Ultimo appuntamento con la rassegna "Music Club #3" che, a conferma dell’ altissima qualità musicale tenuta finora, affida la chiusura a Scott Matthew e Spencer Cobrin. Già fondatori del duo Elva Snow, mai “formalizzato” da album ufficiali ma fattosi conoscere nel circuito indie attraverso E.P e singoli, i due si ritrovano dopo quasi un decennio di progetti solisti per registrare quello che, a tutti gli effetti, è il primo album del gruppo. Il live della serata, peraltro prima data del tour europeo, è quindi la presentazione di quanto inciso a nome Elva Snow. Se però l’ album omonimo è sostanzialmente elettrico, nella dimensione acustica scelta per la presentazione live, i brani acquistano ( non che comunque ce ne fosse bisogno) ulteriore spessore, dando la possibilità di ascoltare con maggiore nitidezza la strepitosa voce di Matthew, spesso accostata - a torto o a ragione – a quella di Antony Hegarty ( Antony & The Johnsons). In realtà, se proprio ci si vuole prestare a questo tipo di gioco anche un po’ sterile, è più facile riconoscere toni bassi degni di David Bowie ( è sufficiente sentire l’ inizio di Star per rendersene conto) e toni alti che non fanno rimpiangere Elvis Costello, che non le tonalità androgine di Antony. Forse l’unica cosa veramente in comune è la forte carica emotiva con cui entrambi scrivono ed interpretano le loro composizioni.
In poco più di un’ ora, accompagnato al violoncello da Sam Taylor ed alla chitarra e tastiere da Corbin, Scott Matthew ha proposto molte canzoni dal nuovo album senza però escludere le composizioni soliste: così, dopo la bellissima Pavement Kisses d’ apertura, trovano spazio in ordine sparso Could Ya, Hold Me, Hollywood Ending e la già citata – splendida - Star, tutte tratte da Elva Snow. Vengono poi ripescati dal primo lavoro Little Bird ( che, comparsa anche nel film “ Shortbus”, ha contribuito a dare visibilità mediatica a Matthew) e In The End mentre dal secondo album la delicata White Horses e Community. La cover Lost, scritta da Corbin per Morrissey, di cui era il batterista, chiude la prima parte del set.
Acclamato a gran voce, Matthew rientra di buon grado e, come bis, presenta in anteprima, duettando con Sam Taylor ( che vocalmente non sfigura per niente al cospetto di Scott ) due brani inediti che figureranno sul prossimo album da solista in uscita. La chiusura vera e propria, che si vorrebbe almeno rimandata di qualche altra canzone, è con una cover da brivido di No Surprises dei Radiohead che Matthew esegue da solo. Inutile dire che a fine serata gli applausi sono stati scroscianti e sinceri, sì per un concerto di rara intensità emotiva ma anche per una coraggiosa rassegna che, in tempi grigi quali sono i nostri in campo culturale, si vorrebbe non avesse mai fine.
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