farci pesare l’inevitabile confronto con l’originale; dall’altra, la cantante mostra carattere e personalità sufficienti da potersi permettere spazi più suoi che la lascino esprimere al massimo delle potenzialità: insomma, la curiosità è di sentirla cantare degli inediti che la rispecchino e le appartengano di più. Laura Mancini