«Non ho mai visto una piazza così, e non solo a Bologna. Non era così nemmeno il concerto per Papa Wojtyla, con 200mila persone al Caab... È stata la Notte Bianca di Bologna, e spero sarà un modello per un nuovo modo di stare insieme».
50mila persone, 60mila? A Lucio Dalla, il giorno dopo il concerto trionfale in piazza Maggiore, non interessa saperlo: «La cosa importante - dice - è che la gente ne sia stata protagonista, la cosa grande è che noi musicisti siamo riusciti a sentirci utili a qualcosa di più grande, che è la musica, la piazza, la città».
Nessuno, ripete, ha chiesto un compenso, «neanche i settanta orchestrali della Toscanini»: «È un concerto da un milione di euro che è costato 180mila euro, e si è potuto realizzare grazie alla Fondazione Carisbo. Persino i fuochi d´artificio, ce li hanno regalati i fuochisti di Aci Castello». Racconta che Patti Smith ha pianto dalle prove fino alla fine del concerto, tanto era emozionata. Che Alexander Schischlik, il rappresentante dell´Unesco, gli ha confessato d´aver imparato l´italiano ascoltando le sue canzoni. Dice che la cosa che l´ha reso felice, è esser riuscito «a far ascoltare la musica e le parole di Mozart a una piazza che era lì per sentire delle canzoni». Quello è stato il momento più bello, dice.
E quando sullo schermo sono sfilate le fotografie di Pasolini con Roberto Roversi e Franco Fortini, «perché la musica a Bologna è stata anche quello: non ci sono mai stati steccati. E vorrei dire alle persone che è un patrimonio che appartiene loro, lo devono usare, lo devono proteggere». Il momento più difficile? «Non c´è stato», risponde. Nemmeno quando la piazza ha fischiato il sindaco Cofferati trascinato sul palco da Renato Zero? Nemmeno: «In quel momento lì avrebbero fischiato anche il Papa, perché andava a spezzare un momento magico, la musica ininterrotta. Nessun altro si sarebbe azzardato a salire. Come ho detto anche sul palco: è più facile cantare, che fare il sindaco. E anche Cofferati mi è parso più divertito che imbarazzato».
E ora, come si va avanti? «Io spero che ci sia una continuità da parte dell´amministrazione, perché le cose che non sono accadute inizino ad accadere. Io vorrei la Casa della Musica». Da oggi Lucio Dalla è di nuovo in viaggio, prima a Milano, poi con il suo film Quijote a New York e a Siviglia. A Siviglia, l´altra Città della Musica? «Sì, dal 6 all´11 novembre. E incontrerò l´assessore alla cultura Juan Carlos Fernàndez, ch´era qui a Bologna».
50mila persone, 60mila? A Lucio Dalla, il giorno dopo il concerto trionfale in piazza Maggiore, non interessa saperlo: «La cosa importante - dice - è che la gente ne sia stata protagonista, la cosa grande è che noi musicisti siamo riusciti a sentirci utili a qualcosa di più grande, che è la musica, la piazza, la città».
Nessuno, ripete, ha chiesto un compenso, «neanche i settanta orchestrali della Toscanini»: «È un concerto da un milione di euro che è costato 180mila euro, e si è potuto realizzare grazie alla Fondazione Carisbo. Persino i fuochi d´artificio, ce li hanno regalati i fuochisti di Aci Castello». Racconta che Patti Smith ha pianto dalle prove fino alla fine del concerto, tanto era emozionata. Che Alexander Schischlik, il rappresentante dell´Unesco, gli ha confessato d´aver imparato l´italiano ascoltando le sue canzoni. Dice che la cosa che l´ha reso felice, è esser riuscito «a far ascoltare la musica e le parole di Mozart a una piazza che era lì per sentire delle canzoni». Quello è stato il momento più bello, dice.
E quando sullo schermo sono sfilate le fotografie di Pasolini con Roberto Roversi e Franco Fortini, «perché la musica a Bologna è stata anche quello: non ci sono mai stati steccati. E vorrei dire alle persone che è un patrimonio che appartiene loro, lo devono usare, lo devono proteggere». Il momento più difficile? «Non c´è stato», risponde. Nemmeno quando la piazza ha fischiato il sindaco Cofferati trascinato sul palco da Renato Zero? Nemmeno: «In quel momento lì avrebbero fischiato anche il Papa, perché andava a spezzare un momento magico, la musica ininterrotta. Nessun altro si sarebbe azzardato a salire. Come ho detto anche sul palco: è più facile cantare, che fare il sindaco. E anche Cofferati mi è parso più divertito che imbarazzato».
E ora, come si va avanti? «Io spero che ci sia una continuità da parte dell´amministrazione, perché le cose che non sono accadute inizino ad accadere. Io vorrei la Casa della Musica». Da oggi Lucio Dalla è di nuovo in viaggio, prima a Milano, poi con il suo film Quijote a New York e a Siviglia. A Siviglia, l´altra Città della Musica? «Sì, dal 6 all´11 novembre. E incontrerò l´assessore alla cultura Juan Carlos Fernàndez, ch´era qui a Bologna».